C'è del nucleare nel futuro?
Alla luce dell’attuale dibattito sul ruolo dell'energia nucleare nella transizione energetica nell'Unione Europea, ha ancora senso parlare di tale risorsa come una potenziale prospettiva futura o stiamo solo descrivendo il crepuscolo di una parentesi tecnologica del secolo scorso?
Molte persone sono convinte che le sole fonti rinnovabili potrebbero essere in grado di soddisfare non solo la domanda di energia attuale, ma anche di risolvere tutti i problemi, sia ambientali che energetici, futuri. Nonostante sia evidente come non sarà possibile in futuro affidarsi ai combustibili fossili, è altrettanto chiaro che le sole fonti rinnovabili non sembrano in grado di coprire da sole le richieste energetiche presenti e future.
Prima di andare a valutare potenziali scenari futuri è importante analizzare la situazione attuale.
L’energia nucleare (non) serve e (non) servirà
I punti fondamentali da tenere a mente, correlati alla produzione presente e futura dell’energia sono:
• L’aumento della popolazione con conseguente aumento della richiesta energetica
• L’aumento della quantità e della qualità dell’energia richiesta finalizzato ad un miglioramento della condizioni di vita della popolazione mondiale
Se si guarda alle possibili fonti di energia attualmente e nel prossimo futuro disponibili, rimangono aperte almeno tre importanti questioni: la disponibilità, l’economicità e l’impatto socio-ambientale.
In realtà anche questo, come molti problemi complessi, non è semplicemente scindibile in “sottoproblemi” indipendenti l’uno dall’altro. Ad esempio quantificare quale sia la reale disponibilità di una certa fonte energetica è funzione sia dei costi ritenuti “accettabili” per il suo approvvigionamento che di quelli (non soltanto economici) legati a ciò che concerne l’impatto per il suo ottenimento. D’altro canto, è impossibile stimare quale sia il reale costo economico di una fonte energetica senza considerare la sua disponibilità e gli eventuali “prezzi” da pagare per contenere entro limiti accettabili il suo impatto socio-ambientale.
Prescindendo dalla parentesi pandemica che stiamo attraversando (e sperando che possa chiudersi definitivamente al più presto), è interessante valutare con quali fonti sia stata soddisfatta la domanda di energia nel 2019: oltre l’80% dell’energia globale proviene da fonti fossili mentre il nucleare e le fonti rinnovabili, ossia le fonti energetiche con basse emissioni di gas climalteranti, coprono solamente meno del 20%. Risulta chiaro quindi come la richiesta di energia nel mondo sia ancora dominata dalle fonti fossili. Il ricorso in maniera più corposa alla fonte nucleare per la produzione energetica potrebbe ridurre significativamente il ricorso a tali fonti inquinanti e in esaurimento. L’energia nucleare è una delle fonti che emette le minori quantità di CO2 soprattutto se, come è corretto, si tiene conto dell’intero ciclo di vita e non della sola centrale per la produzione energetica. Tanto per riportare un po’ di dati (fig. 1), la quantità di CO2 equivalente prodotta nell’intero ciclo di vita con la fonte nucleare sono mediamente pari a meno della metà di quella prodotta con il fotovoltaico o con l’eolico (chiaramente queste quantità sono inferiori di oltre un ordine di grandezza rispetto alle analoghe relative a carbone, gas, etc.).
Purtroppo invece il ricorso massiccio alle moderne fonti rinnovabili (eolico, fotovoltaico, etc.), seppur in linea di principio molto interessante, si scontra con alcune limitazioni intrinseche di tali tecnologie: la bassa densità energetica (grandi estensioni di terreno occupate a fronte di potenze relativamente limitate) ma soprattutto la discontinuità della fornitura. A proposito di questa ultima va rilevato che le attuali reti elettriche sono strutturate partendo dall’assunto che l’energia elettrica venga perlopiù generata quando la rete (il “carico”) lo richiede; con le “nuove” fonti rinnovabili tale presupposto viene ribaltato: è la “natura” a decidere quando il sole splende senza essere offuscato dalle nuvole e quando il vento spira; per ogni MW (unità di potenza) fotovoltaico e/o eolico installato è necessario prevedere quasi altrettanta potenza di “backup” installata e pronta ad essere impiegata quando il sole e/o il vento “vengono meno”; il passaggio a reti elettriche di tipo diverso (le cosiddette smart grid), richiede tempi di attuazioni ed investimenti economici estremamente significativi.
Inoltre la disponibilità delle “nuove” fonti rinnovabili è molto minore se comparato con quelle delle fonti “tradizionali” (principalmente fossili) e nucleare: se una centrale “tradizionale” o nucleare può funzionare per oltre il 90% delle ore di un anno, per eolico e fotovoltaico ci riduciamo a valori inferiori al 40% (a volte anche significativamente più bassi); come conseguenza, in termini generali, se installiamo x% di potenza “rinnovabile”, essa contribuisce per meno di x/2% alla reale produzione elettrica (oltretutto prodotta in orari che non sempre sono quelli più “utili”).
Infine, last but not the least, va ricordato che, se sfruttata anche per la produzione dell’idrogeno, l’energia nucleare potrebbe considerevolmente contribuire a soppiantare i combustibili fossili nei trasporti.
I problemi (in)solubili dell’energia nucleare
Parlando di esaurimento del combustile, quanto dureranno le riserve di uranio e quindi per quanto potrebbero garantire energia? Se si continuasse ad utilizzare solo l’attuale generazione di reattori nucleari, avremmo uranio disponibile a prezzi “bassi”* per tempi superiori al secolo. Se però, come è logico attendersi, in questo frangente di tempo si attuerà una transizione verso impianti nucleari innovativi** questa disponibilità aumenterà di un fattore 50÷60 (si arriverebbe cioè a svariate migliaia di anni).
Il nucleare è stata l’unica fonte di produzione energetica che fin dagli albori del suo sviluppo si è posta il problema degli “scarti” residuali della produzione energetica (le cosiddette scorie). Ancora oggi molte delle nuove fonti “pulite” hanno il tallone d’Achille dello smaltimento a fine vita degli impianti e/o degli scarti del processo di produzione energetica; solo per fare un esempio, pochi conoscono e si pongono il problema di come smaltire le grandi quantità di materiali (spesso tossici) residuali dopo che i pannelli fotovoltaici arrivano alla fine della loro vita operativa. Tornando al nucleare, pur esistendo delle soluzioni tecnologiche già implementate per lo smaltimento di tutte le tipologie (incluse quelle che si mantengono potenzialmente pericolose per tempi più lunghi) delle scorie nucleari (vedasi il deposito WIPP negli USA), se l’approdo finale dell’attuale lavoro di ricerca sulla chiusura del ciclo del combustibile nucleare fosse semplicemente la riduzione del tempo di pericolosità potenziale delle scorie all’ordine delle migliaia di anni, il problema potrebbe dirsi fortemente attenuato ma, forse, non risolto in maniera completamente soddisfacente.
Le attuali ricerche portate avanti a livello internazionale (anche con il contributo del nostro Ateneo) hanno però come target la riduzione di tale tempo sotto i mille anni, passando così da una scala geologica ad una scala pienamente “storica”, dell’ordine delle centinaia di anni; tali tempi sono sicuramente gestibili in maniera compatibile con le attuali tecnologie senza doversi porre il problema del trasferimento delle conoscenze e delle problematiche di gestione dei depositi dalla umanità “attuale” a quella “di domani”. In particolare, i reattori della IV Generazione (la cui disponibilità su scala commerciale è prevedibile dal 2030 in poi) potranno permettere di implementare cicli del combustibile che realisticamente consentiranno il raggiungimento di tale obiettivo (fig. 2).
* Va però ricordato che il raddoppio del prezzo dell’uranio influisce sul costo del KWh prodotto per via nucleare solo per il 5 %; per confronto per una centrale a gas, un analogo raddoppio del prezzo del combustibile fa lievitare del 75 % il costo del KWh prodotto.
** A spettro veloce e non, come ad esempio gli SMR della IV Generazione (al cui sviluppo anche il nostro Ateneo sta partecipando).
Ma l’energia nucleare non è estremamente pericolosa? Sulla base dei risultati del progetto EU ENSAD, se confrontiamo il numero di decessi annui per GWe (vale a dire per unità di potenza installata), nel periodo 1969-2000 il nucleare ne registra 0.006, mentre il carbone è 146 volte più letale e per il GPL il valore si moltiplica per 589; tra le fonti rinnovabili, la più fatale è l’idroelettrico: 4.265 morti per GWe (soltanto l’incidente alla diga di Banqiao in Cina conta oltre 26000 vittime). In più questi dati si riferiscono ad impianti già esistenti con standard di sicurezza inferiori a quelli estremamente elevati propri degli impianti attualmente in costruzione o progettati per il futuro .
Quindi l’energia nucleare è un’opportunità o un rischio?
Il dilemma non esiste, perché certamente c’è l’opportunità e a essa, come in ogni azione umana, è connesso un certo rischio: per decidere è necessaria una valutazione costi-benefici. In definitiva non si tratta di essere a priori “pro” o “contro” il nucleare: si tratta di riconoscere che l’energia nucleare ha un ruolo che può svolgere proprio adesso nel modo più efficace per rendere realmente sostenibile lo sviluppo della nostra società.
La risoluzione della questione energetica rappresenta uno dei problemi più importanti, delicati ed urgenti che le generazioni attuali e future sono chiamate a risolvere: possiamo quindi affermare, anche sulla scorta di quanto per sommi capi delineato in questo articolo, che la tecnologia nucleare risponde bene al requisito di identificare fonti energetiche sostenibili differenti da quelle fossili tradizionali; anche se l’energia nucleare non può costituire (da sola) la soluzione al “rebus” energetico, non esiste oggi soluzione al problema senza il contributo del nucleare.
In conclusione, se le scelte riguardanti le fonti di approvvigionamento energetico continueranno ad essere guidate da criteri di breve respiro ed irrazionali, l'impatto, in termini ambientali e di sperpero delle risorse terrestri sarà, purtroppo, irreversibile.
Guglielmo Lomonaco è Docente di Impianti nucleari presso il DIME