Violenza di genere: possiamo andare oltre. Intervista a Nicla Vassallo, filosofa

La violenza di genere: una realtà contro la quale ci scontriamo e che dobbiamo contribuire a cambiare. La gerarchia di genere è uno dei presupposti della violenza: così come il perseverare di stereotipi comportamentali, il mancato riconoscimento della competenza, l'ossessiva distinzione tra uomo e donna. Nicla Vassallo, saggista, filosofa e massima esperta di gender studies, in questa intervista telefonica delinea con precisione lo stato attuale (sconfortante) e le possibili soluzioni.

Nicla Vassallo filosofa - UniGe
Nicla Vassallo: saggista, filosofa e massima esperta di gender studies

Genere e gerarchie

Lei afferma che non dovrebbero esserci gerarchie di genere, ma che, purtroppo, c’è ancora bisogno di parlare di differenze di genere perché ci sono ancora discriminazioni: questo può essere il fulcro del problema?

Nicla Vassallo: "Sì, non avrebbe senso parlare di genere, perlomeno non in senso teorico, ma ha senso parlarne perché c’è una discriminazione, un po’ come avviene per il razzismo: le razze non esistono, ma parliamo di razzismo perché il razzismo esiste, allo stesso modo aspiriamo a che l’appartenenza al genere non ci sia più, da un punto di vista filosofico. L’appartenenza a un genere è come una gabbia, prevede comportamenti stereotipati da tenere per appartenere all'una o all'altra categoria: si spazia da presunte norme da seguire relative al proprio corpo, fino a quelle relative ai comportamenti o alle preferenze."

La stessa cosa però vale anche per gli uomini: anche loro sono in una gabbia di presunti comportamenti in cui identificarsi.

N.V. "Vale anche per loro, anche per loro essere uomo è una gabbia, ma c’è una differenza: la gabbia di appartenenza al genere donna è più costrittiva, è costruita da società maschili o maschiliste e accentua la discriminazione e l’inferiorità delle donne, mentre la gabbia maschile tende ad accentuare la superiorità degli uomini. Non è una differenza da poco."

Gerarchie di genere - UniGe
Le gabbie di genere esistono per le donne e per gli uomini: quella delle donne però è molto più costrittiva e accentua la discriminazione

Dalle discriminazioni alle violenze il passo è breve

Dati ISTAT: “Delle 133 donne uccise nel 2018, l’81,2% è stata uccisa da una persona conosciuta. In particolare, nel 54,9% dei casi dal partner attuale o dal precedente, nel 24,8% dei casi da un familiare (inclusi i figli e i genitori) e nell’1,5% dei casi da un’altra persona che conosceva (amici, colleghi, ecc.)”.
Con questi dati alla mano è facile comprendere come mai durante il lockdown di marzo/aprile 2020 ci sia stato un aumento del 73% delle chiamate ai centri antiviolenza: la violenza è in casa. Come aiutare in questi momenti le donne vittime di violenza a uscire dall’incubo?

N.V. "Questo attesta che le violenze si consumano in casa, è un dato che viene spesso ignorato: è il motivo per cui, nonostante il genere in linea teorica andrebbe abolito, vada ancora sottolineato, proprio perché esiste la discriminazione di genere. Sa che nel mondo, le violenze domestiche sono la prima causa di morte e disabilità per le donne? (dati del report dell'Agenzia Europea per i diritti fondamentali del 2014)
La consapevolezza sarebbe sempre la migliore soluzione, dobbiamo tendere a creare una società in cui donne e uomini siano consapevoli della loro pari dignità; per adesso non ci siamo: pensi che il delitto d’onore è stato abolito nel 1981, arrivato dopo l'abrogazione del reato di adulterio, dopo l'introduzione del divorzio, dopo la riforma del diritto di famiglia, dopo l'introduzione dell'aborto. Perché il movimento femminista ci ha messo anni e anni per portare alla sua abolizione? Tornando all'attualità, ci sono soluzioni che possono sanare le conseguenze drammatiche di questa mancata consapevolezza. La salvezza è il contatto possibile con l'esterno: amici e amiche (a volte purtroppo non ci sono), o persone che aiutino le donne a evadere. Il ritorno delle donne alla vita casalinga, dovuto alla pandemia, in alcuni casi per via della perdita del lavoro, della cassa integrazione, ma anche per la diffusione del lavoro a distanza, porta le situazioni di violenza a degenerare e le donne a non avere più appigli che le conducano fuori dalla famiglia. Anche nei momenti di 'normalità', nel nostro paese chi rinuncia al lavoro sono le donne perchè le strutture esterne che le appoggiano, come gli asili nido, mancano. Mancano asili aziendali, mancano sostegni alla genitorialità e ciò in una società ancora maschilista, attribuisce il compito alle donne di sopperirvi. Questo ruolo 'casalingo' in cui si accudiscono non solo figli, ma pure anziani si deve prevalentemente a una società maschilista. Eppure esistono donne che scelgono (scelta consapevole) di non lavorare fuori casa per badare al proprio marito: donne/badanti.
Abbiamo visto come restare in casa sia limitante e foriero di mancata ribellione alle violenze, ma le discriminazioni sono talmente radicate che c’è un'idea pregiudiziale della donna che la vede legata al focolare domestico per vocazione: per questo la spinta verso azioni che aiutino la genitorialità, per esempio, viene resa debole e secondaria, mentre sarebbe una delle soluzioni"

Vittime di omicidio secondo la relazione con l’omicida per sesso. Anni 2004, 2009, 2014, 2018:

Dati ISTAT: da chi sono uccise le donne? - UniGe
Dati ISTAT 2018: da chi sono uccise le donne? L’81,2% è stata uccisa da una persona conosciuta. Fonte: Ministero dell’Interno (DCPC), database degli omicidi.

Il riconoscimento della competenza

Parliamo di soluzioni a lungo termine: bisogna trovare il modo per riuscire a diventare una società egualitaria. Cosa ne pensa delle azioni positive, come le quote rosa?

N.V. "Non considero le quote rosa azioni positive, sono invece a favore delle competenze. Dobbiamo pensare a vivere e ricostruire democrazie basate sulle persone che dimostrano competenze, aldilà del genere di appartenenza. Questo sia sul piano della politica, che dell’università e della formazione, che sul piano dell’economia. Servono persone che facciano emergere il meglio e sappiano prospettarci un futuro degno di noi esseri umani. Le faccio un esempio. La scelta di Kamala Harris: è una scelta di qualità, di competenza. Joe Biden ha compiuto e sta compiendo una rivoluzione politica e culturale, non solo con lei, optando per donne di competenza e sapere elevato. La soluzione alla discriminazione di genere è iniziare a ragionare, adoperando la nostra intelligenza, scommettere su una scuola e un’università in cui si insegni a farlo: solo ragionando possiamo giungere a comprendere quanto sia deleteria la differenza che facciamo tra supposte competenze delle donne e supposte competenze degli uomini. D’altra parte i dati sul gender gap attestano che l'Italia rimane paese in cui sussiste un baratro eclatante tra i due generi. Siamo un paese 'primitivo', ma possiamo evolverci. Questo anche senza forzare le cose con una parità 'su carta': basta fare in modo che a contare sia la competenza, che a decidere debbano essere le persone competenti: in questo modo sarebbe premiato lo sviluppo della propria identità personale. È tornata in questi anni in modo preponderante la caratterizzazione in rosa e azzurro per i bambini, la divisione netta tra ruolo di madre e di padre, il double standard. Tutti segnali pessimi, a cui si può e si deve rispondere con la ragione."

Kamala Harris - UniGe
Kamala Harris, una donna competente. Foto di Gage Skidmore (credits in calce).

Maschile e femminile

Cosa ne pensa del fatto che le donne al potere abbiano tutte caratteristiche di successo che sono comunemente considerate appannaggio degli uomini: molti affermano che le donne al potere hanno successo solo quando usano il potere come lo userebbe un uomo.

N.V. "Le donne al potere debbono essere valutate per la loro competenza. Occorre rifuggire da schemi preconcetti che noi proiettiamo su determinate persone al potere, dicendo che gestiscono il potere in modo femminile o maschile, invece che valutare se tali persone hanno competenze, se esercitano il potere bene o male. Quando guardiamo la realtà sociale con quest'ottica ristretta e incaselliamo tutto nel saper fare da uomo o da donna è davvero difficile progredire. Per esempio Ursula Von der Leyen è persona che governa in modo femminile o maschile? A mio avviso governa con competenza, basta guardare il suo curriculum, confrontarlo con quello di coloro che l'hanno preceduta, pensare che sta affrontando un periodo di crisi inatteso, esercitando il potere in modo costruttivo e positivo."

Queste affermazioni vanno contro una parte del femminismo attuale e passato che rivendica la posizione di potere per le donne in quanto le loro caratteristiche di empatia e maggiore sensibilità le porterebbero a governare meglio in quanto donne: perchè questa rivendicazione sembra stonare con la parità?

N.V. "Questo è insistere su posizioni vecchie, che non hanno mai dato nessun frutto, anzi hanno peggiorato la situazione: se crediamo nelle differenze insite nelle appartenenze di genere, la prevalenza degli uomini e le discriminazioni continueranno a esserci. Perché credere che le donne abbiano aggettivazioni rispetto a certe competenze che siano migliori di quelle degli uomini? Dovremmo invece concentrarci su un altro tipo di pensiero: questo status quo non mi piace. Stiamo scivolando in populismi che non garantiscono alcun futuro né a noi, né ai giovani e alle giovani, per questo dobbiamo essere trasgressivi e rivoluzionari. Non bisogna partire dallo status quo. Partire da quest'ultimo sarebbe come coltivare alberi su un terreno arido, li potremmo piantare e ripiantare, ma si tratterebbe sempre di un terreno inadatto alla crescita; il terreno sociale adesso non è fertile per il superamento delle diseguaglianze né per creare un futuro ampiamente migliore rispetto a quello che stiamo vivendo."

Bisognerebbe essere rivoluzionari e trasgressivi, ma spesso nei periodi di crisi prevale il rintanarsi nelle proprie sicurezze e abitudini per quanto sbagliate.

N.V. "La massa ascolta la voce più forte e ha bisogno di sicurezze, per quanto fatue. Occorre comunque tentare di lanciare segnali, appunto, rivoluzionari. Non c'è altro da fare. Ci pensi: giungiamo a determinate tesi, che otteniamo raggiungendo certi traguardi, con le tesi intellettuali che riteniamo le migliori, la serietà ci impone di andare ancora avanti. Negli ultimi quarant'anni in alti ambienti intellettuali (sebbene purtroppo non in Italia) si è concretizzata l’idea che l’appartenenza alla categoria donna e uomo vada abolita, però fino a oggi si è rimasti lì: il passo che intendo fare è sviluppare bene con la mia prossima produzione filosofica e scientifica questo tema, per andare avanti, non fermarsi mai su quanto già ottenuto in termini di ragionamento e riflessione.

I presupposti della violenza - UniGe

Filosofia e uguaglianza di genere

Durante "Il silenzio aiuta il carnefice, mai il torturato", video-dialogo con Carla Signoris, che so essere sua ottima amica e attrice, lei afferma che nella storia della filosofia, ci sono stati molti filosofi misogini, come Nietzsche, per esempio, ma c’è anche altro? C’è qualche buon esempio di pensiero filosofico che si sta interessando a ridare una visione non misogina del rapporto donne-uomini o meglio, di essere umano con essere umano?

N.V. "Nel passato ricordiamo due filosofi ribelli in questo senso: Cartesio e John Stuart Mill, entrambi non allineati con la visione delle rispettive epoche, bensì in linea con la causa femminile. Il ragionare di Cartesio sulla mente e sul corpo, non distingueva tra mente delle donne e mente degli uomini. Credeva nelle obiezioni e nelle risposte: le sue "Meditazioni" del 1641 è un volume molto contenuto, ma completo di obiezioni e risposte diviene un tomo consistente; tra coloro con i quali si è confrontato, e delle cui obiezioni ha tenuto alta considerazione, c’è stata la principessa Elisabetta di Boemia con cui ha intrattenuto conversazioni epistolari di natura filosofica davvero fruttuosa. Le ha dedicato 'Le passioni dell’anima' del 1649, la sua ultima opera. L’altro filosofo ribelle è John Stuart Mill, sposato con una filosofa, Harriet Taylor, con lei elabora il pensiero che esista il diritto naturale di ogni essere umano a esprimere liberamente le proprie capacità: a prescindere dal suo appartenere a un genere. In 'The Subjection of Women' del 1869, Stuart Mill individua la causa della mancanza di diritti civili delle donne nella storica subordinazione delle donne agli uomini, definendola una forma di schiavitù:

"Le società antiche sono tramontate da secoli e la schiavitù è stata da poco abrogata anche in America, ma l’asservimento delle donne, oggi come ieri, persiste e si realizza innanzi tutto e in forma compiuta nel luogo privato della famiglia. Essa è resa possibile dalla maggior forza fisica dell’uomo, ma si esercita anche con l’affetto..." - John Stuart Mill

Sul piano invece delle icone 'antiche', citerei Diotima: figura magistrale di unica donna le cui obiezioni sono accettate e prese sul serio nel Simposio di Platone del 384 a.C. Nell'antichità è doveroso citare anche Ipazia (360 d.C. - 415 d.C.), educata dal padre in modo eccelso: era una matematica, astronoma e filosofa nella Grecia antica, martire della libertà di pensiero in quanto assassinata da fanatici religiosi.
Se torniamo all'epoca contemporanea, nell’inizio del '900 emerge la grande Virginia Woolf (1882 - 1941), il suo 'Orlando' del 1928 è un capolavoro in cui l'appartenenza di genere scompare: è un romanzo in cui vengono denunciate le situazioni a cui va incontro una donna rispetto a un uomo. La tesi di Virginia Woolf è simile alla mia: il genere va abolito e non conta sul piano teorico e normativo; nella realtà invece, purtroppo, conta parecchio. C’è anche Simone de Beauvoir, considerata erroneamente la madre dei femminismi e dei gender studies: con 'Il secondo sesso' del 1949, ella enumera le conoscenze biologiche, psicoanalitiche, storiche, antropologiche esistenti sulle donne. Simone de Beauvoir discute di appartenenza di genere o di appartenenza sessuale? Pensi al titolo e legga attentamente il volume in edizione originale, non vi si parla mai di genere bensì solo di sesso. Dunque perchè mai viene giudicata da taluni la madre del gender studies? È davvero senza senso.

Un dialogo su donne violentate e uomini violentatori con Carla Signoris e Nicla Vassallo

Interpreti: Carla Signoris (attrice) Nicla Vassallo (filosofa)
Ideazione: Nicla Vassallo
Regia: Gianni Ansaldi


Nicla Vassallo, specializzatasi al King's College di Londra è professore ordinario di Filosofia teoretica all'Università di Genova, docente del dottorato di ricerca Fino, e associata dell'Isem-CNR. Viene considerata una delle massime esperte di gender studies.


Foto di Gary Ross da Pixabay
Foto di Kamala Harris di: Gage Skidmore from Peoria, AZ, United States of America

di Claudia Ferretti