La filantropia ai tempi del Covid-19

L’emergenza legata alla pandemia di Coronavirus ha investito anche il settore non profit del nostro paese: da un lato gli italiani hanno risposto con grande generosità, moltiplicando le donazioni, specie in ambito sanitario e assistenziale, ancor di più che in passati momenti emergenziali, dall’altro gli enti non profit (NPO) hanno mostrato flessibilità  e capacità di adattarsi prontamente alle nuove emergenze. Alcuni ambiti più tradizionali del terzo settore sono, tuttavia, entrati in sofferenza. 

cuore di banconote

Un popolo di donatori

Il nostro paese ha una lunga e consolidata tradizione di filantropia. Sono oltre 340mila le NPO con oltre 800mila dipendenti (6,9% delle imprese dell’industria e dei servizi). Quasi 10 milioni sono i donatori di denaro alle NPO e 6,3 milioni i donatori informali. 6,9 milioni di persone svolgono attività di volontariato e addirittura 10,7 milioni partecipano alla vita sociale e organizzativa delle NPO. Esiste poi un volontariato informale praticato da 3 milioni di persone. Infine sono 1,7 milioni i donatori di sangue e 3,2 quelli di organi e tessuti post-mortem.
Il valore annuale delle donazioni monetarie individuali si aggira intorno ai 5 miliardi di euro (più 2,7 miliardi di donazioni informali). Il trend delle donazioni monetarie mostra un andamento altalenante, che tende a crescere negli anni in cui si verificano delle emergenze. 

Gli economisti sintetizzano in tre le tipologie di motivazioni alla donazione: intrinseche, estrinseche (come gli incentivi) e di ‘immagine’.
Le ricerche hanno registrato la netta prevalenza di motivazioni che fanno riferimento agli aspetti morali della solidarietà e all’elevato livello di soddisfazione e di gratificazione personale derivante dall’attività di donazione effettuata (warm-glow). Vi sono motivazioni socio-culturali, come il senso civico, e psicologiche, come il sentirsi appunto gratificati e appagati, che spingono un’importante quota di popolazione a svolgere attività gratuita per gli altri.   

mani

L’impatto dell’emergenza Covid-19 
 

L’enorme manovra della solidarietà è scattata dal basso quasi subito. Buone Notizie ha stimato in 1,2 miliardi di euro le donazioni in denaro, beni e servizi. Un dato certamente prudenziale, che non considera molte iniziative spontanee – anche di social responsibility da parte delle imprese - sfuggite ad ogni mappatura. A volare sono state le raccolte fondi in ambito sanitario e ospedaliero e quelle in aiuto alle comunità di riferimento (es. servizi di assistenza domiciliare). 

Secondo Doxa il 24% della popolazione dichiara di aver fatto una donazione in ambito sanitario; un ulteriore 35% ha dichiarato l’intenzione di farlo. Si tratta di un aumento di circa il 30% rispetto al numero di donatori abituali. 

C’è stata poi la reazione dei cosiddetti “grandi donatori”, ricostruita da un’indagine di ‘Italia non profit’, che ha conteggiato donazioni per 708 milioni di euro e 881 iniziative di aiuto da parte di fondazioni, imprese o privati con donazioni superiori a 100mila euro. Come prevedibile, si è raccolto di più dove il virus ha colpito più duramente: più di 130 milioni in Lombardia, oltre 75 milioni in Emilia Romagna, 14 in Liguria. 

Si tratta di una grande mobilitazione che sta aiutando il Paese a fronteggiare l'emergenza, ma che sta lasciando indietro molti ambiti del terzo settore.
Secondo l’Istituto Italiano della Donazione il 24% delle NPO ha trasformato la propria azione sul campo e in presenza in una rete di relazioni da remoto; il 20% ha portato avanti i servizi offerti, seppur soffrendo difficoltà economiche e organizzative, mentre solo il 7% dichiara di aver dovuto sospendere completamente il servizio.
Il diverso orientamento delle scelte di donazione da parte dei cittadini espone complessivamente il non-profit al pagamento di un prezzo molto alto: l'81% del campione ha dichiarato un impatto importante sulle raccolte fondi dei primi mesi dell'anno; di queste circa il 40% denuncia un calo superiore al 50%, per arrivare a una punta dell'11% che lamenta una contrazione del 100% della raccolta.
Particolarmente allarmante è il caso della cooperazione internazionale: tutte le ONP intervistate riscontrano un calo, più o meno marcato, delle entrate: viene dunque abbandonato il sostegno alla cooperazione internazionale, a vantaggio di quello alle istituzioni pubbliche, come la protezione civile e gli ospedali del territorio. 

Si è trattato di un imponente fenomeno, non già di ‘nazionalismo’ della solidarietà, bensì – riteniamo - di momentaneo dirottamento di risorse private verso la sanità e assistenza pubblica; una forma inusuale di voluntary taxation, sollecitata dall’emergenza del momento, in gran parte motivata da una aspettativa di reciprocità. 

di Luca Gandullia e Paolo Parciasepe