Una violenza normale. Oltre l’indignazione e l’emergenza

Durante la pandemia i casi di violenza maschile sulle donne e di violenza di genere sono aumentati in modo significativo. L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha ipotizzato che le misure restrittive adottate per contenere e gestire l'emergenza COVID-19 (es. quarantena, isolamento ecc…) possano aver inciso sull'aumento della violenza nelle relazioni di intimità. La famiglia da luogo di sicurezza e protezione, per molte donne si sarebbe così trasformata in luogo di paura e violenza. Il fenomeno ha raggiunto dimensioni tali che l'agenzia delle Nazioni Unite per l'uguaglianza di genere ha parlato di “shadow pandemic” (pandemia ombra) per definire l’intensificarsi, in questo periodo, di abusi fisici o psicologici sulle donne a opera di partner, ex, parenti o conoscenti.
Nel mese di marzo, perciò, in concomitanza con la data dell’8 - appuntamento che negli ultimi anni ha assunto un significato particolare di lotta e sciopero dal lavoro riproduttivo, grazie al movimento femminista globale NUDM (Non Una Di Meno) - si sono svolti molti dibattiti intorno all’”emergenza” violenza maschile sulle donne. Protagonisti di questi seminari e confronti, ma anche di trasmissioni televisive e articoli di giornale, sono stati soprattutto due testi usciti nel 2020: Maschi in crisi di Stefano Ciccone e Uomini Normali di Cristina Oddone. In comune questi due lavori, oltre alla casa editrice (Rosemberg e Sellier), hanno il fatto che entrambi sono trasposizioni in libro di due tesi di dottorato svolte presso la nostra Università (curriculum sociologia - Dottorato in Scienze sociali).

Da diversi anni, infatti, il laboratorio AG- About Gender e l’omonima rivista internazionale sono diventati il punto di riferimento per gli e le studios* di genere sia a livello nazionale sia internazionale che scelgono o consigliano il dottorato in sociologia a Genova per sviluppare ricerche sul genere e in particolare sul tema della violenza di genere. I due lavori di Ciccone e Oddone, perciò, hanno una forte matrice comune, condivisa in AG – About Gender, di non considerare la violenza di genere sotto il prisma dell’emergenza. Trattare la violenza maschile sulle donne o di genere come un fatto emergenziale genera infatti una serie di effetti negativi. In primo luogo, l’ondata emotiva intorno all’emergenza produce la richiesta di soluzioni emergenziali, spesso di tipo giustizialista. Occorre invece riconoscere la violenza come un fatto strutturale che affonda le radici in una cultura patriarcale, misogina ed eteronormativa. I due testi, inoltre, sono divenuti così popolari e discussi perché ribaltano la questione in termini che sembrano banali ma che invece sono estremamente innovativi: la violenza maschile riguarda in primo luogo gli uomini e la socializzazione alla virilità.

Scarpe rosse, simbolo della Giornata contro la violenza sulle donne
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Uomini Normali

Cosa passa per la testa di chi picchia la propria moglie? Come riesce, un uomo, a prender sonno nello stesso letto in cui ha violentato la sua compagna? Cristina Oddone ha cercato le risposte a queste domande attraverso un percorso di ricerca empirica qualitativa svolto nel Centro di Ascolto per uomini Maltrattanti di Firenze (CAM). In questo percorso gli uomini in primis si rendono conto di avere “oltrepassato un limite” e iniziano a riconoscersi come maltrattanti. Questo cambio di sguardo su di sé li porta a chiedere aiuto al CAM. I maltrattanti, ancora impantanati in un meccanismo autoassolutorio, percepiscono il ricorso alla violenza come unica possibilità d’azione e non come scelta. Questa fase di victim blaming è accompagnata anche dallo svilimento e dalla denigrazione delle loro compagne o mogli. Oddone introduce qui una dimensione che definisce “lo stigma della strega”, ovvero l’esagerazione di alcuni tratti e comportamenti rappresentati come naturalmente femminili. Questo dispositivo del discorso viene utilizzato per screditare e squalificare le donne, per deumanizzarle così da rendere tollerabile il ricorso a pratiche violente. Attraverso il percorso che seguono al CAM, la violenza viene riconosciuta da chi la agisce come il risultato di un apprendimento, un ingrediente nella ricetta che definisce la loro maschilità.

Maschi in crisi

Il nucleo centrale delle argomentazioni del libro di Stefano Ciccone, invece, potrebbe essere racchiuso in questo brano:

La crisi del maschile, l’erosione o l’evaporazione della mascolinità vengono assunti senza consapevolezza della storicità di queste categorie e del loro riproporsi nel tempo ogni volta come «emergenze». In queste narrazioni si confondono e si sovrappongono saperi esperti e senso comune e si confondono notazioni diverse: mascolinità, virilità, autorità paterna, potenza virile, fertilità. Così la crisi di autorevolezza maschile nel lavoro o nell’economia vengono chiamate in causa nelle analisi preoccupate sulla crisi di fertilità maschile; l’appello al valore della capacità paterna di esercizio del limite viene sovrapposto all’affermazione della virilità come riferimento simbolico da preservare.
(pp. 151 – 152)

In pratica: se il cambiamento dell’identità maschile e delle relazioni tra i generi viene raccontato in termini di crisi, ne emergeranno solo aspetti negativi, di perdita e nostalgia. La prima conseguenza di questa narrazione, forse la più diffusa e certamente la più facile, è mossa dalla “frustrazione” e dal “rancore” evocati dal sottotitolo del libro. È in questa narrazione che si legittima l’odio anti-femminista e anti-femminile.

Entrambi i testi arrivano alle medesime conclusioni: per eliminare la violenza maschile sulle donne non servono politiche repressive né giustizialiste, occorrono invece politiche che promuovano l’educazione di genere, alle emozioni e alle relazioni e, soprattutto, nuove narrazioni.


Luisa Stagi è Docente di Sociologia generale presso il DISFOR

Immagine di copertina: Foto di Anete Lusina da Pexels
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di Luisa Stagi