Federico Zuccari e la professione del pittore

Nell’ambito di Genova capitale italiana del Libro 2023, la Scuola di scienze umanistiche dell'Università di Genova ospita la presentazione del volume "Federico Zuccari e la professione del pittore" (Artemide Edizioni, 2023) di Elisabetta Giffi.

Dialogano con l'autrice:

Volume "Federico Zuccari e la professione del pittore"

Nel volume l’autrice, attraverso un nuovo approccio critico, rilegge la figura di Federico Zuccari (Sant’Angelo in Vado 1539/1540 – Ancona 1609), un pittore oggi pressoché sconosciuto al grande pubblico, ma che godette al tempo di fama grandissima a livello internazionale: lavorò a Roma, Venezia, Firenze, Milano, Torino, Parigi, Anversa, e a Madrid e Londra, alle corti rispettivamente di Filippo II e Elisabetta I.

La sua fama presso i contemporanei si doveva anche alla sua capacità di utilizzare la stampa, che era allora un medium ancora relativamente nuovo, per diffondere le proprie idee circa la professione del pittore, che doveva essere emancipata dallo statuto di professione artigiana.

Le sue composizioni, diffuse a stampa, erano ammantate di una veste allegorica tanto eloquente da modellare l’immaginario sociale degli artisti europei per oltre un secolo; erano rivolte principalmente ai giovani pittori, che andavano instradati per l’arduo cammino della virtù, fatto di studio e fatica intellettuale, e sottratti alla dimensione del lavoro meccanico della bottega e alla logica vile del mero guadagno, come anche alla servitù nella corte, alla mortificante dipendenza dal principe di turno.

Zuccari, pittore e intellettuale inquieto e coraggioso, viaggiatore e utopista, aveva formato la propria “moderna” sapienza mediatica in gioventù, a Venezia, nella bottega di Tiziano e a stretto contatto con il mondo della tipografia.

La Venezia degli scrittori come Pietro Aretino, Anton Francesco Doni e Ludovico Dolce era un mondo di pensiero che lo conquistò definitivamente e gli prestò i propri temi: quello anticortigiano e quello, economico, del giusto compenso delle fatiche dei “poveri virtuosi”, dell’onorato riconoscimento della virtù, presupposto necessario a una possibile autonomia del lavoro “culturale”; gli diede, infine, la prospettiva dell’accademia, regno ideale della concordia tra le arti e, nella realtà, punto di arrivo necessario al riscatto sociale delle professioni “del disegno”.

Così, già in vita, Zuccari divenne per i pittori, non solo romani, il protagonista leggendario di battaglie combattute apertamente e sempre in nome della libertà della pittura e dei pittori.

La vicenda di Federico Zuccari incrociò da vicino quella del genovese Giovan Battista Paggi a Firenze: insieme frequentarono l’Accademia del Disegno e Paggi fu affittuario della casa fiorentina di Zuccari. Anche Paggi partecipò dello stesso movimento di idee e fu ugualmente impegnato per la liberazione della professione del pittore dai vincoli della corporazione artigiana che la inquadrava tra le professioni “meccaniche”, mortificandone lo statuto sociale.


Elisabetta Giffi è stata storica dell’arte del Ministero della Cultura, iniziando la carriera presso la Soprintendenza di Genova. Ha pubblicato numerosi studi sulla pittura tra Cinque e Seicento e sull’attività editoriale della Calcografia Romana. Con il suo ultimo lavoro, Colin Morison (1734-1809). Antiquaria, storiografia e collezionismo tra Roma e Aberdeen (2016), ha indagato le matrici letterarie e antiquarie della riscoperta britannica dei “primitivi”.

7 marzo 2024

ore 16
Aula Magna della Scuola di scienze umanistiche, via Balbi 2, Genova

Ingresso libero