Grazie dottoressa Gelmini!?

Grazie dottoressa Gelmini!?


Grazie dottoressa Gelmini!?
Ieri ho saputo che dall'anno prossimo Economia del lavoro, la materia che ancora insegno a Scienze Politiche, con un certo successo, se si fa riferimento al numero di studenti frequentanti e, soprattutto, di tesi discusse, sarà soppressa. Di questo debbo ringraziare la normativa che porta il suo nome, e La ricorda ai posteri con Sua, presumo, grande soddisfazione. Probabile che tra qualche tempo il mio ringraziamento possa essere più sentito e convinto di quello attuale, come mi accade nei confronti del Suo Collega professor Brunetta, al quale debbo la mia prematura uscita dai ranghi accademici ordinari. Visto che la "liberazione" di tempo mi ha permesso di dedicarmi ad altre attività che arricchiscono il mio curriculum, posso ritenermi ad oggi soddisfatta.


Non sono tuttavia certa che analoga soddisfazione possa essere espressa dagli studenti di Scienze Politiche, ai quali erano dedicate, in primis, le mie fatiche. Da tempo sottolineo negli ambiti accademici più disparati e con gli interlocutori di tutti i livelli che la logica aziendalistica rischia di spostare troppo l'attenzione sulla necessità di far uscire quanto entra nel circuito produttivo nel più breve tempo possibile, mettendo in secondo piano quanto resta dentro le "teste" che transitano in quel circuito. Non nascondo un certo imbarazzo nel dover parlare di cose che mi riguardano in prima persona, sono costretta a farlo in quanto di altre realtà conosco decisamente meno, ma ho letto che analoghe situazioni si verificano in molti contesti e discipline e dunque la questione meriterebbe maggiore approfondimento. Probabile anche che qualche rischio il sistema lo corra se pensiamo che ignoranze su materie diverse da quella che fin qui ho insegnato possono far cadere ponti o morire persone. Certo è che i futuri scienziati politici, come quelli attuali ignorano i concetti elementari della statistica, materia che fu soppressa quando andai in pensione, non sapranno più neppure classificare le politiche del lavoro, ignoreranno le modalità di composizione dei conflitti, e mancheranno totalmente delle basi micro e macro economiche per comprendere il funzionamento di un mercato che "non è come tutti gli altri". La condivisione della conoscenza di quel mercato sarà affidata alla buona volontà degli economisti generici o dei sociologi, il che francamente non è la stessa cosa.


Ieri sera ero seduta a fianco di Susanna Camusso per la presentazione di un libro che parla del suo modo di fare sindacato, libro che nasce da una tesi di una "nostra" (mi è ancora consentito l'aggettivo?) studentessa. Uno dei risultati più belli di quel lavoro è a mio parere l'aver individuato nel linguaggio della Sindacalista donna l'uso ricorrente del termine cura. Espressioni come il prendersi cura del lavoro appaiono oggi in qualche modo rivoluzionarie, molto innovative e sicuramente connesse con una sensibilità tipicamente femminile che conosce in prima persona il significato più profondo di questa parola. Per me che da tempo, come studiosa e come istituzione, mi occupo di donne questa constatazione è stata una ventata di aria fresca della quale sentivo proprio il bisogno, in particolare alla fine di una giornata non troppo positiva. Quello che mi sto domandando a questo punto è se la donna, la dottoressa, l'onorevole Gelmini possa dire a sua volta di essersi presa cura della formazione. E soprattutto se meriti da parte dei nostri studenti quel grazie che, con un po' di amaro in bocca, personalmente Le ho rivolto.

Valeria Maione
Dipartimento di Scienze Politiche (DISPO)
Tags