Donne fuori dal futuro digitale e dall’intelligenza artificiale


Ferma al 16% la presenza femminile nelle aziende del settore ICT in Italia. E in Europa non va meglio

L’allarme di Bureau Veritas Italia e Comitato pari opportunità dell’Università di Genova: come aumentare e valorizzare il contributo femminile in un settore strategico?

Occupati in aumento, forte presenza giovanile, crescita anche nei periodi di crisi. Eppure, in un quadro di riferimento di questo tipo, le donne non sembrano attratte dalle opportunità del settore ICT. I dati non si prestano ad equivoci: nelle aziende informatiche incluse quelle sulla linea dell’innovazione e dell’intelligenza artificiale, le donne rappresentano una minoranza. In un’epoca di piena transizione digitale e in un settore che sempre di più è considerato attrattivo anche dal punto di vista delle retribuzioni, le donne, a livello europeo, non superano il 17-18% degli addetti delle aziende del comparto ICT. L’Italia è al di sotto della media europea, con una percentuale di donne professioniste dell’ICT che si attesta attorno al 16%. E ciò risulta doppiamente allarmante e per certi aspetti incomprensibile, se si considera che il settore si attesta su queste percentuali da 10 anni e che neppure il grande interesse che si sta polarizzando sull’intelligenza artificiale riesce a smuovere questo trend.

A sollevare questa tematica sono Bureau Veritas Italia, antesignano e leder nelle certificazioni sulla parità di genere, e il Comitato per le parti opportunità dell’Università di Genova, che si sono fatti promotori di un convegno focalizzato essenzialmente su un quesito: quali ostacoli, pregiudizi o persino forme di autoesclusione hanno condizionato i percorsi delle donne, consentendo agli uomini di occupare i quattro quinti delle posizioni professionali ICT?

Le immatricolazioni all’università sono una cartina al tornasole: benché nelle iscrizioni all’anno accademico 2023/2024 le ragazze rappresentino la  maggioranza (oltre il 56%),  nelle immatricolazioni in “Informatica e Tecnologie ICT” la presenza femminile crolla al 16,71%. Perfettamente in linea con i dati elaborati da Openpolis, dai quali si evinceva che  - considerando tutti i percorsi di studio ICT -  le laureate “digitali” in Italia nel 2022 raggiungevano soltanto il 16,8%.

Secondo i dati presentati da Patrizia Tomio dell’Università di Trento, se il futuro è, come appare evidente,  digitale, le donne stanno mancando una grande opportunità di affermazione in un contesto economico e sociale sempre più caratterizzato dalla necessità di tecnologie e competenze informatiche, ricercatissime dalle risorse umane delle aziende. Ma c’è di più:  i sistemi di intelligenza artificiale – a cui stiamo affidando ruoli sempre più importanti nella vita privata e nell’economia  - si basano su algoritmi che tendono a riflettere la forma mentis di chi li progetta, inclusi gli stereotipi di genere . Una programmazione prevalentemente in mano agli uomini rischia di esprimere e consolidare visioni tipicamente maschili.

Ma quali sono le ragioni alla base della scarsa presenza femminile negli studi e nelle professioni ICT e quali leve attivare per contrastare pregiudizi e stereotipi, schiudendo nuove possibilità di crescita professionale per le giovani? Il Convegno di Genova tenta di dare una risposta che potrebbe generare le basi per una nuova e permanente parità di genere.

«Aumentare la presenza delle donne negli ambienti di lavoro ICT  - afferma Angela Celeste Taramasso, Delegata del Rettore alle Pari Opportunità e Inclusione - deve essere uno degli obiettivi  della scuola e dell’università. Le ragazze che scelgono oggi percorsi STEM si laureano con una votazione più alta e in tempo per il percorso di studi scelto. Si deve stimolare l’accesso a tali percorsi abbandonando gli stereotipi culturali che descrivono il mondo digitale ed ICT come un mondo maschile, talora poco trendy e poco affascinante. Scelte, queste, che portano poi le donne ad optare per professioni con minor reddito e quindi ad incrementare l’aspetto negativo del pay gap nelle famiglie».

Per Arianna Pitino, Presidente del Comitato Pari Opportunità UniGe, "Garantire la parità di genere e le pari opportunità nel settore ICT significa non privarsi del contributo delle donne e delle ragazze nel processo di attuazione delle varie Missioni del PNRR e degli obiettivi di Sviluppo sostenibile 2030 dell’ONU. Un’opportunità, dunque, che nella nuova prospettiva di sviluppo sostenibile è indispensabile saper cogliere. Perché reca vantaggio non solo alle donne e alle ragazze ma a tutta la società italiana, cioè alle generazioni presenti e a quelle che verranno."

In un mondo, quello dell’ICT che, nonostante gli esempi internazionali di successo professionale e imprenditoriale, continua a essere associato con un identikit da nerd,  “Le giovanissime - conclude Claudia Strasserra, Chief Reputation Officer di Bureau Veritas Italia - hanno bisogno di modelli professionali al femminile che le incoraggino a seguire le proprie inclinazioni. Il nostro impegno per la parità di genere si declina sostenendo al nostro interno la crescita delle donne in ruoli tecnici e manageriali, e sollecitando le nuove generazioni affinché colgano le opportunità del mercato, libere da condizionamenti ”.