Futuro anteriore

Il tempo "futuro anteriore" è intrigante perché si riferisce a qualcosa che deve ancora accadere, ma di cui si parla al passato. È una dimensione atemporale sospesa tra Passato e Futuro che è stata messa al centro di una serie di incontri aperti al pubblico intitolata "Festival del Futuro Anteriore" ideato dalla Cooperativa culturale Kaleidoscopio in collaborazione con TrentoSpettacoli a Trento. L'idea alla base di questi incontri parte dalla constatazione che l’età media della popolazione italiana continua ad aumentare e che questo fenomeno demografico è accompagnato a una diversa sensibilità delle persone nei confronti dell'essere anziano. Il futuro anteriore mira proprio a immaginare se stessi nel futuro al fine di affrontare con maggiori energie e risorse l’evolversi della nostra vita e l’evolversi della vita altrui, consentendo, al tempo stesso, di mettere a fuoco nuovi limiti e nuove progettualità a livello individuale e collettivo.

L'evento al quale ho partecipato il 15 febbraio 2019, intitolato "La Memoria del Futuro", s'inseriva in questa voluta ambiguità, affiancando la Memoria, che si riferisce al passato, con il Futuro, quasi in un ossimoro temporale. Perdere la memoria, ritrovarla, comprenderne i meccanismi, immaginare il futuro. La serata, che ha visto un'ampia partecipazione di pubblico, aveva come ospite un "caso clinico", ovvero Pierdante Piccioni, un medico che, a seguito di un incidente stradale, ha perso la memoria dei 12 anni antecedenti l'incidente e ha recentemente raccontato la sua esperienza, in collaborazione con Pierangelo Sapegno, in un libro dal titolo "Meno dodici: perdere la memoria e riconquistarla: la mia lotta per ricostruire gli anni e la vita che ho dimenticato".

Le domande alle quali io, come neurologo e ricercatore dei meccanismi fisiologici di plasticità e memoria, e il dott. Piccioni, come medico e al tempo stesso paziente, abbiamo cercato di dare risposta sono state: cosa significa perdere la memoria? Quali sensazioni accompagnano un vuoto di ricordi? Come si comporta il nostro cervello nei confronti del passare del tempo? Come si può ricostruire un passato che non si ricorda più? Queste domande hanno accompagnato gli ultimi anni della vita di Piccioni, dopo che l'incidente del 2013, e le associate lesioni della corteccia cerebrale causate dal forte impatto meccanico, gli hanno sottratto dai ricordi 12 anni della sua vita. Al risveglio dal breve stato di coma, come è successo alla protagonista del film "Good Bye, Lenin!" di Wolfgang Becker, Piccioni si ritrova in un mondo completamente trasformato grazie ai velocissimi mutamenti delle ultime due decadi (rivoluzione digitale, Euro, smartphone, etc.). Un mondo da riscoprire e, ancora più importante, una vita da ricostruire da un punto di vista personale e professionale. In tutti questi anni, Piccioni ha faticosamente lottato per ricostruire il lungo blackout e la sua figura individuale e professionale partendo dai documenti, caselle della posta elettronica, file del suo computer e, soprattutto, dai racconti di amici e familiari. È riuscito a riqualificarsi professionalmente, a inserirsi perfettamente nella vita di tutti i giorni riacquisendo le nozioni precedentemente apprese e irreparabilmente perdute nei 12 anni dell'amnesia, ma non è riuscito a ricostruire la sua vita vissuta in prima persona.

Questo "esperimento naturale" ci insegna che la nostra memoria esplicita (o dichiarativa) è caratterizzata da due modalità di memoria: quella semantica e quella autobiografica (o episodica). Umberto Eco lo spiega magnificamente nel suo libro "La misteriosa fiamma della Regina Loana" che riguarda proprio un lungo percorso di ricerca dell'individualità perduta: "La memoria esplicita, quella per cui ricordiamo e sappiamo che stiamo ricordando, è duplice. Una è quella che si tende a chiamare memoria semantica, una memoria pubblica. Questa è la prima che si forma anche nel bambino, il bambino impara presto a riconoscere una macchina, un cane…. Il bambino ci mette più tempo a elaborare il secondo tipo di memoria esplicita, che chiamiamo episodica o autobiografica. È la memoria episodica a stabilire un nesso tra quello che siamo oggi e quello che siamo stati.” La memoria autobiografica è la nostra storia personale, che incidiamo nel quaderno della nostra vita e che ci dice chi siamo, da dove veniamo, cosa ci aspettiamo di fare nel futuro. Ci dà la consapevolezza del nostro essere, il senso della nostra individualità, di essere simili a tante altre persone, ma unici grazie alla nostra unica storia personale. Fortunatamente Piccioni non ha perso tutte le pagine della sua storia personale, e questo sicuramente l'ha aiutato a reinserirsi nella sua esistenza, nella famiglia, nel suo ambiente professionale. Tuttavia, nella sua storia personale rimarrà un buco nero di 12 anni, perché le pagine del libro della nostra vita sono formate da una costellazione di eventi che abbiamo vissuto in prima persona (e non che ci hanno raccontato) e che hanno evocato emozioni intense tali da essere selezionati come le pietre miliari della nostra esistenza.

Un'altra importante funzione della memoria autobiografica è quella di darci la capacità di immaginare e navigare nel Futuro. La capacità di immaginare scenari futuri (pensiero episodico del futuro) è direttamente correlata alla nostra capacità di ricordare le nostre esperienze passate e implica il campionamento dei nostri ricordi. In parallelo all'emersione della memoria episodica all'età di 4-5 anni, acquisiamo la capacità di proiettarci nel futuro. Negli studi di risonanza magnetica funzionale, le regioni cerebrali essenziali per richiamare le memorie di esperienze passate, come corteccia occipitale, corteccia cingolata posteriore e corteccia temporale mediale, svolgono anche un ruolo fondamentale nella costruzione di futuri episodi autobiografici. Per questa ragione, i pazienti amnesici, che non ricordano singoli episodi del passato, trovano difficoltà a proiettarsi nel Futuro e vivono costantemente nel Presente. Per concludere, Henry Laborit ha affermato che "senza il ricordo di ciò che è piacevole o spiacevole non è possibile essere felici, tristi, angosciati; non si può essere in collera, o innamorati; e si potrebbe quasi dire che un essere vivente è una memoria che agisce".

di Fabio Benfenati, Dipartimento di Medicina sperimentale
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