Intervista a Errico Buonanno
Errico Buonanno, nato a Roma nel 1979. E' scrittore, autore radiofonico e televisivo. Ha pubblicato saggi e romanzi (fra cui "Lotta di classe al terzo piano", Rizzoli, 2014) e collabora con diverse testate. Per "Corriere TV" ha realizzato le due stagioni della webserie "I ragazzi degli anni novanta". In occasione di UniverCity 2018 ci parlerà degli anni '90 attraverso il libro "Notti magiche: Atlante sentimentale degli anni Novanta" scritto assieme a Luca Mastrantonio.
- Nel libro “Notti magiche: Atlante sentimentale degli anni Novanta” c’è il riemergere, come in un diario - la mitica “Smemoranda” - dei ricordi di chi allora era bambino, ragazzo. Cosa resta in noi oggi di quegli anni? Quali sentimenti ci portiamo dietro?
Esistono cose degli anni '90 di cui in realtà sembriamo non esserci mai liberati. Erano gli anni in cui nasceva la politica personalistica, la musica hip-hop e i miti televisivi e cinematografici che ancora oggi imperversano, a volte sotto forma di riproposizione "vintage" e nostalgica. Erano gli anni in cui nasceva una nuova Italia in cui, in parte, ancora siamo immersi. Ma era anche la chiusura di un'epoca, ed è forse questo il rimpianto principale che ci portiamo in cuore. L'epoca in cui eravamo ancora tutti convinti che il futuro sarebbe stato migliore del presente.
Quella creatività, quella spinta, quella fiducia nel domani è forse il tratto caratteristico di un'epoca che non c'è più.
- Gli anni Novanta iniziano due mesi prima, il 9 novembre 1989, con la caduta del Muro di Berlino, un crollo pieno di speranze e finiscono in ritardo, nel 2001 con un altro crollo, quello delle Torri Gemelle. In mezzo le Dr Marten’s, il Barbour, il Game Boy, il Karaoke, Mtv, Non è la Rai, Tangentopoli e la Guerra del Golfo, Spicegirls e boyband, un decennio ancora vicino o già lontano?
Fu in realtà qualcosa di irripetibile. Una sorta di grande parentesi. Il Crollo del Muro segnò la fine delle vecchie ideologie e dei vecchi totalitarismi che avevano segnato il Novecento. Eppure, davanti a noi, c'era un Duemila che ancora doveva arrivare. Per la prima volta ci sembrava che, liberi dai vecchi schemi, avessimo carta bianca per scrivere il nostro futuro. Ed ecco allora che si assisteva a una rinascita della letteratura, a una sperimentazione senza pari in ambito musicale, a un entusiasmo per l'Europa unita che oggi ci sembra Storia antica. Il crollo delle Torri, e poco prima i fatti di Genova, ci dissero che forse il nuovo millennio non sarebbe stato come ce lo aspettavamo, e quel decennio troppo lungo resta la nostra età dell'innocenza.
- Fra i miti e ricordi di quegli anni, qual è quello a cui sei più legato e perché?
Penso agli anni '90, e immediatamente mi vengono in mente gli occhi di Schillaci mentre esulta dopo un goal. Il libro che ho scritto con Luca Mastrantonio si chiama "Notti magiche" non a caso, come l'inno della Nannini e Bennato che sottolineava che in campo "entrano i ragazzi, e siamo
noi". In quel mondiale si celebrava la nuova epoca che arrivava: fu l'occasione per cui gli italiani si comprarono i videoregistratori in massa, la prima volta in cui vennero regalati dei telefoni cellulari a tutti i calciatori della nazionale... E al tempo stesso era il commiato da un calcio partecipato, puro, nazionalpopolare in cui tutti credevano. Davvero eravamo noi quei ragazzi in campo, più semplici di oggi e increduli, come Schillaci, davanti a una rete che sembrava un miracolo.