Alcune considerazioni preliminari sulla guerra tariffaria Cina-USA
Recentemente molti commentatori hanno parlato di “ritorno del protezionismo”, in particolare dopo i successivi incrementi delle tariffe doganali operati negli ultimi mesi dall’Amministrazione Trump. Infatti, la svolta protezionista degli Stati Uniti - primo Paese per numero di misure protezioniste introdotte tra il 2008 e il 2018- sembra inserirsi in un quadro più ampio di abbandono o comunque di indebolimento delle politiche liberoscambiste che hanno caratterizzato il secondo dopoguerra, con tariffe doganali medie sui prodotti non agricoli che erano scese dal 20-30% a circa il 5%.
Nel lavoro “Borders and Protectionism: U.S. Trade Policy and its Impact on the Economy and International Trade” vincitore del Picard Prize 2019*, scritto congiuntamente con Sara Armella, avvocato cassazionista, dopo avere delineato il quadro del commercio internazionale degli ultimi decenni, abbiamo discusso le basi legali delle recenti misure protezioniste dell’Amministrazione Trump e il loro effetto sull’economia americana.
Dal punto di vista giuridico, il rinnovato protezionismo americano sembra essere in aperto conflitto con la Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC): non c’è infatti comunicazione preventiva dell’introduzione dei dazi e il riferimento al tema della sicurezza nazionale come giustificazione delle misure protezioniste sembra essere forzato, tanto che appare lecito parlare di misure che configurano una formale e sostanziale infrazione delle regole OMC.
Infine, dal punto di vista economico, i lavori empirici che hanno cercato di stimare l’impatto economico di breve periodo della guerra tariffaria americana, in primis verso la Cina, sembrano concordi nell’identificare, da un lato non trascurabili effetti netti negativi sul benessere complessivo dei cittadini americani, e dall’altro importanti conseguenze di tipo distributivo: in particolare, i consumatori e gli importatori di prodotti americani sembrano essere le categorie maggiormente colpite, alla luce del fatto che i dazi doganali sembrano essere stati in gran parte traslati sui prezzi di vendita negli Stati Uniti. A fronte di ciò, le imprese domestiche protette dai nuovi dazi e il governo americano ottengono invece un guadagno netto: le prime, poiché protette dalla concorrenza (con l’innalzamento dei prezzi pagati dai consumatori americani); il secondo, attraverso le maggiori entrate associate ai dazi doganali.
*Picard è l'acronimo di Partnership in Customs Academic Research and Development organizzato dall'Incu (International Network of Customs University) e dalla Wco (World Customs Organization). Gli autori parteciperanno come relatori alla prossima conferenza della Organizzazione mondiale delle dogane (Wco) che si terrà a Skopje il 22 ottobre