Giocare con il buio: un’esplorazione di 14.000 anni fa nella Grotta della Bàsura

Illustrazione camminataLe grotte che si aprono nel comprensorio del piccolo e caratteristico paesino di Toirano sono da tempo note ai ricercatori per aver restituito importanti evidenze della più antica storia umana. Qui sono infatti venute in luce testimonianze riferibili sia all’uomo di Neanderthal sia a cacciatori-raccoglitori del Paleolitico Superiore, già appartenenti alla nostra specie, Homo sapiens.
Tra queste hanno sempre attirato un particolare interesse una serie di impronte umane trovate impresse nel fango nella parte più interna della Grotta della Bàsura (o della Strega, traducendo dal dialetto locale), oltre un diaframma stalagmitico violato da un gruppo di giovani toiranesi nel 1950. Superata questa barriera naturale furono allora scoperti corridoi inesplorati, ricchi di sorprendenti stalattiti e stalagmiti, ma anche di resti di orsi e di antiche tracce di frequentazione umana, costituite da impronte di piedi e di mani, nonché da tracce carboniose dovute a torce usate per l’illuminazione.
Gli studi che subito seguirono alla scoperta raccontarono di impronte di neandertaliani, di cacce all’orso delle caverne e di riti propiziatori svolti nella stanza terminale della grotta, dove furono immaginati ragazzini con le spalle alla parete, a lato di un’imponente stalagmite caratterizzata da una vaga silhouette zoomorfa, contro i quali venivano lanciate palline d’argilla.
foto impronte
Le ricerche più recenti hanno però via via demolito questa prima ingenua ricostruzione, figlia dei pregiudizi del tempo, evidenziando come si fosse invece trattato di un’incursione di cacciatori-raccoglitori del Paleolitico superiore, ovvero di 14.000 anni fa circa, e come questi non avessero incontrato nessun orso delle caverne, ormai estinto da tempo; solo gli orsi bruni, infatti, frequentavano ormai la grotta, e solo in inverno.
Le impronte lasciate nel fango, in parte concrezionate, hanno poi permesso, grazie a un recentissimo studio pubblicato sulla rivista eLife (Marco Romano et al., A multidisciplinary approach to a unique palaeolithic human ichnological record from Italy - Bàsura Cave) di leggervi finalmente una storia e di chiarire una volta per tutte che cosa accadde all’interno della cavità migliaia di anni or sono.

Il lavoro, promosso dal MUSE di Trento, in collaborazione con l’Università di Genova (DAFIST e DISTAV) e altri centri di ricerca, ha integrato le tecniche dell’icnologia classica con i correnti strumenti di acquisizione digitale e morfometria geometrica, permettendo di riconoscere nelle oltre 180 tracce ancora presenti l’incursione nella cavità di un gruppo di cinque individui, formati da tre bambini, un adolescente e un adulto, forse accompagnati da un cane. Un’unica esplorazione, quindi, che ha visto questo piccolo consesso umano avventurarsi nelle viscere della terra impugnando torce costituite da fasci di legno resinoso e arrivare fino alla camera terminale della cavità, nella cosiddetta “Sala dei Misteri”, dove i più piccoli si sono poi divertiti a raccogliere fango e a imprimerlo sulle pareti. Nulla di rituale, dunque, ma solo una straordinaria testimonianza che rileva come la curiosità e il gioco fossero parte di queste antiche comunità, costituite da numerosi individui giovani, i quali prendevano costantemente parte alle diverse attività del gruppo.
Quanto pubblicato è quindi il primo passo verso una nuova e più approfondita revisione delle evidenze archeologiche presenti in questa importante grotta, già note da tempo ma che, grazie a tecniche di indagine sempre più moderne e raffinate, saranno ora in grado di svelare nuovi e intriganti “segreti”, utili a meglio comprendere il comportamento e la storia di questi nostri lontani antenati.

di Fabio Negrino, Dipartimento di Antichità, Filosofia, Storia
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