Benedetto XVI: una rinuncia contro la tradizione

Benedetto XVI: una rinuncia contro la tradizione

Benedetto XVIIl detto popolare secondo il quale morto un papa se ne fa un altro è ormai da considerarsi superato, questo perché avremo presto un nuovo pontefice non a seguito del decesso del predecessore ma per "dimissioni" o "abdicazione" o – più esattamente - per rinuncia al ministero di Vescovo di Roma.
Questo è quanto è stato annunciato da Benedetto XVI nel concistoro pubblico in data 11 febbraio 2013. Rivolgendosi in elegante lingua latina ad una platea di cardinali il cui volto non tradiva alcuna emozione, il papa riconobbe che - a causa del diminuito vigore determinato dall'età avanzata – le proprie forze non risultano più idonee per esercitare efficacemente il compito a lui affidato.
Il caso, che non ha precedenti nella storia moderna e contemporanea della Chiesa, ha destato in un primo momento incredulità e poi una serie di interrogativi e di interventi, talvolta anche fantasiosi.
Questo perché la Chiesa cattolica, a differenza delle Chiese riformate, si fonda - oltre che sulla scrittura - anche sulla tradizione, delle quali il successore di Pietro e, quindi, Vicario di Cristo si proclama custode e interprete. Dunque questa rinuncia, che ha pochi e lontani riscontri, spezza una tradizione ricca di parecchi secoli.
Eppure basta riflettere sul fatto che, come il pontefice accetta liberamente il proprio ufficio, altrettanto liberamente può rinunziarvi. Inoltre l'ipotesi è prevista dal Codice di diritto canonico promulgato da Giovanni Paolo II nel 1983, Codice che al canone 332, § 2 stabilisce che: "Nel caso che il Romano Pontefice rinunzi al suo uffizio, per la validità si richiede che la rinunzia sia fatta liberamente e sia debitamente manifestata, ma non che sia accettata da alcuno".
Da ciò, oltre a sottolineare che è indispensabile che non ci sia alcuna costrizione, si ricava che la rinuncia deve avere un fondamento morale e giuridico e una causa giusta e proporzionata.
Molte sono anche le ipotesi su quale possa essere l'essenza di un gesto, che sebbene del tutto imprevisto, deve essere stato a lungo meditato.
A mio avviso le cause si devono ricercare nella necessità di una profonda riforma all'interno della Chiesa che solo un pontefice più giovane potrebbe realizzare con la necessaria energia. È lo stesso Benedetto XVI ad indicare al successore la strada che dovrà intraprendere, allorché due giorni dopo lo storico annunzio, esattamente nella cerimonia del Mercoledì delle Ceneri, fece riferimento in particolare: "alle colpe contro l'unità della Chiesa, alle divisioni nel corpo ecclesiale", quale ambito primario di intervento a cui porre rimedio.
Dunque, ancora una volta, si ripresenta il delicato rapporto tra gerarchia e collegialità a cui i due ultimi Concili ecumenici (Vaticano I e Vaticano II) sembrano aver dato risposte diverse piuttosto che complementari.

Giovanni B. Varnier
Dipartimento di Giurisprudenza
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