Le trappole della meritocrazia

Le trappole della meritocrazia

di Carlo Barone (ed. Il Mulino, Bologna 2012)


CopertinaLa meritocrazia, e con essa le riforme che dovrebbero promuoverla, è da qualche tempo al centro del dibattito politico e culturale. Ma cosa significa in realtà “premiare il merito” e quali implicazioni assume questa affermazione? Le diverse declinazioni del concetto, con i rispettivi punti di forza e di debolezza, sono illustrate e discusse da Carlo Barone, sociologo dell’Università di Trento, nel volume Le trappole della meritocrazia presentato lo scorso 8 marzo, insieme all’autore, presso il Dipartimento di Scienze politiche con l’intervento di. Giovanni B. Pittaluga, Giunio Luzzatto e il mio.


La meritocrazia – termine coniato nel 1958 dall’intellettuale e politico laburista inglese Michael Young – può essere infatti intesa in almeno tre accezioni. Il merito può essere considerato come contributo produttivo oppure anche come l’impegno applicato al talento. Vi è però una terza accezione, quella preferita dall’autore, che nella prospettiva teorica di John Rawls ritiene perfettamente legittimo che il talento emerga, sia riconosciuto e premiato, ma a patto che questo torni a beneficio dell’intera collettività, in un contesto nel quale si assumano iniziative per sradicare le barriere sociali che impediscono il pieno sviluppo dei talenti e delle vocazioni di ciascun individuo.


Barone mette in guardia dal considerare la meritocrazia esclusivamente come un procedimento per premiare le differenze nelle prestazioni individuali. In questo modo, si osserva solo ciò che accade “a valle” del fenomeno senza cogliere invece ciò che sta “a monte”, ovvero i processi di formazione delle competenze sottostanti le differenti capacità produttive. Ecco allora che politiche orientate a un allargamento delle opportunità di partenza, a partire da un potenziamento del settore dell’istruzione e da un ripensamento di alcuni suoi aspetti, sono quanto mai necessarie se si vuole che la mobilità sociale sia il risultato di fattori diversi da quelli offerti dalla lotteria naturale (che fornisce i talenti innati) e dalla lotteria sociale (che fa nascere in una famiglia piuttosto che in un’altra), soprattutto in un Paese come il nostro, in cui la mobilità sociale è tutto sommato limitata e l’ereditarietà ha ancora un peso determinante nel disegnare le carriere degli individui.

Agostino Massa
Dipartimento di Scienze Politiche (DISPO)
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