L'Italia nell'esplorazione del sistema solare
L'Italia nell'esplorazione del sistema solare
Flavio Gatti, docente di Fisica Astroparticellare, intervista Enrico Flamini, coordinatore scientifico dell'Agenzia Spaziale Italiana
Lunedì 18 maggio il Dott. Enrico Flamini, coordinatore Scientifico dell'Agenzia Spaziale Italiana (ASI), ha tenuto un seminario al Dipartimento di Fisica sul contributo italiano all'esplorazione dei pianeti e dei corpi minori del sistema solare.
Enrico, qualcuno ha detto scherzosamente che sei uno dei "soci fondatori" dell'ASI…
Ho iniziato a occuparmi di esplorazione spaziale nel Piano Spaziale Nazionale del CNR. Dopo la fondazione dell'ASI, che ha unificato e integrato nella struttura dell'agenzia i progetti esistenti, ho continuato come dipendente ASI coprendo negli anni successivi vari ruoli.
Quali tra i progetti che hai condotto sono per te pietre miliari del contributo ASI all'esplorazione del sistema solare?
Il primo a cui partecipai, ancora come PSN-CNR che due anni dopo diventò ASI, fu la missione Giotto nel 1986, che doveva avvicinare una cometa. Mi occupai dello sviluppo dello specchio. Un problema non semplice: questo è fatto di materiali rigidi, ma vicino alla cometa, particelle ad altissima velocità lo urtano creando danni sulla superficie ottica. Ricordo che selezionammo il materiale per lo specchio sparando grossi proiettili sulla sabbia per eiettare granelli ad alta velocità su vari campioni. Alla fine l'alluminio risultò il migliore perché i granelli formavano fori dai bordi netti senza crepe intorno e quindi facilmente eliminabili nell'analisi delle immagini.
Dopo diversi anni sei ritornato a lavorare sulle comete, vero?
Sì. Giotto ha dato un primo sguardo ad una cometa da vicino, ma l'idea di scendere sulla sua superficie con un strumento robotizzato e studiarne la composizione era il nostro sogno. Fu progettata la missione Rosetta, per la quale la comunità scientifica italiana ha sviluppato 3 importantissimi strumenti di bordo. La cometa da "abbordare", nota con il nome Churyumov-Gerasimenko, fu scelta come ripiego per il ritardo di una settimana del lancio causato da un problema all'interno dell'ogiva del razzo. Rosetta si avvicinò alla cometa, fotografò il luogo del contatto e il modulo Philae iniziò la discesa. Questa è complicata dal fatto che sebbene il suo peso sia 100 Kg, la forza gravitazionale é così piccola che viene attratta con un forza di pochi grammi peso terrestri. Philae è attrezzato con arpioni che vengono lanciati poco prima del contatto e poi dei trapani rafforzano l’ancoraggio. Ero davanti al monitor al momento del contatto e l’euforia fu enorme quando fu confermato. Eravamo scesi su una cometa per la prima volta nella storia dell'umanità.
Però alcuni segnali dicevano che Philae aveva ruotato su se stesso diverse volte. Abbiamo poi ricostruito che al primo contatto, 150 metri circa dal punto previsto, Philae rimbalzò allontanandosi di 1000 m circa, rimbalzò ancora e si incastrò in un crepaccio non illuminato dal Sole. Non potendo ricaricare le batterie si mise in condizione di ibernazione. Tenteremo di riaccenderla sperando che la cometa volga il crepaccio alla luce solare.
Quale conclusione ti senti di trarre dopo questi decenni di esplorazione dei corpi planetari?
Insieme ai risultati di altre missioni con partecipazione ASI, Cassini-Huygens su Titano e Encelado, e Dawn sugli asteroidi Cerere e Vesta si deduce che l'acqua è un elemento molto comune sui corpi del sistema solare. Si deve essere formata e accumulata sui corpi durante la formazione stessa del sistema solare. La teoria che l'acqua sia stata portata dalle comete su pianeti, come la Terra, vacilla perchè la composizione isotopica dell’acqua sulla cometa é diversa dalla nostra. Inoltre la presenza di metano in zone dove vi è acqua può far supporre forme di vita. Ma questo argomento è molto complesso e alla luce di quello che ho visto con le sonde planetarie, necessita una riconsiderazione più ampia di cosa sia la vita.