inRete contro la violenza sulle donne. Un impegno anche per l’Università
Lo scorso 8 marzo a Palazzo Ducale, in occasione della giornata internazionale della donna, l’Università di Genova, rappresentata dal Comitato Pari Opportunità, ha preso parte alla cerimonia di presentazione e di ratifica del “Protocollo per la prevenzione ed il contrasto della violenza nei confronti di donne, minori e persone vulnerabili nella regione Liguria, inRete contro la violenza” promosso dalle Prefetture della regione, in collaborazione con la Regione Liguria e la Procura generale.
La firma di questo Protocollo, già operativo a Genova e ora esteso a tutta la regione, rappresenta un’occasione importante per il nostro Ateneo: quello di rafforzare il suo impegno istituzionale contro la violenza e a favore della promozione dei diritti fondamentali delle persone.
Il Protocollo, infatti, prevede una serie di azioni congiunte volte all’emersione e al contrasto del fenomeno della violenza, specie quella domestica, mediante l’individuazione di percorsi di accompagnamento, sia delle vittime sia dei soggetti maltrattanti, ma dedica anche ampio spazio tanto a interventi formativi (dei vari operatori coinvolti) quanto ad azioni di prevenzione sul piano culturale (rivolte soprattutto ai più giovani), che chiamano direttamente in causa il ruolo sociale ed educativo dell’Università, anche nell’ottica della c.d. “Terza missione”.
Sotto questo profilo, anzi, il coinvolgimento del nostro Ateneo in questa iniziativa può essere letto come il segno di un’importante consapevolezza da parte delle istituzioni che l’hanno promossa: e cioè che il fenomeno della violenza, in particolare la violenza contro le donne, non può essere affrontato solo attraverso gli strumenti repressivi della sanzione penale ma richiede l’attivazione di strategie di prevenzione, basate sull’educazione e sulla sensibilizzazione, capaci di incidere sulle cause che la scatenano. Cause che non sono spiegabili esclusivamente in termini di disagio psicologico e/o psichiatrico (come alcune rappresentazioni mediatiche del fenomeno a volte vorrebbero darci a intendere), ma hanno anche natura sociale e radici storiche, culturali, economiche profonde, legate alla struttura patriarcale che ancora informa le relazioni asimmetriche di potere tra uomini e donne nelle società contemporanee, sia nella sfera pubblica, sia nella sfera privata– se è vero che, come noto, la violenza di genere si consuma nell’ambito di relazioni familiari e affettive dove l’aggressore è un marito, un compagno, un ex fidanzato che magari non ha accettato di essere lasciato.
In questa cornice, l’Università ha senz’altro il compito di mettere a disposizione delle istituzioni i risultati di proprie ricerche e indagini, anche nell’ottica di agevolare la gestione di casi concreti, ma è altresì chiamata a promuovere corsi di formazione, programmi didattici e iniziative di sensibilizzazione volte a rendere maggiormente consapevole la componente studentesca, ma anche la società civile, della pervasività del fenomeno della violenza contro le donne: un fenomeno che, come suggerisce anche la Convenzione di Istanbul adottata dal Consiglio d’Europa nel 2011, non può essere letto come la manifestazione di episodi di devianza privata, ma costituisce un grave problema sociale e politico, che richiede di operare sul superamento delle discriminazioni tra uomini e donne e sulla decostruzione di stereotipi di genere e modelli culturali improntanti a meccanismi di subordinazione.