Quale turismo per il post-emergenza COVID-19?
L’emergenza sanitaria legata alla pandemia da COVID-19 ha colpito duramente l’intera economia, con effetti particolarmente duri sul comparto turistico; i flussi si sono sostanzialmente azzerati tanto nel comparto leisure quanto in quello business: individui e famiglie hanno cancellato ogni attività vacanziera e le imprese hanno contratto al minimo i viaggi d’affari e annullato convention, fiere, ecc. Le prime stime proposte dalle associazioni di categoria dipingono un quadro a tinte fosche ed è quindi opportuno domandarsi in che modo il turismo potrà ripartire.
È difficile fornire risposte a valenza generale, poiché il comparto è articolato e presenta un’estrema eterogeneità: diverse sono le tipologie di turista, le motivazioni sottostanti al viaggio, i benefici ricercati; ma diverse sono anche le imprese turistiche, in termini di servizi offerti, dimensione, struttura organizzativa, ecc. Ciò premesso, proviamo ad avanzare alcune riflessioni d’insieme, evidenziando trend che potrebbero caratterizzare il settore turistico nell’immediato futuro e avere forse anche carattere di cambiamento strutturale.
Dove potremo e dove vorremo andare in vacanza?
Per provare a disegnare il futuro scenario del turismo guardiamo all’effetto combinato dei vincoli che verranno dalla legge e di quelli che gli individui si auto-imporranno.
Da un lato, la nostra libertà continuerà ad essere fortemente limitata, quantomeno nei prossimi mesi. Le misure di distanziamento sociale ridurranno l’operatività in diversi settori: in primis i trasporti ma anche la ricettività, l’organizzazione di eventi, la gestione dei beni artistici e culturali, la ristorazione, gli stabilimenti balneari... In sintesi, molte attività turistiche “non si potranno fare” o saranno fruibili soltanto per un numero contingentato di utenti, con servizi parziali e limitazioni temporali e spaziali.
Accanto ai vincoli di legge, si presenteranno altri ostacoli, legati alla percezione del rischio da parte dei turisti, soprattutto per la componente leisure. All’esperienza turistica è sempre associata una componente di “rischio”, poiché la vacanza è “allontanamento” da luoghi e routine quotidiane e implica il contatto con il “nuovo”, il “lontano”, il “diverso”. A causa dell’emergenza sanitaria, il “rischio percepito” salirà notevolmente e viaggiare ci farà molto più paura sia per motivi “giustificati” – quali il timore di contrarre il virus su un aereo o in coda davanti ad un museo – sia in ragione di preoccupazioni “irrazionali” che comunque agiteranno i nostri pensieri. Molte attività turistiche, quindi, “non si vorranno fare” o si vorranno fare solo a determinate condizioni.
Uno scenario difficile da immaginare
Dall’incrocio del “non potere” e del “non volere” prenderà forma uno scenario ad oggi molto difficile da immaginare poiché in continua evoluzione e legato a decisioni politiche ancora in fase di elaborazione.
Tuttavia, le prime ricerche che stanno sondando lo stato d’animo e le intenzioni dei turisti sembrano restituire risultati concordi. Si prospetta una sorta di “rivincita” del turismo di prossimità e delle destinazioni minori, percepite come più “sicure” in quanto note, vicine, meno affollate. Si parla molto di riscoperta dell’entroterra, degli ambienti rurali; potrebbe essere una grande occasione per gli agriturismi: piccoli, riservati, in campagna e lontani dalle folle. Più problematico sarà il ritorno alle città d’arte, spesso troppo affollate intorno alle principali attrattive, o alle destinazioni balneari, che affrontano il problema di conciliare la fruizione dell’arenile con il distanziamento sociale, in special modo all’interno degli stabilimenti balneari. La montagna, con i suoi spazi “aperti”, potrebbe essere favorita, anche in ragione del desiderio collettivo di “uscire”, riconquistare un contatto con l’ambiente naturale e sentirsi nuovamente “liberi”; peraltro, già si avanzano le prime obiezioni rispetto all’apertura e alle condizioni di operatività dei rifugi.
Decisiva nel favorire il “corto raggio” sarà inoltre la percezione del rischio associato ai mezzi di trasporto; saranno penalizzati quelli che concentrano molti individui in condizioni “pericolose” in ragione, ad esempio, del ricircolo dell’aria o della condivisione di spazi limitati.
Con riferimento infine al turismo business, una parte significativa dei viaggi di affari è “incomprimibile” e ripartirà appena possibile, così come – compatibilmente con il distanziamento sociale – il settore dei congressi. Al contempo, le imprese hanno necessariamente preso confidenza con pratiche di smart-working, sostituendo attività in presenza con relazioni a distanza; in futuro faranno sicuramente tesoro di queste esperienze, riducendo almeno in parte le trasferte con più economiche – e sostenibili – riunioni virtuali.
In un quadro così incerto, l’unica cosa di cui possiamo essere sicuri è che le nostre vacanze non saranno più le stesse, almeno per un po’!