Questa fragile modernità. Quattro saggi, un prologo ed un epilogo intorno alla 'grande trasformazione'
Questa fragile modernità. Quattro saggi, un prologo ed un epilogo intorno alla 'grande trasformazione'
di D. Rolando, Genova, GUP, 2019
Da alcuni decenni nel dibattito pubblico abbondano le riflessioni su fenomeni quali la ‘post-modernità’, la ‘società liquida’, la ‘fine della storia’ e similari. Ma una domanda resta in sospeso: abbiamo davvero compreso il significato dei caposaldi intellettuali di quella tanto bistrattata modernità da cui ci siamo apparentemente congedati tirando un sospiro di sollievo? Evidentemente no.
Per questo è più che benvenuto l’ultimo libro di Daniele Rolando, docente di Filosofia della storia e Temi di antropologia filosofica presso l’Università di Genova. Il volume si snoda attraverso svariati percorsi tematici, che spaziano dalla filosofia della storia, della religione e dell’economia alla storia delle idee, per tentare di rispondere alla domanda che l’Autore – riferendosi a Karl Polanyi, uno dei protagonisti del suo itinerario – formula sin dall’introduzione: «esiste qualcosa come la libertà in una società complessa o essa è una tentazione destinata a rovinare l’uomo e la sua opera?» (p. 24).
Tra le grandi questioni legate a un simile interrogativo vengono affrontate l’idea di progresso; il rapporto tra escatologia, antropologia e politica; la dialettica colpa/innocenza, e più in generale passioni/interessi, nella formazione dell’idea di individuo e del paradigma della libertà economica e civile; il valore simbolico del denaro; il rapporto tra virtù morali e secolarizzazione; le fondamenta dell’etica o – più precisamente – il «tentativo di dare una spiegazione razionale al problema dell’origine della morale» (destinato però a fallire, p. 201); la natura della fede e il rapporto tra modernità e libertà religiosa.
Un orizzonte teorico tanto vasto e stimolante non poteva costruirsi, in prospettiva sia diacronica che sincronica, se non discutendo criticamente gli apporti di una lunga serie di pensatori in ambito filosofico, sociologico, economico e teologico posti in fitto e avvolgente dialogo, a partire da alcuni classici noti e studiati ma talvolta, come viene ben mostrato, curiosamente fraintesi – Hobbes, Pascal, Spinoza, Mandeville, Hume, Smith, Kant, Kierkegaard, Löwith, Macpherson, Dumont, Hirschman, Nagel, Walzer… – sino a giungere ad altri cosiddetti ‘minori’ (posto che lo siano davvero): mi limito a citare tra i moderni Butler, Edwards, Giansenio e Nicole, tra i contemporanei Ayer, Axelrod, Blumenberg, Gauthier e Norden.
La narrazione corale orchestrata da Rolando prende per mano e accompagna il lettore, impedendogli di accettare qualsiasi semplificazione e suggerendogli che «il paradosso delle filosofie della storia sta, forse, nell’essere tentati di dare una spiegazione dell’eccezionalità del processo di modernizzazione così ‘forte’ da annullare il senso stesso di questa eccezionalità» (p. 271). E allora quale soluzione al dilemma di Polanyi? Nessuna formula magica, ma piuttosto la circostanziata e sommessa proposta di «un liberalismo consapevole che non si presenti come una panacea sociale ma come un’ideologia adulta del ‘limite’» (p. 146).