L'uso delle norme per il controllo del territorio
L'uso delle norme per il controllo del territorio
Il territorio ligure nei suoi aspetti morfologici presenta forti criticità come si evidenziano dal succedersi di eventi spesso catastrofici quali le alluvioni, recenti e passate, che hanno colpito con forza devastante provocando allagamenti, frane e travolgendo numerose vite umane.
Quando si manifestano queste tragedie giustamente ci si interroga sulle cause e ancor più sui processi che hanno determinato o hanno favorito i dissesti ambientali.
Si apre la caccia alla ricerca dei responsabili diretti o indiretti che in qualche modo sono o possono essere coinvolti. Le prime reazioni delle autorità, preposte al controllo e alla gestione della "cosa pubblica" (gli amministratori) ai diversi livelli, chiamano in causa la assoluta eccezionalità degli eventi atmosferici, la relativa imprevedibilità degli stessi a significare una presunta impossibilità a fronteggiare un rischio quasi sovrannaturale e quindi superiore alla normale e terrena possibilità di controllo e di prevenzione.
È peraltro evidente che i letti dei rivi, dei torrenti e dei fiumi hanno necessità di una dimensione maggiore di quella occupata a regime, infatti i nostri corsi d'acqua spesso sono in secca ma quando si ingrossano mutano le loro condizioni dimensionali invadendo gli spazi laterali se disponibili.
Il punto allora per il pianificatore diventa quello di conoscere, normare e salvaguardare gli ambiti territoriali considerati a rischio.
Dobbiamo porci alcune domande: abbiamo sviluppato indagini conoscitive adeguate? Abbiamo elaborato strumenti regolatori per normare lo sviluppo e la trasformazione del territorio? Abbiamo vigilato perchè gli interventi promossi sia a carattere insediativo che strutturale non aggravassero le condizioni di rischio?
Si deve intanto ricordare che tutti i rivi, i torrenti e i fiumi sono territori demaniali la cui tutela per delega è affidata alle province dalla regione. Dobbiamo altresì prendere atto che, particolarmente nel passato ma non solo, i territori demaniali sono molto ambiti dagli operatori del mattone perchè si può usufruire di costi del suolo assolutamente inferiori a quelli di mercato.
Un esempio? Il centro direzionale di San Benigno, per citare un caso ben noto, ma non vanno dimenticati gli alvei dei torrenti, come nei casi, non unici, del rio San Pietro a Prà o del rio Chiaravagna a Sestri.
È evidente la differenza tra suoli caratterizzati dalla semplice appartenenza al demanio, come nel caso di San Benigno, oppure dalla problematica legata alla condizione di alveo di un corso d'acqua! Come è stato possibile autorizzare interventi edilizi che gravano e limitano il decorso delle acque torrentizie? Questo tipo di interventi è figlio di un piano regolatore datato che a suo tempo prevedeva circa 5 milioni di abitanti a Genova (1959) e quindi in pratica non poneva limiti all'occupazione del territorio, anzi lo considerava urbanizzabile alla stregua di un territorio pianeggiante. Però per costruire sul letto di un torrente occorreva pur sempre un'autorizzazione che in ultimo stava a carico dell'ente comunale, legittimato a firmare la "licenza edilizia".
Come? Autorizzando in deroga, così come definito dal regio decreto n° 523/1904, che consentiva e consente tuttora di operare in deroga sulle aree demaniali, salvo stabilire una onerosità annuale.
Disponiamo di un sistema strutturato di conoscenze sulla natura dei terreni in base alla "Mappa sullo stato dell'ambiente nella città di Genova" come risulta da uno studio condotto nel 1990 dal gruppo di "Scienza della terra" dell'Università. Nel 1997, nella preparazione del nuovo piano regolatore, viene pubblicato l'Atlante cartografico geologico del Comune di Genova.
E quindi? Abbiamo costruito argini, abbiamo tombinato i torrenti, abbiamo autorizzato interventi in aree a rischio.
Come? Abbiamo utilizzato l'istituto della deroga. Abbiamo valutato adeguatamente le possibili conseguenze? È un dubbio a cui è chiamata a rispondere la magistratura.