Voci d’Archivio. La Storia Pubblica incontra il Sessantotto

Voci d'Archivio. La Storia Pubblica incontra il Sessantotto

di Virginia Niri (GUP, Genova 2018)

L'Archivio dei Movimenti di Genova – e la corrispondente Associazione che lo anima – è scaturito dall'impegno e dalla consapevolezza di un gruppo di militanti di sinistra degli anni sessanta e settanta, e dalla loro decisione, maturata nel 2009 (a pochi anni dal drammatico G8), di donare a un'istituzione pubblica, aperta ai ricercatori, il materiale storico conservato nel corso di vari decenni: documenti, volantini, appunti, manifesti, dazebao, foto, riviste.

L'autrice di questo volume, che dal 2010 collabora con l'Archivio dei Movimenti e che attualmente è dottoranda di ricerca all'Università di Genova, ne ricostruisce le traiettorie costitutive, tracciando un percorso per così dire a ritroso, che parte dai protagonisti, gli historymakers, i donatori dei fondi, per giungere all'istituzione, l'Archivio, re-indagato come un organismo vivo e letto nella sua funzione di complesso catalizzatore di memorie.
Pubblicato da GUP nel cinquantenario del Sessantotto, il saggio di Virginia Niri è in primo luogo una microstoria dei "lunghi anni Sessanta", elaborata attraverso l'attento intreccio di ventitre interviste ai donatori dei fondi, da cui emerge con chiarezza e prima di tutto - nella sua dimensione plurale e soggettiva – la portata di quella "rivoluzione copernicana del personale-politico" (p. 168) che rappresenta probabilmente uno dei lasciti più duraturi di quella stagione. Le riflessioni degli intervistati sulla violenza, sull'antiautoritarismo, sulla sessualità, sulle differenze di genere non solo delineano le ragioni della partecipazione dei singoli al movimento, ma traducono l'esperienza individuale nella costruzione di una memoria collettiva e relazionale di lungo periodo.
Come suggerisce il titolo, infatti, Voci d'Archivio, non è soltanto una storia del Sessantotto genovese e ligure. È soprattutto una riflessione sulla genesi di un archivio inteso non soltanto come luogo di preservazione di documenti e fonti storiche, ma come spazio progettuale, in cui i donatori dei fondi partecipano della vita stessa dell'istituzione archivistica, rielaborandone i significati e le memorie, in un costante e problematico dialogo tra passato e presente. Attraverso un ventaglio di strumenti metodologici che vanno dalla storia orale alla storia di genere, fino alla public history, l'autrice intesse una sorta di "metastoria" del Sessantotto, in cui "il metodo d'indagine si confonde con il tema dell'indagine stessa" (p. 167). Se infatti proprio gli anni della contestazione contribuirono ad alimentare nuovi filoni di ricerca nel campo della storia dal basso, della storia minima, della storia orale, della storia pubblica, perché non utilizzare oggi questi strumenti – ormai entrati ufficialmente nella "cassetta degli attrezzi" dello storico – per raccontare quel momento politico e culturale e soprattutto per ricostruirne la memoria? Di qui la centralità di questo case study: far parlare un archivio, farlo rivivere attraverso le prospettive dei suoi stessi costitutori.
E non è certo un caso che a chiudere il libro sia un'appendice, che contiene un inventario riassuntivo dell'Archivio dei Movimenti. Un'integrazione utile, ma soprattutto un invito all'attivazione di nuove ricerche e alla scrittura di nuove storie.

di Francesco Cassata, Dipartimento di antichità, filosofia, storia
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