Letteratura e Resistenza

Letteratura e Resistenza

Già subito dopo la Liberazione, la Resistenza diventa uno straordinario tema letterario; sui quotidiani, allora formati da un solo foglio, compaiono poesie (come sull'"Unità" di Genova proprio del 25 aprile 1945 e sul "Corriere alleato" del I maggio) che celebrano l'insurrezione e la lotta partigiana; la qualità di questi versi è per lo più modesta e retorica e questo livello scarso caratterizzerà la massima parte della produzione poetica a tema resistenziale, con l'eccezione di poche decine di testi come Alle fronde dei salici di Quasimodo, Ai martiri di piazzale Loreto (già diffusa dalla stampa clandestina) di Alfonso Gatto e le raccolte Fisarmonica rossa (1945) di Franco Matacotta e Galli notturni (1952) di Elena Bono. È però nella produzione in prosa che la Resistenza trova la sua più efficace e più alta rappresentazione letteraria; e se il Vittorini scrittore già nell’estate del 1945 era stato autore del romanzo Uomini e no sullo slancio generoso dei partigiani impegnati nella lotta clandestina a Milano, il Vittorini scopritore di talenti, con l'invito a raccontare la guerra appena conclusa lanciato dalle pagine del suo "Politecnico", favorì la composizione di decine di racconti che rivelarono scrittori tra i maggiori del nostro '900, primo tra tutti Italo Calvino. Egli scrisse dapprima racconti essenzialmente autobiografici (poi nel volume Ultimo viene il corvo, 1949), ma presto si accorse che spesso erano troppo simili e che la sua presenza gli limitava il passaggio dal documento alla creatività. Cercando allora un protagonista diverso da sé, inventò il bambino Pin e diede vita al romanzo Il sentieri dei nidi di ragno (1947). E dopo che nel racconto lungo La casa in collina (1948) Pavese si era soffermato sulle inquietudini di un intellettuale nei confronti della Resistenza, sarà poi una semplice contadina, spinta all'antifascismo non da ragioni ideologiche ma dal rifiuto della cieca violenza nazifascista, al centro di un ampio romanzo resistenziale: l'Agnese va a morire (1949) di Renata Viganò. L'attenzione dello scrittore si sposta sui sentimenti acerbi delle giovani generazioni in Fausto e Anna (1952) di Carlo Cassola dove, al pari dei racconti I 23 giorni della città di Alba (1952) di Beppe Fenoglio, la Resistenza viene presentata priva di toni celebrativi e tanto più vera perché accanto alle luci non ne vengono nascoste le ombre. E con Fenoglio siamo giunti allo scrittore che su questo tema ha composto le pagine più appassionanti e più autentiche, tanto che, all'apparire del suo romanzo Una questione privata (1963), Calvino lo definì il libro sulla Resistenza "che tutti avevamo sognato". E se in quell'anno uscirono altri due importanti libri sullo stesso tema – I giorni veri di Giovanna Zangrandi dove una donna è protagonista della lotta partigiana non nel frequente ruolo secondario di staffetta e Bandiera bianca a Cefalonia di Marcello Venturi che per la prima volta denuncia l'eccidio compiuto dall'esercito tedesco ai danni dei 10.000 soldati della Divisione Acqui – sarà però nel 1968 che uscirà il romanzo fondamentale sulla Resistenza, quel Partigiano Johnny ancora di Fenoglio che, attraverso una narrazione epica condotta con ritmo incalzante e supportata da un'invenzione linguistica originale, riassume in una battuta del protagonista il senso più profondo della Resistenza e di tutte le resistenze ai soprusi e alle ingiustizie: al mugnaio che gli propone di nascondersi per evitare di finire nel mirino dei fascisti nell'inverno del 1944 quando le truppe partigiane sono sbandate, Johnny risponde: "Mi sono impegnato a dir di no fino in fondo e se accettassi di imboscarmi e dunque di arrendermi sarebbe un modo per dire di sì": proprio in questa estrema coerenza, nel non trasformare un risoluto e rischioso no in un opportunistico sì risiede la forza degli ideali che hanno sorretto la Resistenza.

Francesco De Nicola
Dipartimento di Scienze della Comunicazione Linguistica e Culturale
Presidente Azienda Regionale per i servizi scolastici e universitari
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