Pesca e biodiversità - intervista a Stefano Schiaparelli

Parliamo di Pesca e biodiversità con il Prof. Stefano Schiaparelli, 47 anni, docente dell’Università di Genova. Laureato in biologia con indirizzo ecologico, ha conseguito il dottorato in Scienze Ambientali presso l’Università di Genova. È professore della stessa università e ricercatore presso il Museo Nazionale dell’Antartide di Genova. Ha partecipato a diverse spedizioni scientifiche e ha fatto parte di molteplici progetti di ricerca, autore di numerose pubblicazioni scientifiche, ha inoltre dato il suo nome a 6 diverse nuove specie scoperte negli ultimi 15 anni.

Pesca e Biodiversità

Intervista di Claudia Ferretti

Come influisce l’attività di pesca sulla biodiversità marina?
“L’attività di pesca in mare, che spesso non si cura della sostenibilità e della biodiversità, è oggetto di particolare attenzione da parte dei ricercatori. Monitorarne le dinamiche, infatti, significa avere un ‘termometro’ indiretto della salute del mare e della biodiversità. Vi sono differenze fondamentali rispetto a quanto avviene sulla terraferma con la caccia: la maggior parte del consumo umano di pesce riguarda specie non ‘allevate’ ed avviene attraverso il prelievo di ‘wild species’. Alla lunga questo porta ad uno sfruttamento esagerato delle risorse ittiche (detto anche ‘overfishing’) ed alla conseguente scomparsa o estrema rarefazione, in determinate zone, di specie in precedenza molto abbondanti. I metodi di pesca sono poi estremamente aggressivi rispetto a quelli con cui sono cacciate le specie terrestri. Un esempio? le reti a strascico che distruggono gli habitat e catturano anche specie che non sono assolutamente obiettivo di pesca."
 

squalo

 Quali sono i principali problemi causati da questo sfruttamento delle risorse ittiche?
 "Il prelievo cronico di individui e la progressiva riduzione degli habitat. Anche senza che avvenga una vera e propria estinzione di una specie ittica, c’è un’erosione continua delle popolazioni fino ad arrivare, nei casi più gravi, a quella che si definisce ‘estinzione ecologica’; questa si ha quando una specie è ancora presente nell’ambiente, ma con un numero talmente limitato di individui da aver ormai perso il ruolo ecologico che aveva in precedenza nell’ecosistema. In mare la tecnologia ha inoltre fatto crescere esponenzialmente le possibilità di prelievo (si è passati da scafi da legno a quelli in acciaio, il nylon ha sostituito le fibre vegetali delle reti, i banchi di pesce possono essere tracciati con il satellite, i grossi freezer di bordo consentono ai battelli di pescare per settimane intere senza dover tornare a riva, etc.): da qui la continua necessità di leggi finalizzate alla conservazione in ambiente marino, man mano che la tecnologia aumenta.”
 
Per fortuna la tecnologia va anche incontro alla natura, ad esempio con la mappa del Global Fishing Watch (http://globalfishingwatch.org): un database che si aggiorna in tempo reale elaborando con algoritmi i dati provenienti dalle navi, essa rappresenta le zone di pesca di tutto il mondo. Con questo dato possiamo conoscere i periodi di pesca nelle diverse zone e dedurre quali siano i fattori che influenzano la pesca.
“I risultati però non sono confortanti, perché le influenze maggiori sui periodi di pesca non sono di tipo ambientale, come per esempio le stagioni o la migrazione dei pesci, ma sono legate a fattori di tipo politico e culturale, come per esempio i periodi di festività e ferie. Un altro problema rilevante è che qualunque tipo di statistica fornisce dati incompleti, perché la pesca illegale non è censita in alcun modo, vi sono flottiglie intere di imbarcazioni da pesca che solcano le acque internazionali.”

In Italia la Marina Militare ha tra le sue operazioni la ViPe (vigilanza pesca) che assicura la presenza di navi che sorvegliano l’area del Mediterraneo tra la Sicilia e la Tunisia.
“È un piccolo passo ma ancora insufficiente”

Cosa fare?

Cosa è necessario fare per cambiare la situazione?
“Bisogna portare all’attenzione delle persone i danni che avvengono al mare per effetto della nostra azione distruttiva: infatti se una foresta brucia, noi la vediamo, ma i danni sistematici al fondo marino causati dalle reti a strascico o dalle innumerevoli lenze perse non si vedono, ma sono disastri ambientali a tutti gli effetti. Una volta raggiunta la consapevolezza delle condizioni critiche del mare, occorre una responsabilizzazione che, indipendentemente dalle acque territoriali o dalle zone di pesca, porti tutti, a partire dalle singole persone fino agli stati interi, ad agire in concerto per utilizzare le risorse del mare in modo sostenibile garantendo la tutela della biodiversità."
 
Maggiore consapevolezza dunque:
"Sì, ed è fondamentale anche cambiare le proprie abitudini in modo da rendere sostenibile per le altre creature la nostra presenza sulla terra: limitare il consumo di pesci la cui provenienza non sia chiara, e, in generale rispettare, come per la frutta e la verdura, il calendario della stagionalità, che ha come criteri il ciclo riproduttivo e la dimensione dell’animale nonché i periodi di migrazione dei banchi"
 
Come vede il futuro?
"Durante i miei corsi mi sono accorto che, per il futuro, siamo in buone mani: nei giovani studenti vedo moltissimo interesse e un’elevata sensibilità che le generazioni precedenti non avevano: se riusciremo a dare priorità alla natura ed interrompere questa strage di biodiversità, potremo lasciare ai giovani qualcosa da tutelare e salvare il futuro del mare, che poi, è il nostro futuro."
 
In proposito: ai giovani che cercano un corso di studi che consenta di approfondire questi temi e fare della difesa del mare e della biodiversità la propria professione, cosa consiglia?
“Io adesso insegno “Analisi e conservazione della biodiversità marina” agli studenti di Scienze del Mare e di Conservazione e gestione della natura all’Università di Genova, se dovessi scegliere adesso quale corso frequentare, sarebbe uno di questi, si tratta di corsi pensati per formare nuove figure di esperti che affrontino il problema dell’inquinamento del mare e della biodiversità: l’Università di Genova ha puntato molto su questi temi ed offre una formazione di eccellenza.”
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