Vite indegne di vita
Lo sterminio dei disabili e dei malati di mente durante il nazismo
Raccontare oggi la vicenda dello sterminio dei disabili e dei malati di mente durante il nazismo trova senso non solo all’interno delle, dovute, azioni per mantenere una memoria attiva sulle atrocità del genocidio ma, a mio avviso, nella necessità di nutrire una discussione partecipata attorno ai temi dell’ineguaglianza, della violenza e del razzismo. La Costituzione del popolo tedesco, scritta nel 1949, inizia con queste parole: “La dignità dell’uomo è intoccabile”. Sono parole che non lasciano indifferenti se si pensa a cosa quel popolo ha fatto pochi anni prima, ma sono parole che devono far riflettere, perché la dignità dell’uomo oggi pare essere un valore di poco conto.
Come tutto ebbe inizio
Occorre dunque analizzare la costruzione delle premesse che hanno reso possibile lo sterminio dei disabili e dei malati di mente, che iniziò prima degli altri, occorre ricordarlo, ed accettare con inquietudine il fatto che tale programma coinvolse persone normali, non fanatici nazisti o militari delle SS; occorre conoscere, per rifletterci, che la logica dell’ineguaglianza era potente nella comunità scientifica e intellettuale a partire dalla seconda metà dell’800. Occorre riflettere su come la crisi economica ponesse domande non facili sui costi per mantenere persone che il regime definiva “nuzlosen esser”, mangiatori inutili. Occorre conoscere che questo approccio permise l’ostracismo verso altre diversità, in nome della purezza di un popolo e nel terrore della contaminazione con altri da sé.
I meccanismi della propaganda
La pratica di sterilizzazione forzosa di persone ritenute “geneticamente inaccettabili”, non fu iniziata dal regime nazista ma dagli Stati Uniti ed è una pratica, in una visione eugenetica, che molti civili nazioni hanno ritenuto di mantenere per molti anni dopo la fine della seconda guerra mondiale. La costruzione del consenso attorno a tali concetti fu massiccia e condotta con maestria. È noto che se il programma di uccisione di bambini e adulti con disabilità e malati di mente fu attuato in segreto, con una macchina organizzativa direttamente alle dipendenze della cancelleria del Führer, in assenza di qualsiasi legge o provvedimento scritto, esso fu attuato sotto gli occhi di tutti. Molti erano distratti, altri erano convinti che si dovesse fare, molti accettavano in silenzio, altri infine erano dei mediocri che nel regime fecero carriera; sistematiche azioni di manipolazione del pensiero hanno alimentato tutto questo con le tecniche di allora, con immagini sui manifesti per strada destinate alle masse, con film di sala, con programmi educativi per le scuole di ogni grado, fino alle aule universitarie.
Riflessioni
Chi scrive non è uno storico ma un pedagogista che ha a cuore la cultura dell’inclusione e che si occupa dell’incontro tra differenze. Ritengo fondamentale che questa vicenda sia raccontata ai ragazzi che si stanno formando, offrendo, a noi e a loro, elementi di scomodità su cui riflettere. Oggi la potenza dei sistemi di comunicazione è in grado di manipolare coscienze e costruire facili consensi; nel modello di società liquida i concetti di “persona”, di “cittadino” e di “bene comune”, sembrano vuoti rituali a fronte della potenza dell’io-cliente, alla paura dell’altro-da-me, immaginato, prima che in altri modi, come un possibile nemico. La vicenda offre evidenti spunti di attualità e vi sono i modi per offrire, tramite cultura e conoscenza, momenti di incontro e di confronto per sconfiggere paura, ignoranza e solitudini. Paura e ignoranza sono come combustibile e comburente e se mescolati nelle giuste proporzioni un piccolo innesco può generare pericolosi incendi.
Abbiamo il dovere di conoscere e far conoscere i fatti, di andare oltre per cercare di comprendere come sia stato possibile, dando voce alle vittime e alle loro storie senza cedere alla logica dei numeri, primo passo verso la disumanizzazione e l’ineguaglianza, cercando nomi e volti senza paura di commuoversi davanti ad essi, restituendo a questa parola il senso di muoversi insieme.
L'articolo prende spunto dalla conferenza tenuta dall'autore il 10 gennaio scorso dal titolo “Vite indegne di vita. Lo sterminio dei disabili e dei malati di mente durante il nazismo” nell’ambito delle attività della convenzione tra il nostro Ateneo e la Fondazione San Marcellino in collaborazione con Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura e l’Associazione Nazionale Ex Deportati.
Si ringrazia Mara Morelli per la collaborazione. (Nota della redazione).