Il diritto oltre la legge
Diritto vs Legge
Un luogo comune invalso nel pubblico dei non addetti ai lavori è che diritto e legge siano sinonimi, che la dimensione giuridica si esaurisca in quella legislativa. Ciò è causa di fraintendimenti che rendono spesso incomprensibile ai più il funzionamento della macchina della giustizia.
Il diritto è, infatti, un fenomeno complesso tramite cui gli esseri umani cercano, per mezzo di regole e istituzioni, di ordinare e organizzare la propria società. La legge è uno degli strumenti che permettono di perseguire questo scopo, non l’unico.
Per comprendere meglio tale aspetto è opportuno chiarire il concetto di fonte del diritto. Questa è una metafora naturalistica, utilizzata per individuare il momento genetico delle diverse manifestazioni giuridiche: così come il fiume nasce dalla sorgente, così le norme vengono al mondo a partire da determinati atti o fatti idonei a produrle. Questi atti o fatti sono numerosi e non tutti hanno la stessa rilevanza. L’art. 1 delle disposizioni preliminari al Codice civile ne elenca, in ordine di importanza, alcuni: la legge, i regolamenti della pubblica amministrazione e gli usi o consuetudini (comportamenti ripetuti nel tempo percepiti come doverosi). Tra queste, la legge, nell’Europa continentale contemporanea, è lo strumento più rilevante.
È importante però ricordare che non sempre è stato così.
La storia
Sino all’inizio della nostra era - che convenzionalmente si fa coincidere con l’inizio della Rivoluzione francese nel 1789 - il panorama era molto più variegato, le fonti erano molteplici e tutte declinavano regole spesso tra loro contrastanti. Diritto romano riattualizzato, diritto canonico, statuti locali, pareri di illustri giuristi, decisioni dei più autorevoli tribunali e, allora molto importanti, consuetudini convivevano non senza difficoltà. Anche la legge, intesa come comando del re o del principe, aveva un suo spazio, ma doveva lottare aspramente per potersi imporre.
Un diritto di questo tipo aveva un portato sociale e umano maggiore rispetto a quello a cui siamo abituati oggi, perché più che da ordini eterodiretti dell’autorità nasceva dal vivere quotidiano delle persone e dal loro riconoscersi in determinati valori. Al contempo, però, era anche causa di profonda incertezza e si prestava a facili arbitri: basti pensare alle difficoltà di Renzo e Lucia a districarsi tra il latinorum di Don Abbondio e le gride evocate dall’Azzeccagarbugli.
Nonostante ciò questo sistema, con vicende alterne, perdurò a partire dal medioevo per più di un millennio. Solo nel XVIII secolo si giunse al punto di rottura. Le istanze di certezza e di democrazia fatte proprie dall’Illuminismo e dalla Rivoluzione francese portarono al radicale superamento di questa realtà. Lo strumento deputato a mettere ordine nel caotico sistema delle fonti fu proprio la legge, intesa non più come emanazione della volontà arbitraria del re, ma come espressione razionale della volontà generale, secondo la lezione di Rousseau.
Il cambio di paradigma si ebbe con la codificazione napoleonica. A partire dal 1804, con l’emanazione del Code civil des Français, l’Imperatore diede un colpo di spugna al sistema previgente o lo sostituì con i suoi codici: raccolte organiche di leggi che si presentavano come un apparato chiuso di norme, autosufficiente e non eterointegrabile, capace di regolare ogni aspetto del vivere civile.
Il diritto oggi
Il modello codicistico ebbe ampio successo, si diffuse in Europa e nel mondo e conformò di sé la stessa realtà italiana. Oggi, però, dopo poco più di duecento anni da questi eventi, possiamo fare ancora affidamento solo sul codice, solo sulla legge? La risposta è no. Per più motivi.
Innanzitutto, perché il panorama si è nuovamente diversificato. A partire dal 1948 la Costituzione repubblicana è divenuta il nuovo apice della gerarchia delle fonti, imponendo un parametro a cui anche la volontà generale espressa dal legislatore deve adeguarsi. Sempre in una posizione di supremazia rispetto allo strumento legislativo, troviamo oggi anche talune norme di origine internazionale, come la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (1950), nonché il diritto dell’Unione Europea che, in determinate ipotesi, non solo ha efficacia diretta ma prevale anche sulla legge nazionale, portando in caso di conflitto, alla sua disapplicazione (si pensi ai Regolamenti dell’UE come il GDPR). Tutto ciò ha evidentemente contribuito a demolire il primato della legge.
Lo stesso strumento codicistico già nel secolo scorso è entrato poi in profonda crisi: i rapidi sviluppi della tecnica e dell’economia hanno costretto il legislatore a ricorrere sempre più massicciamente alla legislazione speciale esterna al codice, minando così la sua pretesa di completezza.
Infine, sebbene formalmente non sia fonte del diritto, oggi anche la giurisprudenza (l’insieme delle decisioni dei giudici), come ogni avvocato ben sa, ha una rilevanza non trascurabile. Le sentenze delle Corti apicali italiane - Corte di cassazione, Consiglio di Stato, Corte costituzionale - e quelle dei tribunali internazionali e sovranazionali, come la Corte di Giustizia o la Corte Europea dei diritti dell’uomo, sono sempre più parametri imprescindibili.
Direzioni e sfide per il futuro
Dobbiamo quindi preoccuparci? Stiamo per rivivere un nuovo confuso medioevo del diritto? Anche questa volta la risposta è no. Prima di tutto perché la storia non si ripete e poi perché proprio lo studio del passato ci ha dimostrato che un sistema eterogeneo di fonti, non riducibile alla sola legge, è stato in grado di reggere le sorti dell’Europa per centinaia di anni. Anzi l’attuale panorama può essere un’occasione per riappropriarsi di una dimensione giuridica più umana che non si esaurisca nel solo comando del legislatore.
Tutto ciò sempre tenendo a mente, però, che le istanze di certezza e democrazia fatte proprie dallo strumento legislativo, ancora oggi, non appaiono pienamente soddisfacibili da altre fonti, non in particolare dalla giurisprudenza dei tribunali, e che è quindi necessario vigilare perché un diritto più umano non torni ad essere anche un diritto arbitrario.
Proprio per questo, per formare cittadini consapevoli in grado di orientarsi nel complesso affresco qui sommariamente tratteggiato, sarebbe opportuno inserire materie storico-giuridiche, e non solo una generica educazione alla cittadinanza, nei curricula delle scuole superiore di qualunque indirizzo.