Mario Draghi, i giovani, e la Liguria
Nel discorso di Mario Draghi all’apertura del meeting di Rimini, ormai qualche settimana fa, emerge un forte richiamo alla nostra classe politica nel senso di dare maggiore attenzione ai giovani.
Draghi ci ricorda che il debito creato con la pandemia è senza precedenti e dovrà essere ripagato principalmente da coloro che sono oggi i giovani. È nostro dovere far sì che abbiano tutti gli strumenti per farlo pur vivendo in società migliori delle nostre. Per anni una forma di egoismo collettivo ha indotto i governi a distrarre capacità umane e altre risorse in favore di obiettivi con più certo e immediato ritorno politico: ciò non è più accettabile oggi. Privare un giovane del futuro è una delle forme più gravi di diseguaglianza.
Da troppi anni l’Italia si è dimenticata dei giovani, e la politica continua a ignorarli.
Un paese che non pensa ai giovani è un paese senza futuro. Del resto, in Italia il tasso di natalità è bassissimo, e certo non si aiutano i giovani con mance o mancette di corto respiro (bonus culle e altri annunci utili per l’articolo sul giornale o sui social del giorno dopo, e poi silenzio di tomba).
I nostri giovani vanno all’estero, il Sud si sta spopolando sempre più velocemente soprattutto di giovani, e nessun giovane straniero viene più in Italia; anzi, quelli che verrebbero volentieri li lasciamo fuori dai nostri confini, pensando forse che un paese di vecchi si autosostenga. Nulla di più sbagliato.
L’Italia è così tra i paesi più vecchi al mondo: l’ISTAT stima che tra 30-35 anni saremo, rebus sic stantibus, 40-45 milioni: un popolo, se non in via di estinzione, certamente in declino; e se ne facciano una ragione i sovranisti che dovranno accontentarsi di uno staterello irrilevante ed esclusivamente vittima e preda di scelte “straniere”.
La Liguria mostra un rapporto ancor più squilibrato tra anziani e giovani. Ormai molti giovani liguri neppure studiano più all’università genovese, e non certo per la cattiva qualità del nostro ateneo: più pragmaticamente, chi può permetterselo preferisce magari proiettarsi verso luoghi che garantiranno più opportunità di impiego e di lavoro. È un vero peccato, perché la nostra è una regione bellissima, dove la qualità della vita è comparativamente molto elevata, e che dovrebbe quindi attrarre, e non scacciare, le nuove generazioni.
Dobbiamo quindi investire sui giovani: dobbiamo chiedere attenzione e sostegno per politiche mirate di housing giovanile, con una cabina di regia che aiuti i giovani a venire in Liguria (a studiare e poi a vivere), metta in contatto domanda e offerta, dia sostegni mirati alle ristrutturazioni edilizie, contributi ai canoni di affitti dei giovani, promuova accordi con università e proprietà immobiliari; va favorito l’interscambio tra studio e lavoro, lanciate idee forti per radicare le imprese (industriali, agricole o di servizi) sul nostro territorio in funzione di aumentare il tasso degli occupati, soprattutto giovani.
Abbiamo un rettore e una consiliatura regionale che hanno davanti anni per trasformare queste idee in progetti concreti. È doveroso farlo.