Tullio de Mauro

Tullio de Mauro

L’improvvisa morte di Tullio De Mauro ha gettato nel lutto non solo il mondo della moderna linguistica scientifica, di cui De Mauro è stato in Italia uno dei fondatori (sua la traduzione italiana del fondamentale Corso di linguistica generale di Ferdinand De Saussure), ma anche quello della scuola, cui il professore scomparso ha dedicato anni di attenzioni (è stato anche Ministro della Pubblica Istruzione) e ricerche. De Mauro ha inventato in Italia la sociolinguistica, con un libro memorabile, la Storialinguistica dell’Italia unita del 1963, che racconta la storia della lingua attraverso quella della società, secondo un modulo da lui ripreso recentemente (2014) nella Storia linguistica dell’Italia repubblicana. A De Mauro gli studi di linguistica debbono anche la costruzione della più grande banca dati ragionata e interrogabile dell’italiano, quella che è stata utilizzata per il suo Grande dizionario italiano dell’uso (GRADIT), un enorme serbatoio di circa 250000 parole che consente, oltre la normale consultazione dizionaristica, anche straordinarie opportunità di ricerca scientifica. Alcune, le più importanti, le ha sviluppate De Mauro stesso, fornendo uno strabiliante apparato di numeri e tabelle (Parole e numeri 2005) che descrivono con efficace immediatezza la Fabbricadelle parole (2008).

Grande dizionario italiano dell'usoAlla scuola De Mauro ha dedicato l’attenzione del linguista e la sensibilità del politico, facendosi promotore di riforme importanti, non tutte coronate da uguale successo, ma tutte animate dal desiderio di allargare e assicurare la competenza linguistica dei giovani italiani. È troppo presto per chiedersi se la generosità intellettuale di De Mauro ha dato i frutti sperati, se l’insegnamento riformato dell’italiano nella media unica ha davvero migliorato gli italiani e la loro lingua. Ma è certo che De Mauro ha spinto gli insegnanti verso una prima impensabile dimensione scientifica e teoreticamente consapevole della lingua anche quando la si accosta dalla postazione didattica.

De Mauro è stato un attento osservatore dell’italiano. La prospettiva quantitativa da cui lo ha spesso esaminato è a volte entrata in conflitto col dato qualitativo percepito da molti (come quando invitava a non temere troppo i forestierismi perché costituiscono una percentuale minima del lessico italiano, ma poi doveva fare i conti col fatto che questa percentuale minima si situa in posizioni chiave, dominanti della società), ma la sensibilità politica dell’intellettuale lo ha sempre indotto a valutare i numeri secondo una media socialmente ponderata, per cui, pur non temendo in alcun modo gli anglismi, non taceva, nell’ultima intervista televisiva, il rischio che l’italiano possa uscire dal discorso scientifico, non solo, come inevitabile, internazionale, ma anche nazionale, con pesanti riflessi sociali. Infine De Mauro è stato uno di quei grandi professori che sono tanto eccellenti specialisti quanto aperti e poliedrici intellettuali (basta ricordare il suo recente lavoro come presidente del Premio Strega): un profilo dell’universitario che ha costituito per decenni la ragione dell’alta qualità della nostra università nel mondo e che oggi è purtroppo in via di affievolimento.

 

Vittorio Coletti
Dipartimento di Italianistica, romanistica, antichistica, arti e spettacolo



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