Trasformazione digitale e open government
Emergenze, PA e digitale
Ogni emergenza reclama le Istituzioni. L’approccio istituzionale all’emergenza – economica, migratoria o sanitaria che sia – richiede risposte contingenti e risposte strutturali, talvolta in apparente frizione. Le risposte strutturali vengono rielaborate incessantemente all’interno della dialettica politica e le fasi acute delle crisi tendono a favorire revisioni profonde di decisioni prese nel recente passato: la PA, tenuta ad approntare le azioni necessarie affinché le decisioni politiche raggiungano risultati coerenti con le aspettative, è in buona misura soggetta alla stessa sorte.
Tuttavia, almeno una linea di trasformazione della PA è rimasta stabile da alcune decadi e le emergenze incorse non ne hanno modificato l’orientamento, anzi, l’hanno accelerato. È il caso dell’incremento della digitalizzazione. Mediaticamente questo processo viene sintetizzato nel superamento dell’era in cui si stampa un documento, lo si firma, lo si scansiona e lo si rinvia in formato digitale. Siamo un po’ più in là di così!
Questo mutamento supera la mera funzione di convertire segnali analogici in digitali o viceversa e punta a integrare nel migliore dei modi la sfera analogica e fisica con quella digitale cercando di ottimizzare la gestione della complessità delle informazioni attraverso operazioni automatiche, semi-automatiche e manuali.
L’Unione europea e la trasformazione digitale
L’UE, dopo aver esplorato le diverse opportunità a partire dalla fine degli anni Ottanta, si è orientata, all’inizio del nuovo secolo, verso la garanzia di maggiore accesso, in termini di visibilità, ai processi decisionali da parte dei cittadini europei (e-democracy).
Dopo i primi dieci anni del Duemila l’accento è stato spostato sulla necessità di incrementare il libero mercato (Digital Single Market) all’interno dell’Unione (e-commerce).
Dal 2015 è stato individuato come obiettivo prioritario il rafforzamento delle PA sul territorio europeo in termini di attivazione del cittadino e dell’impresa nei processi amministrativi, con la conseguente estensione delle loro possibilità di gestire i dati che li riguardano e che sono in possesso della PA (e-government).
Alla luce di ciò è opportuno optare per l’espressione “trasformazione digitale” della PA – al posto di “digitalizzazione” – riferendosi così alla strategia che viene adottata nell’orientare la digitalizzazione in una direzione specifica, con degli obiettivi altrettanto specifici che impattano a livello sociale cambiando il tipo di interazioni, le strutture di riferimento, le forme del lavoro e influenzando il decision-making.
L’open government
Per la trasformazione digitale della PA è stato definito un modello di riferimento: l’open government. L’idea di governo open deve molto alla direttiva varata negli Stati Uniti dal presidente Obama alla fine del 2009 secondo la quale tutte le agenzie dei dati – non soggette a restrizioni – avrebbero dovuto procedere alla loro pubblicazione online in formato open. Poco dopo nasce l’Open Government Partnership (OGP), un’iniziativa internazionale fondata da Brasile, Gran Bretagna, Indonesia, Messico, Norvegia, Repubblica delle Filippine, Sudafrica e Stati Uniti per fare pressione sui governi affinché promuovano la trasparenza, la partecipazione civica, la lotta alla corruzione e la diffusione di nuove tecnologie a sostegno dell’innovazione e dell’accountability.
L’Italia ha aderito da subito alla OGP sottoscrivendo la Open Government Declaration (2011) e impegnandosi a sostenere l’open government come modello di amministrazione pubblica. Il Quarto Piano d’azione nazionale per l’open government è stato varato nel 2019 definendo le azioni strategiche in materia di governo aperto per il periodo 2019-2021. Fra queste si segnala l’intento di recuperare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni rispetto ai processi decisionali e di rispondere alla domanda dei cittadini di maggiore impegno individuale e desiderio di intervenire in prima persona (Dipartimento della funzione pubblica).
I servizi digitali al cittadino
Il modello di open government che si sta diffondendo – in Italia con un continuo cambio del sistema di governance e conseguente discontinuità del processo – mira a ridurre la distanza e l’asimmetria tra il cittadino e le istituzioni amministrative orizzontalizzandone la relazione.
La digitalizzazione dei servizi alla persona da parte delle pubbliche amministrazioni – si pensi a SPid, PagoPA, fascicolo sanitario elettronico e a molti altri servizi specifici a livello regionale – costituisce una fortissima spinta in questa direzione rendendo il cittadino parte attiva nell’erogazione del servizio: il cittadino “diventa” istituzione operando direttamente all’interno del processo. Questa “rivoluzione” in Italia è ancora in buona misura alle porte poiché la logica cittadinocentrica promossa nell’implementazione dei servizi digitali è ancora – sembra di poter sostenere – più formale che sostanziale: a rallentare la sua affermazione sono vari fattori fra i quali anche la scarsa consapevolezza da parte della classe dirigente che il digitale costituisca una risorsa politica sempre più preziosa nella società in via di costituzione e la riduzione della transizione digitale alla sfera tecnica e tecnologica o a problemi organizzativi e di competenze del personale.
Un’occasione per un “cambio di passo” – che, guardando al nostro territorio, Liguria Digitale pare aver colto proficuamente – proviene dall’attuale emergenza sanitaria in corso che reclama – con urgenza – la migliore risposta della PA digitale ai bisogni del cittadino, delle imprese, delle attività economiche e commerciali. Si tratta della congiuntura che offre un inedito margine – purtroppo dovuto alla situazione drammatica – per adeguare davvero i servizi digitali agli utenti, lungo le linee di riscrittura del vivere insieme che le compagini sociali, nell’esperire l’emergenza, stanno conducendo nei diversi territori.