UniGe e INFN alla ricerca della materia oscura
L’Universo è da sempre fonte di studio e ispirazione per l’umanità, e da sempre ci stupisce con fenomeni nuovi e misteriosi. Se è molto nota la rivoluzione copernicana, che ci fece passare dal modello geocentrico a quello eliocentrico, meno impresse nell’immaginario collettivo sono la presa di consapevolezza che il Sole è solo una piccola stella in una galassia che ne contiene altre centinaia di miliardi, ma forse il salto più grande lo si è avuto poco più di un secolo fa, quando ci si rese conto che la nostra Via Lattea è solo una di centinaia di miliardi di altre galassie. L’Universo è quindi spaventosamente grande e contiene un numero di stelle di gran lunga superiore ai granelli di sabbia di tutte le spiagge del mondo, ma le sorprese non erano finite. Ormai da decenni si osservano fenomeni, in particolare legati al movimento delle stelle nelle galassie, ma anche al moto reciproco tra galassie stesse, che ci indicano che oltre alle stelle c’è di più, molto di più. Oggi stimiamo che la materia visibile dell’Universo sia meno del 5% del totale, e ignoriamo che cosa sia il resto.
Un certo numero di osservazioni ed esperimenti ci ha permesso di escludere molte possibilità: possiamo dire, in base alla composizione chimica delle stelle più antiche, che questa materia oscura non può essere formata da atomi come quelli che compongono la materia visibile, e in base alla dinamica della formazione delle galassie possiamo escludere si tratti di neutrini, che pure sappiamo esistere in numero mostruosamente grande, centinaia di miliardi per centimetro quadrato. Per questo, ormai da anni gli scienziati si rivolgono alla fisica delle particelle per cercare di trovare qualche candidato esotico che possa contribuire a colmare quel 95% di Universo che ancora non conosciamo.
Andrea Celentano: un ERC starting grant per la ricerca della materia oscura
L’Università di Genova, con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, è coinvolta in alcuni delle maggiori iniziative a livello mondiale per la ricerca della materia oscura, ed è recente la notizia del conferimento a un giovane ricercatore genovese dell’INFN, Andrea Celentano, di un prestigioso grant dell’European Research Council. Andrea collabora da anni con il Thomas Jefferson National Accelerator Facility, in Virginia, Stati Uniti, e affianca all’attività di ricerca l’insegnamento presso il nostro ateneo.
Il finanziamento permetterà ad Andrea Celentano di realizzare un esperimento presso il CERN di Ginevra per la ricerca di materia oscura, sfruttando un fascio di positroni – le anti-particelle degli elettroni – di alta energia che colpisce un bersaglio spesso. L’idea alla base dell’esperimento POKER (POsitron annihilation into darK mattER) è la possibilità di produrre particelle di materia oscura tramite l’annichilazione dei positroni del fascio con gli elettroni atomici del bersaglio. Nella annichilazione, tutta l’energia E della coppia elettrone-positrone si converte in nuove particelle, secondo la nota relazione E=mc2, dove c è la velocità della luce e m la massa invariante di tutte le particelle prodotte. L’esperimento proposto da Andrea Celentano cercherà di individuare, nel grande insieme di particelle tradizionali prodotte durante la collisione, la possibile produzione di materia oscura.
Per misurare questi eventi di segnale POKER utilizzerà la tecnica dell'energia mancante: il rivelatore è il bersaglio stesso, di tipo attivo, in grado di misurare per ciascun positrone incidente l’energia totale depositata all’interno. Il bersaglio è costituito da cristalli scintillanti in tungstato di piombo (PbWO4), capaci di emettere un lampo di luce in seguito alla deposizione di energia da parte di particelle al loro interno (la stessa tecnologia è utilizzata, ad esempio, per il calorimetro elettromagnetico dell’esperimento CMS ad LHC).
Nell’esperimento POKER, nel caso di eventi di fondo, come la produzione di particelle tradizionali, l’intera energia del positrone incidente è depositata nel bersaglio e nei sistemi di veto attivo che lo circondano. Nel caso di produzione di materia oscura leggera, invece, quest’ultima sfuggirebbe dal rivelatore portando con sé una grande frazione dell’energia del positrone incidente: l’energia misurata dal bersaglio attivo risulterebbe quindi significativamente inferiore a quella del fascio. L’obiettivo del progetto POKER è realizzare una prima misura dimostrativa di questa nuova metodologia sperimentale che possa preparare la strada ad un futuro esperimento su grande scala.
Esperimento DarkSide
L’attività di ricerca in cui sono coinvolti ricercatori genovesi coinvolge esperimenti molto diversi da POKER, come DarkSide che è un esperimento che ha come obiettivo la rivelazione di particelle di materia oscura in modo diretto ossia sfruttando la velocità relativa tra la Terra e l’alone di materia oscura che ci circonda. L’esperimento è situato presso i Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN e usa una camera a proiezione temporale a doppia fase riempita con Argon liquido depleto in 39Ar come rivelatore. Grazie a un’accurata strategia di selezione dei materiali e di reiezione dei segnali che potrebbero essere simili ad interazioni di materia oscura dovuta (per esempio interazione di neutroni), DarkSide è un esperimento a fondo nullo. Attualmente la versione DarkSide-50, contenente 50 kg di Argon liquido ultrapuro, è in fase di presa dati e la collaborazione è impegnata nella finalizzazione del progetto e costruzione di DarkSide-20k che permetterà di aumentare la massa del rivelatore di un migliaio di volte e utilizzerà tecnologie innovative per la rivelazione della luce di scintillazione prodotta dall’argon liquido. DarkSide-20k porterà all’estremo la tecnologia per la rivelazione di luce alle bassissime temperature a cui opera il rivelatore con lo sviluppo di sensori di luce al silicio così come la separazione degli isotopi dell’argon grazie ad apparati sviluppati appositamente.
Altri esperimenti, non esplicitamente rivolti alla ricerca della materia oscura, hanno comunque una importante potenzialità di scoperta. Ne citiamo due in particolare, per i quali i colleghi genovesi hanno dato un contributo sostanziale.
Esperimento CUORE
CUORE (Cryogenic Underground Observatory for Rare Events) è un esperimento che si prefigge di misurare un decadimento molto raro dell’isotopo 130 del tellurio. Questo decadimento, se osservato, darebbe un’interpretazione unica alla natura del neutrino: si basa sulla misura ad altissima precisione dell’energia di decadimento dei nuclei radioattivi e per operare si trova a una frazione di grado sopra lo zero assoluto, con una massa di circa una tonnellata, perché quell’isotopo del tellurio ha una radioattività estremamente bassa. Di CUORE diciamo che è il metro cubo più freddo dell’Universo conosciuto, e questo rende l’idea delle difficoltà tecnologiche dietro un simile esperimento. Questo volume così grande e questa sensibilità così estrema potrebbero rivelare eventi molto rari di interazione di particelle pesanti di materia oscura, negli anni di presa dati che CUORE sta facendo.
Esperimento KM3NeT
Un altro esperimento che potrebbe osservare segnali particolari di materia oscura è il telescopio sottomarino per neutrini KM3NeT: il nome sta in questo caso a significare l’enorme volume del rivelatore, dell’ordine di alcuni chilometri cubi. Miliardi di litri d’acqua osservati da migliaia di rivelatori di luce sensibili al singolo fotone a oltre 2000 metri di profondità nel mare Mediterraneo, alla ricerca di segnali di neutrini di alta energia provenienti dalle profondità del cosmo, potrebbero essere sensibili a segnali provenienti dalla disintegrazione di coppie di particelle di materia oscura, soprattutto se questa si concentrasse, a causa della forza di gravità, al centro del Sole o al centro della Galassia. In quel caso si vedrebbe un eccesso di segnali provenienti da certe direzioni, sempre con le stesse energie. Anche KM3NeT, attualmente in costruzione, prenderà dati per molti anni a venire.
Cerchiamo risposte al grande quesito
La ricerca della materia oscura è oggi uno dei grandi temi della fisica e l’Università di Genova, insieme all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, è in prima linea negli esperimenti che cercano di rispondere al grande quesito: di cosa è fatto quasi tutto ciò che ci circonda?