Il cancro rappresenta una sfida che gli immunologi hanno accettato, negli ultimi decenni, cercando di comprendere come potenziarne l'aggressione da parte del sistema immunitario. Il tumore, almeno nelle sue fasi più avanzate, mette purtroppo in pratica diverse strategie con le quali riesce a bloccare l’attività di cellule particolarmente rilevanti nella lotta alla malattia quali i linfociti Natural Killer (NK) e i linfociti T citotossici.
Approcci di possibile cura del cancro si avvalgono di farmaci biologici intelligenti volti a "togliere il freno" al sistema immunitario e a potenziarlo; il Premio Nobel per la Medicina e la Fisiologia è stato assegnato nel 2018 a Tasuku Honjo e James Allison che hanno scoperto la natura di alcuni di questi “freni”, ora denominati Immuno checkpoints.
Si colloca nell’ambito dell’immunologia dei tumori lo studio recentemente pubblicato sul tumore pediatrico neuroblastoma (NB); lo studio, sviluppato da un gruppo di lavoro coordinato da Roberta Castriconi, professore associato di Istologia del Dipartimento di medicina sperimentale - DIMES dell’Università di Genova, vede come primo autore Alessandra Dondero, ricercatrice di Istologia dello stesso Dipartimento, ed è stato svolto in stretta collaborazione con ricercatori e clinici dell’IRCCS Giannina Gaslini, da sempre centro di riferimento per la lotta al neuroblastoma, tra cui Cristina Bottino, docente UniGe di Patologia generale e responsabile del Laboratorio di Immunologia clinica e sperimentale, Alberto Garaventa e Massimo Conte.
La ricerca si è avvalsa inoltre della partecipazione del prof. Franco Locatelli e della dott.ssa Aurora Castellano dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma e della dott.ssa Annalisa Tondo dell’Ospedale Pediatrico Meyer di Firenze.
Il neuroblastoma, nelle forme definite ad alto rischio, è purtroppo una neoplasia a prognosi sfavorevole. Il trattamento prevede una terapia combinata molto aggressiva che comprende anche l’immunoterapia con anticorpi monoclonali che, riconoscendo la molecola GD2 espressa dal tumore, potenziano la risposta immunitaria. Tuttavia, nel midollo osseo di alcuni pazienti, una delle principali sedi di metastatizzazione o ripresa di malattia, sono state osservate cellule di neuroblastoma che non esprimono GD2 e per le quali l’immunoterapia standard potrebbe risultare inefficace.
Lo studio del gruppo di ricerca UniGe attualmente pubblicato su Journal for Immunotherapy of Cancer (DOI: 10.1136/jitc-2020-002293) descrive un metodo diagnostico affidabile che consente con rapidità e precisione di identificare e quantificare nel midollo osseo le varianti tumorali GD2 negative.
Aspetto ulteriormente interessante dello studio è la dimostrazione che anche queste varianti esprimono alti livelli di B7-H3, una molecola di superficie che in questi pazienti rappresenterebbe un ottimo bersaglio terapeutico alternativo.
Nel 2004 Roberta Castriconi e collaboratori avevano per primi descritto la molecola B7-H3 come un marcatore altamente espresso dalle metastasi midollari di neuroblastoma in grado di inibire l’attività delle cellule Natural Killer. Il ruolo inibitorio di B7-H3 è stato confermato in diversi sistemi sperimentali e da altri gruppi di ricerca e B7-H3 è stato inserito nella lista degli Immuno checkpoints. Inoltre, B7-H3 non è presente sulla superficie della quasi totalità delle cellule sane ma è invece molto espresso dai vasi sanguigni tumorali; ciò rende il bersagliamento di B7-H3 un importante strumento anche per limitare la neoformazione di vasi, fenomeno notoriamente promotore di crescita tumorale.
Importanti studi preclinici stanno dimostrando la sicurezza e l’efficacia di strategie volte a bersagliare B7-H3 con anticorpi monoclonali o linfociti modificati con un recettore chimerico (note come cellule CAR) nel neuroblastoma e in altri tipi tumorali. I dati sembrano molto promettenti e, se fossero confermati, l’approccio diagnostico personalizzato proposto dal gruppo diretto da Roberta Castriconi consentirebbe di identificare velocemente i pazienti con neuroblastoma GD2 negativo che potrebbero trarre beneficio da una immunoterapia innovativa che ha come bersaglio proprio la molecola B7-H3.
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