Il diritto dello spazio: vecchi principi per nuove frontiere
Quando si parla di diritto dello spazio ci si riferisce alle norme di origine internazionale (Trattati o consuetudini) che disciplinano l’accesso allo spazio extra-atmosferico e all’utilizzo delle risorse che ivi si trovano. Tale concetto viene spesso accostato a quello di diritto delle attività spaziali che comprende le norme nazionali, europee o internazionali che invece disciplinano l’evoluzione delle attività spaziali o di quelle attività che hanno origine nello spazio ma che hanno poi ripercussioni dirette sulla terra (attraverso i c.d. servizi downstream).
OST, il trattato del '66 ancora in vigore
La materia in oggetto può sembrare una nuova frontiera della regolamentazione giuridica, ma la sua origine risale agli anni Sessanta, quando le Nazioni Unite hanno promosso l’elaborazione dell’Outer Space Treaty (Treaty on Principles Governing the Activities of States in the Exploration and Use of Outer Space, including the Moon and Other Celestial Bodies del 1966, detto anche OST, entrato in vigore nel 1967 e ratificato da più di 100 Stati), un Trattato internazionale contenente i principi generali che governano le attività degli Stati nello spazio extra-atmosferico.
È opportuno sottolineare che, seppur sia un atto piuttosto datato, tale strumento è tutt’ora in vigore e le norme da esso previste sono ancora oggi poste a regolamentazione delle attività spaziali.
Fra le regole generali previste nell’OST si rintracciano il principio di libero accesso e libero utilizzo dello spazio da parte di tutti gli attori della Comunità internazionale, il principio di non appropriazione dello spazio e dei corpi celesti, il principio di utilizzo pacifico dello spazio, il principio di cooperazione internazionale, il principio di responsabilità statale per i danni causati dalle attività spaziali indipendentemente dal fatto che tali attività siano riconducibili allo Stato o a privati che operano sul territorio nazionale (il legame fra l’impresa privata e lo Stato responsabile viene individuato attraverso la nozione di Stato di lancio, concetto idoneo a ricomprendere sia lo Stato dal cui territorio si procede al lancio sia lo Stato che procura tale lancio non avendo al proprio interno un’infrastruttura idonea a lanciare oggetti nello spazio).
A tale primo Trattato seguono poi ulteriori 4 trattati internazionali, la cui adozione è stata ugualmente promossa dalle Nazioni Unite che si occupano di specificare e dettagliare alcune previsioni dell’OST e il cui successo in termini di adesione di Stati è andato decrescendo progressivamente.
La nascita della Space Economy
Senza andare nel dettaglio delle ragioni che hanno portato alla crisi della regolamentazione internazionale delle attività spaziali, è sufficiente sottolineare che fra la fine degli ani Sessanta e i primi anni Novanta l’evoluzione delle tecnologie spaziali ha reso evidenti le potenzialità, non solo scientifiche ma anche economiche, dei sistemi spaziali e delle applicazioni che su di essi si basano, circostanza che ha dato origine alla c.d. Space Economy e al progressivo intervento degli attori privati nella sfera delle attività spaziali. Dal punto di vista giuridico questa circostanza ha portato a crescenti difficoltà nel trovare una posizione comune fra i diversi Stati della Comunità internazionale, in quanto le esigenze dei c.d. Stati lanciatori si scontrano con quelle degli Stati che pur avendo interesse nei risultati delle attività spaziali non sono però in grado di attuarne di proprie (per mancanza di risorse economiche o tecnologiche all’interno del proprio territorio). A fronte quindi di un’immobilità del quadro normativo internazionale, che sostanzialmente si è cristallizzato nei pochi principi generali sanciti all’origine delle attività umane nello spazio, assistiamo a una crescente regolamentazione a livello nazionale da parte degli Stati lanciatori.
Più specificamente, negli ultimi anni le norme statali si sono incentrate nel disciplinare istituti o fattispecie la cui verificazione e attuazione non era nemmeno prevedibile al momento della conclusione dell’OST (fra cui ad esempio il turismo spaziale) o nell’interpretare i principi generali nel senso di acconsentire attività che secondo un’interpretazione letterale e rigida sarebbero precluse, ma che invece assumono sempre più rilevanza nell’ottica dello sfruttamento economico dello spazio. In tal senso vanno le disposizioni nazionali che consentono lo sfruttamento delle risorse spaziali da parte di compagnie private previa autorizzazione dello Stato in cui tale compagnia opera (i.e. la legge adottata in Lussemburgo nel 2017) oppure quelle che prevedono la costituzione di corpi militari speciali dedicati alla difesa spaziale (i.e. la Space Force attivata dall’amministrazione Trump negli USA).
Interesse dell'umanità vs interessi economici
A fronte di lacune normative esistenti a livello internazionale, vuoi per la generalità delle norme previste dalle convenzioni o per l’assenza di previsioni specifiche, lo Stato è senz’altro legittimato ad adottare norme nazionali autonome che disciplinano le attività spaziali che hanno origine nel proprio territorio e dirette a perseguire l’interesse nazionale in tale settore, ma la legittimità di tali previsioni deve essere valutata anche con riguardo all’assunto preliminare all’OST in base al quale lo spazio deve essere utilizzato ed esplorato nell’interesse dell’intera umanità, principio che sembra essere il fondamento stesso delle norme generali della cui interpretazione e applicazione si tratta. L’applicazione concreta di detto principio risulta però particolarmente complessa, soprattutto quando la contrapposizione fra Stati lanciatori e non lanciatori si sposta dal piano della ricerca puramente scientifica a considerazioni di stampo economico.
Lo studio critico del diritto dello spazio oggi ci permette di garantire l’attuazione dei principi internazionali alla luce delle nuove esigenze di carattere economico e scientifico che caratterizzano il settore, regolamentando le nuove attività tenendo in considerazione i diversi soggetti coinvolti (Stati, industria, imprese private, organizzazioni internazionali ma anche la “umanità” intesa come soggetto a se stante portatore di uno specifico interesse).