Il Premio Nobel per la Fisica 2019

Il Premio Nobel per la Fisica 2019 guarda al cosmo

A quello, relativamente più vicino, dei pianeti extrasolari e, contemporaneamente, a quello più lontano nello spazio e nel tempo del Big Bang. Tre gli scienziati che si divideranno i 9 milioni di corone svedesi (circa 835.000 euro al cambio attuale): gli svizzeri Michel Major e Didier Queloz e il canadese James Peebles.

Accumunati genericamente dall’occuparsi di astronomia e dall’aver aperto nuove frontiere nel campo della planetologia (i primi) e della cosmologia (il terzo) ma da ben poco altro, tanto sono differenti i rispettivi campi di ricerca.

Il Nobel per i pianeti extrasolari

Nell’ottobre 1995, quindi esattamente 24 anni fa, Major e Queloz annunciarono a un convegno sulle stelle fredde che si svolgeva a Firenze la presenza di un pianeta attorno a 51 Pegasi, una stellina quasi invisibile a occhio nudo posta nella costellazione di Pegaso, a 50 anni luce da noi. Era una notizia attesa da tempo e in qualche modo preconizzata da Giordano Bruno che sugli “infiniti mondi” si era giocato la reputazione e molto altro: venne infatti bruciato vivo per eresia a Campo de’ Fiori a Roma nel febbraio del 1600. I due scienziati svizzeri, usando il telescopio francese dell’Osservatorio di Haute-Provence ed equipaggiandolo con Elodie, uno spettrografo molto sensibile, scoprirono che 51 Pegasi subiva delle perturbazioni che la facevano ondeggiare periodicamente e che lasciavano la loro “impronta” nelle righe spettrali della sua luce. Era il segnale inequivocabile della presenza di un corpo perturbatore invisibile molto vicino a lei, che completava la sua orbita in appena 4 giorni terrestri. I calcoli relativi alla massa conclusero che si trattava di un pianeta simile al nostro Giove, anche se più massiccio e più caldo. E, soprattutto, quasi a contatto con la sua stella a differenza dei pianeti del Sistema Solare: “appena” 7 milioni di km contro i 58 del nostro Mercurio. Da allora lo sviluppo degli strumenti e delle tecniche osservative hanno permesso di superare la soglia dei 4000 pianeti extrasolari oggi noti, facendo diventare la ricerca di un pianeta gemello della Terra un ambitissimo campo di ricerca della moderna astronomia.

Il Nobel per la cosmologia

James Peebles, invece, si è occupato di qualcosa di molto più lontano e, se possibile, ancora più sfuggente: la radiazione cosmica di fondo, l’eco primordiale uscito dal Big Bang che venne trovato, quasi per caso, da altri due fisici nel 1964, Arno Penzias e Robert Wilson (insigniti poi dal Nobel nel 1978). Proprio mentre era alla ricerca di questa radiazione insieme allo scomparso Robert Dicke, fu contattato dai due colleghi che non riuscivano a spiegare un’anomalia nella radiazione a microonde che avevano misurato mentre conducevano un esperimento per i Bell Laboratories. Dicke e Peebles compresero subito che quel disturbo era invece proprio quello che stavano cercando e annunciarono al loro gruppo che erano stati preceduti (we have been scooped!). Ripeterono subito le misure e furono in grado di dare l’interpretazione teorica del fenomeno portando l’evidenza sperimentale decisiva per l’affermazione della teoria del Big Bang, che prevedeva proprio la presenza di una radiazione similare. Negli anni successivi Peebles capì che la temperatura della radiazione poteva fornire informazioni su quanta materia si fosse creata dopo il Big Bang aprendo così la strada agli studi sulla materia oscura.

Possiamo quindi affermare che se per Peebles il Nobel è quasi un giusto risarcimento per non averlo ottenuto insieme a Penzias e Wilson (un po’ come se la scoperta dell’America fosse attribuita a Rodrigo de’ Triana – il primo uomo ad avvistare “terra” – invece che a Cristoforo Colombo), per Major e Queloz si tratta invece di premiare la velocità con cui riuscirono a bruciare sul tempo altri scienziati che stavano per effettuare la loro stessa scoperta ma che non immaginavano che potessero esistere dei pianeti giganti così vicini alle loro stelle. Anche se, a onor del vero, i primi pianeti in assoluto ad essere confermati dalla comunità scientifica furono quelli scoperti nel 1992 da Alexander Wolszczan, un astronomo polacco che ne identificò due in orbita attorno a una pulsar (il resto di una stella esplosa) sulla base delle irregolarità osservate nel periodo di pulsazione di questi strani astri. Per non parlare del controverso oggetto scoperto da David Latham dell’Università di Harvard che nel 1989 rilevò la presenza di un controverso oggetto in orbita attorno alla stella HD114762 nella Chioma della Berenice che dovrebbe quindi essere considerato come il primo esopianeta mai scoperto. Stranezze da Nobel…

di Walter Riva