Genovesi ad Akko nel Medioevo

La Missione Archeologica italo-israeliana a San Giovanni d’Acri

APAI – Associazione Italia-Israele di Genova promuove e organizza una presentazione dell’attività di ricerca condotta dalla missione archeologica italo-israeliana ad Akko, nome ebraico di San Giovanni d’Acri, in Israele, a partire dal 2006.

I principali risultati delle indagini condotte in loco saranno illustrati da Fabrizio Benente, Prorettore UniGe alla terza missione, il 9 novembre, alle ore 17.00, nell’Aula Magna dell’Università di Genova, Via Balbi 5. L’intervento sarà introdotto da Bruno Gazzo, Presidente APAI.

Locandina evento 9 novembre 2021

Il progetto

Il progetto di studio del quartiere medievale genovese di San Giovanni di Acri (Israele) è stato avviato nel 2006 ed è stato pienamente operativo fino al 2018, con attività di scavo, ricognizione e studio di reperti. Le indagini archeologiche sono state condotte dalla Cattedra di Archeologia Medievale dell’Università di Genova, in collaborazione con l’ente di tutela nazionale israeliano (Israel Antiquity Authority) e sono state cofinanziate dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. L’equipe dei ricercatori è stata inizialmente diretta da Carlo Varaldo e successivamente da Fabrizio Benente, che ha condiviso la responsabilità scientifica degli scavi con gli archeologi israeliani Eliezer Stern e Edna Stern. Hanno partecipato agli scavi diversi specializzandi e dottorandi dell’Ateneo genovese. Le ricerche hanno riguardato soprattutto il quartiere medievale dei Genovesi, con importanti scoperte in relazione alla topografia urbana e all’organizzazione dell’insediamento.

Eliezer Stern – Edna Stern – Fabrizio Benente
Eliezer Stern ed Edna Stern (Israel Antiquities Authority) con Fabrizio Benente (Università di Genova)
nel sito archeologico nel corso della campagna di scavo 2018

Genovesi in Oltremare

Le vicende della presenza genovese in Oltremare e ad Acri sono state oggetto di ampia trattazione della storiografia del secolo scorso e, in tempi assai più recenti, si sono arricchite di importanti dati archeologici. A seguito del ruolo della flotta nell’impresa della conquista di Acri (maggio 1104), Baldovino concesse ai Genovesi la terza parte della città, con un terzo del reddito della città stessa e del porto e un terzo del territorio peri-urbano per il raggio di una lega, oltre a una rendita fissa di trecento bisanti annui. Il supporto navale era considerato indispensabile, anche se il comportamento dei Genovesi in occasione della presa della città non sembrerebbe essere stato ineccepibile. Secondo la testimonianza di Alberto di Aquisgrana, i Genovesi si sarebbero dati al saccheggio, contravvenendo ai patti di resa precedentemente convenuti. Il fatto che i privilegi siano stati comunque accordati testimonia l’importanza attribuita da Baldovino al loro supporto militare.

Acri varco nord
Il varco d’accesso da nord alla ruga cooperta. Rilievo e ipotesi di ricostruzione (rilievo Israel Antiquity Authority. Si ringrazia Vardit Shotten-Hallel).
Particolare dell’area durante lo scavo 2015.
Risultano ben visibili la feritoia/arciera e il paramento a bugnato del lato Nord dell’edificio Kesten 52. Il varco risulta tamponato e bloccato da una muratura che riutilizza elementi di crollo, disposti senza malta

L’ubicazione dell’area rurale concessa è parzialmente ricostruibile sulla base del ritrovamento di alcuni termini confinari in pietra, che recano chiaramente incisa la scritta Ianua. Le terre localizzate a Cochetum (Bet ha-‘Emeq) erano disposte lungo la strada regia per Cafriasin ed erano delimitate da undici pietre confinarie. I tre cippi in arenaria locale rinvenuti negli anni’70-’80 dai coloni di Sham Hrat segnavano, con tutta probabilità, il confine tra le terre dei Genovesi a nord e la proprietà degli Ospedalieri, posta a sud, a una distanza di circa 8 chilometri dalla città di Acri.

Lo stanziamento urbano dei Genovesi era sicuramente il più antico tra quelli assegnati dal Regno alle città mercantili europee, ma le informazioni relative all’organizzazione della ruga sancti Laurencii anteriormente alla disfatta di Hattin (1187) non sono molto numerose, mentre diventano decisamente più cospicue dopo la riconquista della città (1189/91), avvenuta con un notevole supporto bellico ed economico genovese. Alcuni indizi documentari rivelano che gli Embriaci (di Genova), dopo un importante ruolo iniziale nella gestione dei possedimenti del Comune in Oltremare e ad Acri, avevano progressivamente ridimensionato la loro sfera d'azione. Nel XIII secolo la comunità genovese in Siria e ad Acri era retta da consoli e podestà inviati da Genova. Tra i compiti dei magistrati, oltre a quello di amministrare le corti di giustizia, emerge quello di controllare e gestire i beni di proprietà comunale. Genova nel 1222 intervenne direttamente per evitare alienazioni dei beni e diritti. Per questo motivo, ossia per una maggiore attenzione alla gestione dei possedimenti nel Levante e nella riscossione dei censi, furono compilati due dettagliati inventari delle proprietà ad Acri (1249) e a Tiro (1250). Si tratta, oggi, di strumenti fondamentali per una comprensione della presenza genovese negli insediamenti urbani della Siria a metà del XIII secolo. A distanza di pochi anni, la guerra civile di San Saba (1257-1258) mutò drasticamente il quadro della presenza coloniale genovese ad Acri. Questo drammatico cambiamento e il conseguente abbandono del quartiere acritano hanno lasciato tracce materiali che sono state individuate nel corso dei recenti scavi nella ruga cooperta di Akko.

Acri e i principali centri dell’Oltremare latino
Acri e i principali centri dell’Oltremare latino (a sx).
A destra, veduta aerea di Acri, racchiusa dalle mura ottomane del XVIII/XIX secolo.
Alla destra della cupola verde della moschea di Al-Jazar (1781-1782) è ben visibile il perimetro della cittadella fortificata ottomana, che ingloba il quartiere generale medievale dei Cavalieri di San Giovanni.

Il quartiere dei Genovesi ad Akko

All’individuazione e alla ricostruzione topografica del quartiere genovese sono dedicati i lavori di Abel (1934), Kesten (1962), Benvenisti (1970), Jacoby (1977), Kedar e Stern (1992), Kool (1997) e di Musarra (2017). Grazie a questi studi è oggi possibile individuare con una certa precisione il sito della chiesa di San Lorenzo, la ruga cooperta e la ruga de Triabus Meagis, nonché l’ubicazione dei principali palazzi e torri e della porta fortificata meridionale.

Guardando alle fonti d’archivio, quasi tutti gli studiosi hanno concentrato il loro interesse su due mappe risalenti ai primi decenni del XIV secolo, redatte dopo la definitiva conquista musulmana di Acri (1291) e sull’inventario dei redditi riscossi dal Comune di Genova tramite la gestione dei possessi ad Acri, datato 14 luglio 1249, ossia pochi anni prima della sconfitta genovese nella guerra di San Saba.

Pianta di Pietro Vesconte
Riproposizione seicentesca della pianta di Pietro Vesconte (XIV secolo)
(rielaborazione da: Liber Secretorum fidelium Crucis, Boudoin, Parigi 1643)

Nella carta disegnata dal genovese Pietro Vesconte e compresa nel Liber secretorum fidelium crucis di Marin Sanudo “il Vecchio”, e nella mappa che illustra diverse versioni della cronaca universale di Paolino Veneto, vescovo di Pozzuoli, la città di Acri è riprodotta con il dettaglio delle mura e di alcuni quartieri. Il quartiere genovese è genericamente indicato dalla scritta Januenses ed è situato nella zona occidentale della città. Entrambe le carte sono state ampiamente utilizzate nei primi tentativi di definizione dei confini e dell’estensione dell’insediamento urbano genovese.

Acri – pianta di Paolino Veneto
Particolare della pianta di Acri dalla cronaca di Paolino Veneto, vescovo di Pozzuoli (Roma, Vat. lat, Ms.1960, fol. 268v) e della mappa di Mattew Paris (Cambridge, Corpus Christi College, Ms. 26, fol. 3v.-4r)

La chiesa che, nella mappa di Pietro Vesconte, appare sul lato ovest della scritta Ianuenses è stata generalmente identificata con la chiesa di San Lorenzo, ben menzionata dalle fonti. La sua ubicazione viene fatta coincidere, a opinione della maggioranza degli studiosi, con il sito dell’attuale chiesa greco ortodossa di San Giorgio. Benjamin Kedar e Eliezer Stern, grazie a una prima ricognizione archeologica, hanno proposto una ricostruzione dell’andamento della ruga cooperta menzionata dalle fonti scritte del XIII secolo. Da queste intuizioni ha preso l’avvio il progetto di ricerca archeologica condotto dall’Università di Genova. Il censimento dei beni genovesi traccia un efficace affresco dell’insediamento, con la chiesa di San Lorenzo, la vicina turris vetera comunis, la turris nova comunis, una piazza (anch’essa di proprietà del Comune), la ruga cooperta, una strada de Triabus Meagiis, una seconda turris vetera di proprietà privata, un forno, un jardinum, entrambi di proprietà del comune di Genova. Sono menzionati alcuni palazzi (ben tre di questi erano ubicati nella ruga cooperta), tra cui il palacium vetus comunis subtus quod tenetur curia e un palacium logiae comunis. Nell’inventario figurano case, botteghe, magazzini commerciali e banchi di cambio, una ecclesia Sancti Jacobi, una gastina (lotto di terra non edificata) e alcune terre poste fuori città.

L’inventario menziona 74 edifici, distribuiti tra proprietà dirette del comune (5 palazzi, 2 torri e 27 case), della chiesa di san Lorenzo e possessi privati di cittadini genovesi residenti ad Acri (38 edifici, 1 torre e 1 guastina). Gli edifici di proprietà del comune di Genova venivano affittati per tutto l’anno (come, ad esempio, il forno e diverse abitazioni), oppure ad passagium, ossia durante la stagione più proficua per la navigazione e per il commercio. Il reddito annuale complessivo del quartiere era di 1047 bisanti e 12 carati ma, al momento della stesura dell’inventario, il Comune non era ancora riuscito a incassare l’intera somma prevista.

Per quanto riguarda gli abitanti del quartiere, è possibile individuare persone appartenenti al ceto aristocratico e mercantile, molti borghesi e popolani, attivi in diverse professioni: due bancherii, due filatores, un sabonerius, un calderarius, un draperius, forse un pignatarius. Da altri documenti duecenteschi apprendiamo della presenza ad Acri di un medico, uno scriba e di alcuni notai genovesi.

A questa via voltata, che sembra avere un ruolo nodale nell’insediamento e nella vita della comunità coloniale genovese del XIII secolo, ci riportano le ricerche archeologiche avviate nel 2006 e conclusesi (per ora) nel 2018.


Il relatore

Fabrizio Benente è professore ordinario di Archeologia medievale presso l’Università di Genova. Ha conseguito la laurea in Lettere presso l’Università di Genova, ha compiuto gli studi di specializzazione in Archeologia Tardo Antica e Medievale presso l’Università di Pisa e ha conseguito il Dottorato in Archeologia e Antichità postclassiche presso l’Università di Roma “La Sapienza”.
Ha svolto attività di ricerca presso le Università di Siena e Genova e presso l’Albright Institute of Archaeology a Gerusalemme. Negli anni 2010 e nel 2012 gli è stata assegnata la Getty Research Fellowship for the Mediterranean Basin and the Middle East da parte del Council of American Overseas Research Centers.
Ha partecipato a missioni archeologiche in Corsica, Grecia, Tunisia, Libano, Mongolia Interna (Cina), Crimea (Ucraina). Ha diretto scavi archeologici in Italia e missioni archeologiche in Israele e Palestina. Dal 2013 al 2018 è stato direttore scientifico del Polo museale di Sestri Levante (MuSel) e del Polo Archeominerario di Castiglione Chiavarese (MuCast). È autore di monografie e saggi a carattere scientifico, di contributi giornalistici e di divulgazione, di documentari televisivi e di prodotti multimediali.

9 novembre 2021

ore 17:00
Aula Magna dell’Università di Genova, Via Balbi 5, Genova
Per partecipare all'evento è necessario esibire la certificazione verde COVID-19

di Fabrizio Benente