Oltre la violenza: tutte le malattie sono uguali per la società?
Piazza Gae Aulenti, Milano, un colpo singolo alla schiena. Queste sono state le prime informazioni sul tragico evento; dopo di esse la paura e la grande domanda:
perché?
Anna Laura Valsecchi, la vittima, è una manager di Finlombarda. Vincenzo Lanni, è un disoccupato, ex-programmatore informatico, con alle spalle 8 anni di carcere per due precedenti accoltellamenti nel 2015. La vittima e l’aggressore non hanno rapporti, anzi non si conoscono proprio. Il gesto di un folle, dicono molti. L’ennesimo atto di violenza a Milano, sostengono altri. La realtà, come spesso accade, sta nel mezzo.
Quando Lanni era stato condannato per i precedenti tentati omicidi, oltre alla pena detentiva, ha dovuto scontare anche 3 anni in una struttura riabilitativa (REMS). Ma ciò che salta subito all’attenzione è la perizia psichiatrica che accompagnava la sentenza: Vincenzo Lanni era stato diagnosticato come soggetto schizofrenico e con una “grandemente scemata capacità di intendere e volere”.
Con questo, alla domanda iniziale si aggiunge un pezzetto:
perché questa persona non era in una struttura apposita?
La risposta lascia senza parole: dopo solo pochi anni in struttura (nella quale continuava a vivere in libertà fino alla sua cacciata per problemi con altri pazienti), Lanni era stato dichiarato idoneo al reinserimento nella società.
Le risposte di Gianluca Serafini
La perizia psichiatrica e le successive azioni non sembrano coerenti tra loro, ma abbiamo chiesto a Gianluca Serafini, docente di psichiatria dell’Università di Genova, di darci un quadro un po’ più specifico sulla malattia di Lanni e cosa implica.
Cos’è la schizofrenia?
Gianluca Serafini: «La schizofrenia è un grave disturbo psichiatrico, in parte geneticamente determinato, associato a significativa disabilità e compromissione sul piano psicosociale. Questo disturbo appartiene al grande filone delle psicosi, disturbi caratterizzati dalla particolare severità dei sintomi e dalla egosintonia in grado di determinare assenza di consapevolezza di malattia».
Questa malattia impedisce una vita normale? È una patologia curabile? In quale modo può essere tenuta sotto controllo, se possibile?
G.S.: «La schizofrenia è un disturbo assai invalidante, tendente alla cronicizzazione e alle molteplici ricadute nel tempo. La maggior parte dei trattamenti, sia di tipo psicofarmacologico che non psicofarmacologico oggi a disposizione, rappresentano tuttavia delle buone opzioni di cura e consentono ai soggetti di convivere adeguatamente con il proprio disturbo. A differenza del passato, oggi la schizofrenia è considerata una patologia curabile anche se soltanto in una ridotta percentuale di casi».
Questa malattia espone ad aggressività diretta?
G.S.: «Considerare in senso assoluto, quasi come se vi fosse una correlazione lineare, il binomio schizofrenia e aggressività non è corretto, non appare scientificamente supportato e si presta a declinazioni stigmatizzanti in termini di salute mentale. Nella valutazione della pericolosità, possono essere utili alcuni indicatori interni e alcune specifiche caratteristiche dell’ambiente familiare e sociale di appartenenza, per esempio la possibilità di tornare nel mondo del lavoro o trovare soluzioni alternative di inserimento sociale».
È possibile che un paziente con questa patologia non sia seguito da professionisti o che viva al di fuori di strutture specializzate?
G.S.: «È assolutamente prioritario che chi è affetto da schizofrenia venga regolarmente seguito presso il Centro di Salute Mentale (CSM). La legge Basaglia permise l’abolizione dei manicomi in tutto il territorio nazionale e determinò un cambio di paradigma, da repressivo e di stampo prevalentemente custodialistico a riabilitativo. Il soggetto affetto da disturbi psichiatrici, se adeguatamente seguito e trattato, può vivere anche al di fuori di specifici contesti di cura, se inserito in un contesto socio-culturale adeguato».
C'è uno stigma nel considerare la malattia mentale come una vera e propria malattia fisica? Perché secondo lei?
G.S.: «Il problema dello stigma è ancora oggi ampiamente presente nell’ambito della salute mentale ed è rilevabile soprattutto nei disturbi psichiatrici caratterizzati da maggiore severità clinica, quali la schizofrenia. Tali pregiudizi discriminanti trovano probabilmente la loro radice nella paura della diversità, che ha da sempre alimentato una serie di stereotipi negativi nei confronti delle malattie mentali. Esistono oggi molte attività di sensibilizzazione e innumerevoli campagne condotte allo scopo di combattere lo stigma che è causa di intense sofferenze individuali, notevoli discriminazioni, ridotta qualità di vita, autolesionismo e comportamenti suicidari che sono la seconda causa di morte nei malati schizofrenici».