Una mostra per Felice Romani alla Biblioteca umanistica

Venerdì 19 novembre nei locali della Biblioteca di Balbi 2 inaugura la mostra bibliografica "Questa scena ci mancava. Autografi e inediti di Felice Romani, poeta di teatro e giornalista", a cura di Raffaele Mellace e Stefano Verdino, entrambi docenti del DIRAAS.
Con loro partecipa a un incontro di studio Alessandro Roccatagliati (Università di Ferrara), seguito da un concerto della Camerata musicale ligure.
La mostra sarà aperta con orario 9-17, dal lunedì al venerdì fino al 17 dicembre e si basa su un ricco insieme di manoscritti, lettere e carte recentemente acquisito dallo SBA e dal DIRAAS (custodito presso la Biblioteca umanistica di Balbi 2).

Felice Romani (Genova 1788 – Moneglia 1865), dopo i primi saggi poetici d’ambito universitario, esordisce come poeta celebrativo, per le nuove nozze napoleoniche sulla “Gazzetta di Genova” il 18 aprile 1810. In più di mezzo secolo di attività letteraria Felice Romani è autore di poesie e novelle, di saggi di critica letteraria e musicale, librettista principe, collaboratore di gazzette e compilatore editoriale, con un'attitudine alla poligrafia tipica del suo tempo, che vedeva il primo affermarsi di letterati professionisti (giornalisti, redattori, librettisti). E Felice Romani fu davvero uno dei primi "professionisti della penna", che i tempi nuovi richiedevano. E se il poeta in proprio di fattura classicista non ebbe grande fama, il mirabile paroliere per musica, con i suoi versi nitidi ed eleganti, gli valse un indiscusso primato.

Libretto de La straniera
Atto I - La Straniera (1829) Milano, La Scala, Misica di V. Bellini

Poeta teatrale

Debutta come librettista per il Maestro Mayr a Genova nel 1813, ma ben presto il successo in questo ambito lo porta altrove. Dopo il felice esito del nuovo libretto Medea in Corinto, ancora per Mayr, è assunto a Milano come poeta di teatro dall'impresario genovese Luigi Benedetto Ricci per sei nuovi libretti. È l’avvio di una fortunata carriera ventennale: saranno ottanta i libretti scritti fino al 1834, per La Scala e gli altri importanti teatri d’Italia, in collaborazione con i maggiori musicisti, da Rossini (per cui scrisse Il turco in Italia e Bianca e Falliero) a Donizetti (fu librettista dei capolavori Anna Bolena e L’elisir d’amore, di Parisina e Lucrezia Borgia, ecc) a Bellini, con cui avrà un sodalizio privilegiato (Il Pirata, La straniera, Zaira, I Capuleti e i Montecchi, Norma, Sonnambula, Beatrice di Tenda), fino a una clamorosa rottura. Il cumulo di libretti richiesti ed altri suoi impegni letterari renderanno più volte Romani inadempiente con musicisti e impresari. 

Nella mostra presso la Biblioteca umanistica (Balbi 2) possiamo ritrovare parte dell’officina di questa sua attività: sono esposte le copie manoscritte di libretti, sia copioni in pulito d’uso teatrale o di stampa, sia testi con annotazioni e correzioni autografe. Ma il cantiere del librettista ci presenta anche altri importanti documenti inediti, come bozze di lettere e di articoli che illuminano sul mondo del melodramma dell’epoca.

busto del Cavaliere Felice Romani
Pel busto del Cavaliere Felice Romani scolpito dall'I.R. statuario di corte cavalier Pompeo Marchesi, Canzone alla magnifica città di Genova, Milano, Tipografia di Felice Rusconi, 1841

Critico letterario e musicale

Uomo d’ordine e governativo, nel 1834 Romani lasciò il suo mestiere di poeta di teatro e divenne a Torino direttore della governativa “Gazzetta piemontese”. Si occupò sostanzialmente solo dell’appendice culturale del giornale, spesso lavorando a distanza da Moneglia, a suon di appendici inviate per posta, di carattere letterario e di critica musicale. La sua scrittura critica è divisa tra encomio e polemica; in molti casi il plauso era elargito a figure minori se non occasionali, e la botta è rivolta anche ad esponenti di spicco come Manzoni e Verdi. Interessante è anche questa sua altra attività, ben documentata dalla mostra con una serie di appunti, lettere e documenti, anche con la corrispondenza interna alla “Gazzetta” con il suo vice Dionigi Bianchini. Non manca infine la corrispondenza familiare, specie con la moglie Emilia Branca, che non seguiva il marito nei suoi rifugi a Moneglia, corrispondenza raccolta in due fascicoli manoscritti, probabilmente in vista di una stampa, poi non avvenuta.

Stefano Verdino è Docente di Letteratura italiana presso il DIRAAS

Sottoscrizione per il monumento di Colombo
Sottoscrizione per il monumento di Colombo in piazza Acquaverde. Lettera, 31 marzo 1845
di Stefano Verdino