Interdisciplinarità della ricerca giuridica. Benefici e prospettive

Interdisciplinarità della ricerca giuridica. Benefici e prospettive

Un libro edito dalla casa editrice di UniGe, GUP Genoa University Press, che sarà presentato online:

Il volume raccoglie i lavori di nove giovani studiosi del corso di dottorato in Diritto dell’Università di Genova e, nella sua eterogeneità, si propone di dare conto della varietà e del valore scientifico delle ricerche condotte dai loro autori. Il filo rosso che unisce i contributi è l’interdisciplinarità: la ricerca di spunti, prospettive, materiali e strumenti d’indagine al di fuori dell’àmbito disciplinare “ufficiale” del curriculum di appartenenza.

Interdisciplinarita della ricerca giuridica - UniGe

Interdisciplinarità della ricerca giuridica

L’interdisciplinarità è stata definita una delle caratteristiche di maggior interesse della riflessione giuridica contemporanea e indicata come particolare antidoto contro gli effetti distorsivi dell’eccessiva parcellizzazione del sapere specialistico, problema dal quale non pare esente l’ambito giuridico. 
Ad oggi l’interdisciplinarità nello studio del diritto – e il corrispettivo allontanamento da un rigido schema di autarchia disciplinare – è un fenomeno pervasivo e costituisce uno degli elementi salienti della cultura giuridica odierna. Essa pone lo studioso del diritto di fronte a complesse sfide metodologiche ma si mostra anche come strumento particolarmente fruttuoso perché conduce la ricerca verso esiti che tendono a rispecchiare maggiormente la complessità delle realtà analizzate mettendo in luce le molteplici connessioni che esse intrattengono con altre aree del sapere.

Il volume Interdisciplinarità della ricerca giuridica cerca di mettere in luce il valore del metodo interdisciplinare nello studio del diritto attraverso i testi di nove giovani studiosi che, seppur afferenti a diverse aree della ricerca giuridica, sono uniti dal filo rosso di un metodo che sfrutta anche gli strumenti concettuali e il lessico propri di altri ambiti disciplinari. Il libro nasce nell’ambito della didattica comune del dottorato (che, nel 2018, è stata curata dal curriculum di filosofia del diritto), ma tocca temi giuridici attuali e trasversali, che lo rendono un testo agevole e stimolante per ogni professionista del diritto.
La presentazione del libro, vorrebbe, allora, rappresentare un’occasione di confronto non solo tra i dottorandi del corso ma anche con chiunque si senta interessato alla scoperta di temi specifici afferenti alla teoria del diritto, alla sociologia, al diritto del lavoro, alla criminologia, al diritto penale e processuale, trattati in modo interdisciplinare.

Il programma della presentazione del libro

Locandina evento di presentazione del volume: Interdisciplinarità della ricerca giuridica. Benefici e prospettive

L’evento proposto ricalcherà la medesima partizione del testo, al cui interno sono distinte quattro sezioni.

  1. “Diritto e filosofia”: avrà ad oggetto il contributo di Andrea Barca, Come derivare “può” da “deve”. Un’analisi del principio “obbligatorio implica permesso”, tale contributo coniuga la filosofia del diritto con gli strumenti della filosofia analitica e della logica deontica sfruttando lo strumento della distinzione (strumento analitico per eccellenza) tra “norme” e “proposizioni normative” ma anche tra norme “espresse” e “derivate”, appoggiandosi alle tesi di teorici quali Carlos Alchourrón e Eugenio Bulygin.
  2. “Diritto e cultura”. Nel saggio Modelli di trattamento delle diversità culturali e discriminazione nel rapporto di lavoro, Giulia Bandelloni ricostruisce quattro diversi modelli di trattamento delle minoranze culturali elaborati nell’ambito della sociologia del diritto: il modello basato sul rifiuto, il modello discriminatorio/separatista, il modello antidiscriminatorio/neutralista, il modello multiculturalista/differenzialista. L’autrice passa poi a verificare se, e in quale misura, il modello antidiscriminatorio, tipico delle società occidentali, sia in grado di comprendere le dinamiche tipiche del rapporto di lavoro. La risposta a tale quesito, per l’autrice, verrà dalla prospettiva privilegiata fornita dallo studio di alcuni casi giurisprudenziali riguardanti il diritto fondamentale di professare liberamente le proprie credenze religiose.
    Il secondo saggio della sezione, La (ir)rilevanza del fattore culturale nella determinazione della responsabilità penale di Ilaria Zannoni prende le mosse dalla trasformazione dei diversi stati moderni occidentali in società multiculturali e analizza la rilevanza del fattore culturale all’interno dei rispettivi ordinamenti giuridici. L’autrice sottolinea come il pluralismo culturale coinvolga e sia caratteristico di ogni branca del diritto, compresa quella del diritto penale dove non è raro l’emergere di conflitti, anche molto rilevanti, tra un gruppo maggiormente rappresentativo e minoranze etniche. Rispetto a tali conflitti i giuristi, così come il giudicante, possono trovarsi a dover capire se e (quanto) l’appartenenza culturale dell’autore abbia influito sulla genesi e sulle modalità esecutive della condotta. Ciò comporta indubbiamente una sfida per i giuristi e la necessità di ampliare il bagaglio dei metodi e dei concetti utilizzati per compiere tali valutazioni. 
    Nell’ultimo contributo della sezione, Criminologia Critica: quale futuro?, Alessandro Senaldi ricostruisce e reinterpreta l’apporto del criminologo Alessandro Baratta al fine di fornire al lettore una “cassetta degli attrezzi” utili allo studio dei fenomeni giuridico-penalistici. Senaldi si concentra sulla produzione sociologico-giuridica di Baratta con l’intento di articolarne un’interpretazione personale che, allo stesso tempo, tenti un “rimpatrio” della criminologia critica all’interno di uno dei suoi più classici ambiti di incubazione: i movimenti sociali e politici.

  3. “Diritto penale e giurisprudenza costituzionale”, Gabriele Ponteprino nel suo saggio Doppio binario sanzionatorio e ne bis in idem. Il delicato sindacato di proporzionalità al vaglio della giurisprudenza, prende in considerazione il tema dei problematici rapporti che intercorrono tra il divieto di bis in idem sostanziale, così come declinato dalla più recente giurisprudenza euro-convenzionale, ed il proliferare dei c.d. sistemi a “doppio binario” penale-amministrativo. L’autore sostiene che soltanto la concreta declinazione del principio di proporzionalità demandata al prudente apprezzamento del giudice di merito possa fungere da strumento di delimitazione della pena complessivamente irrogabile e da canone razionalizzante della moltiplicazione dei livelli punitivi. 
    Il secondo contributo della sezione è Il delitto di tortura tra criticità costituzionali e forme di giustificazione “individuali” di Ilenia Siccardi. Il testo prende le mosse dalla controversa introduzione, nel nostro ordinamento, del delitto di tortura e prosegue affermando che essa sia da considerarsi un apprezzabile passo avanti nel processo di adeguamento agli obblighi internazionali assunti dall’Italia ma che, tuttavia, in assenza di determinatezza in ordine a molti elementi della fattispecie, un ruolo fondamentale sarà sempre maggiormente assunto dal versante giurisprudenziale, il quale dovrà individuare, altresì, i limiti oltre i quali la flessibilizzazione dei principi e delle garanzie (tipici di uno Stato di diritto), in nome della sicurezza, diviene intollerabile. Tali considerazioni portano a supporre che l’art. 613 bis c.p. diverrà una disposizione manifesto di difficile applicazione. 

  4. “Diritto penale, scienza e politica criminale”, Lorenza Vacondio nel suo Il problema del nesso di causa tra epidemiologia e giurisprudenza mira ad analizzare le ricadute applicative dell’utilizzo della scienza epidemiologica nell’ambito del processo penale chiedendosi se tale strumento possa o meno fornire un valido sostegno nella prova del nesso di causalità tra l’esposizione a sostanze tossiche e lo sviluppo di malattie oncologiche multifattoriali. L’autrice, in conclusione, nota una notevole criticità relativa all’accertamento delle responsabilità penali causata dal limite scientifico nel fornire certezze probatorie sulla causalità individuale nei casi di delitti contro la persona.
    Nel secondo saggio di questa sezione, La riparazione nel sistema penale tra incertezze e ambiguità, Fiorenza Oriana affronta il tema dell’opportunità di introdurre all’interno del nostro sistema punitivo istituti di “giustizia riparativa”, strumenti volti a superare il sistema punitivo-repressivo e incentrati su una “gestione” conciliativa del conflitto tra reo e vittima derivante dal reato. Gli istituti della sospensione del processo con messa alla prova e dell’estinzione del reato per condotte riparatorie presenti nel nostro ordinamento, infatti, pur prevedendo condotte di contenuto positivo in favore della persona offesa o della collettività prescindono dallo svolgimento di un percorso mediatorio e l’estinzione del reato è spesso un epilogo processuale scelto dall’imputato ed imposto alla persona offesa. L’autrice conclude affermando che nel nostro ordinamento, nonostante tali timide aperture, si rinvengono notevoli resistenze nei confronti della giustizia riparativa e anzi una tendenza opposta caratterizzata dall’inasprimento sanzionatorio o dall’allungamento dei termini prescrizionali, portata avanti sulla base di esigenze di consenso politico e di rassicurazione sociale che ci allontano dalle spinte sovranazionali.

Foto di succo da Pixabay

Venerdì 19 marzo 2021
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di Elena Marchese