L'Aula Sant'Ignazio - Un esempio del patrimonio storico artistico dell'Ateneo Ligure
L'Aula Sant'Ignazio
Un esempio del patrimonio storico artistico dell'Ateneo Ligure
Quello che oggi conosciamo come il palazzo del Rettorato in origine era la sede del Collegio dei padri gesuiti. Nonostante i molti cambiamenti avvenuti nel corso di quasi quattro secoli di vita restano ancora molte le testimonianze che i seguaci di Sant'Ignazio hanno lasciato nel palazzo di Balbi 5. Basti pensare a quella che oggi noi conosciamo come aula magna e che in passato fu il "grand teatro" dei gesuiti, all'aula Liguria che in origine era l'oratorio domestico dei padri, agli uffici al piano del rettorato che altro non sono se non il luogo dove i gesuiti vissero la loro clausura, al corridoio (un tempo chiamato di Sant'Ignazio) che porta all'aula Meridiana, che fu la sala domestica dei padri e da cui si raggiungeva l'antica biblioteca del collegio. Uno spazio restato miracolosamente integro ma che alla metà del secolo scorso venne artificiosamente separato dal resto dell'edificio.
Ma in uno spazio particolare sembra che si siano riunite tutte le vicende accadute in quattro secoli di vita e che hanno avuto come protagonista il Collegio dei padri gesuiti genovesi. Questo spazio oggi è noto come l’aula Cesare Cabella.
L'aula accolse i suoi primi scolari tra il terzo e il quarto decennio del Milleseicento. Allora la classe era dedicata al santo fondatore della Compagnia di Gesù, Sant'Ignazio ed era adibita all'insegnamento della teologia. E fu in quest'aula che ebbe inizio la storia che portò, secoli dopo, alla nascita di ciò che oggi conosciamo come Università degli Studi di Genova. Giova ricordare che la stessa aula tra la soppressione dell'ordine dei gesuiti, avvenuto 1773, e la fine del periodo risorgimentale venne chiamata semplicemente aula di legge.
In origine nel cortile di Balbi 5 si trovavano altre tre sale simili all'aula Cabella: in esse venivano insegnati la grammatica, la retorica e la filosofia; mentre il secondo piano era riservato alla clausura dei padri docenti. All'inizio della loro attività educativa i gesuiti genovesi non avevano la possibilità di conferire lauree: questa possibilità gli venne conferita dalla Repubblica genovese solo molti anni dopo.
L'aula dedicata al rettore Cesare Cabella (un garibaldino presto passato alla monarchia) oggi appare come uno dei più significativi esempi dello stile rococò in Liguria. Su tre lati di questo spazio sono inseriti, in un ricco fraseggio decorativo che dà all'ambiente un movimento ascendente continuo e unitario (un'eredità dello stile barocco), sette dipinti di Sebastiano Galeotti e della sua scuola - in particolare di suo figlio Giuseppe. I soggetti raffigurati sono: San Michele che sconfigge il demonio / San Luigi Gonzaga che adora la Vergine con Bambino / San Giovannino / Il riposo durante la fuga in Egitto / L'educazione della Vergine / La Vergine che porge il Bambino a San Stanislao Kostka / San Raffaele in veste di Angelo Custode. Il tema iconografico venne certamente dettato al pittore dai gesuiti. Nel racconto figurativo la purezza del Fanciullo diviene metafora della natura divina degli uomini e al contempo testimonianza del sacrificio di Gesù Cristo. Nel quarto lato della sala si trova un altare dove è collocata una tela che raffigura l'Assunta, di epoca precedente ma di notevole fattura e ai lati, sopra le due porte, sono collocati due tondi raffiguranti Sant'Ignazio e il suo confratello San Francesco Saverio, questi realizzati dal Galeotti.
Sebastiano Galeotti nasce a Firenze nel 1675 e si trasferisce a Genova nel 1729, per affrescare la chiesa di Santa Maria Maddalena; lascerà la città non prima del 1736 ed è in questo lasso di tempo che portò a termine il lavoro in Balbi 5.
La sistemazione ad anfiteatro dell'aula risale alla metà del secolo scorso: nell'attuale assetto gli studenti danno le spalle alla raffigurazione dell'Assunzione della Vergine, cosa che all'epoca certamente non sarebbe stata consentita, e non solo dai gesuiti. La cattedra doveva trovarsi alla base dell'altare: questo in piena continuità con il pensiero di San Tommaso, il vero nume tutelare di tutta la loro dottrina. L'arredo originale doveva prevedere l'uso di banchi molto simili a quelli che i meno giovani hanno imparato a conoscere nel corso del loro iter scolastico e che oggi, lo diciamo con un certo rammarico, sono collocati lungo i corridoi del secondo porticato e nel rettorato. Lo stato di conservazione dell'aula è assai precario, un organico intervento di restauro dovrebbe prevedere anche una diversa finalità di questo spazio, ma è su un quadro in particolare che bisognerebbe intervenire con urgenza: si tratta della tela del Galeotti che raffigura Il riposo durante la fuga in Egitto: la situazione è talmente grave (la tela s'è staccata dalla cornice e rischia di cadere a terra) che sembra predestinata a diventare presto uno squillo per i giornali locali. Del tipo: Distrutto un quadro del settecento di proprietà dell'Università.
Ora però ci soffermiamo sui due tondi su tela dipinti dal Galeotti che raffigurano i Santi Ignazio e Francesco Saverio perché ci permettono di avventurarci in una storia dai risvolti imprevisti. Le Annue memorie del Collegio di Genova ci dicono che quando l'edificio venne costruito, prima metà del sedicesimo secolo, ad occuparsi dell'apparato decorativo del collegio, e quindi anche di quest'aula, furono delle non meglio precisate maestranze interne alla congregazione. Le stesse fonti ci dicono che certamente soggiornarono nel collegio genovese due importanti pittori che fecero parte dell'Ordine, il primo era il giovanissimo fratel Andrea Pozzo e in anni successivi, Padre Giuseppe Castiglione. Alcune foto, scattate subito dopo il bombardamento inglese del 1943, permettono di recuperare delle tracce assai significative di questa primitiva decorazione. La scoperta è stata possibile perché l'urto delle bombe distaccò dalla parete i due tondi in tela, evidenziando gli affreschi sottostanti di identico soggetto dipinti, però, settanta o ottanta anni prima.
Non sappiamo quanto estesa fosse questa originaria decorazione né ciò che è restato dietro l'odierno intonaco. Possiamo però immaginare il motivo che portò i padri del Collegio a maturare l'esigenza di rinnovare l'apparato decorativo del palazzo.
Come abbiamo visto al momento della costruzione del collegio i gesuiti non avevano la possibilità di conferire lauree, ma alla fine del Seicento divenne fruttifero un lascito fatto da Ansaldo Grimaldi nel 1537 presso il Banco di San Giorgio. La donazione era destinata alla creazione di quattro cattedre universitarie: Diritto canonico, Diritto civile, Filosofia morale e Matematica. I gesuiti, in quegli anni all’apice della loro potenza europea a Genova potevano contare sull'appoggio dell'aristocrazia locale e sull'aiuto del potente Generale dell'Ordine, il genovese Padre Oliva; grazie a questi appoggi riuscirono ad ottenere l'uso del lascito e, di conseguenza, il diritto di conferire le Lauree e diventare così una vera e riconosciuta Università.
A quel punto l'iconografia originaria, che raffigurava una visione del vivere tutta interna alle rigide regole dell'ordine religioso, non poteva più corrispondere alle nuove pubbliche funzioni che i seguaci del santo spagnolo avevano ottenuto di svolgere a Genova e divenne necessario adeguarsi al gusto del tempo.
Prima di lasciare l'aula non possiamo tralasciare di ricordare le decine e decine di generazioni che in questo luogo hanno studiato. Basti pensare al giovane Mazzini che dal suo esilio londinese scriveva ai giovani universitari italiani "Tra voi, tra le mura d'una delle vostre Università, l'Università di Genova, [...] sorse e crebbe nell'animo mio quel pensiero di Patria che fu alito, fiamma, religione della mia vita".
In ricordo del prof. Franco Sborgi
Renato Iannacchino
Biblioteca della Scuola di Scienze umanistiche
Componente del gruppo di lavoro per la tutela e la conoscenza del patrimonio culturale dell’Ateneo