Conoscere per prevenire

Conoscere per prevenire

Se, con pazienza, consultiamo il lungo elenco degli eventi alluvionali che hanno interessato il territorio ligure in generale e quello genovese in particolare (http://wwwdb.gndci.cnr.it/php2/avi/piene_regione.php), per quanto esso aggiornato solo al 2000 (!), viene da domandarsi come sia possibile che si prenda coscienza del problema solo nei momenti di emergenza. In una terra il cui assetto geomorfologico è, per sua natura, causa predisponente e scatenante di fenomeni di dissesto, preoccupazione principale di chi questo territorio governa dovrebbe essere quella della messa in sicurezza del territorio stesso. Non è certo possibile, come alcuni dicono, eliminare totalmente il problema, ma ridurne le cause e soprattutto gli effetti questo sì.
In che modo? La risposta è semplice, quasi disarmante: conoscenza del territorio, individuazione delle zone a rischio, monitoraggio continuo e interventi a priori nelle zone individuate come più vulnerabili. Inoltre è essenziale la predisposizione di piani di sicurezza che non possono non prescindere da una sensibilizzazione dei cittadini attraverso una capillare campagna di informazione/formazione sui comportamenti da tenere in particolare nel momento in cui si manifesti un’allerta.
Un sistema di monitoraggio del territorio tecnologico potrebbe rivelarsi assai costoso quindi poco attuabile di questi tempi dove la parola d'ordine è "tagliare" ... Tuttavia si ritiene realizzabile un monitoraggio, sulla falsariga di quello messo in atto in Inghilterra (http://www.fixmystreet.com/) finalizzato all'acquisizione di informazioni delle situazioni di rischio sul territorio da parte di tecnici (geologi, ingegneri, geometri), volontari della protezione civile, o più "spicciole" come la segnalazione di una carcassa di auto nel greto di un torrente o un frigorifero su un versante o, ancora, la discarica abusiva di materiale edile in prossimità di uno scarico d'acqua con l'aiuto di boy scouts, associazioni ambientaliste, liberi cittadini.
Facendo confluire queste informazioni in un centro di coordinamento che le vagli e le classifichi, si avrebbe sott'occhio la situazione aggiornata quasi in tempo reale e che potrebbe aiutare chi deve decidere ad adottare le opportune contromisure.
Nell'epoca dell'informatica e dei cellulari, attuare un tale archivio non costituisce un problema insormontabile e a costi relativamente ridotti, senz'altro minori di quello che bisogna spendere a posteriori.
Il concetto di rischio, elaborato dagli umani per esorcizzare quelle che comunemente vengono chiamate catastrofi naturali, è il prodotto tra la pericolosità, la vulnerabilità e il valore (o rischio esposto).
La pericolosità è la probabilità che un fenomeno di una determinata intensità si verifichi in un dato periodo di tempo ed in una data area; la vulnerabilità indica l'attitudine di un determinata "componente", come il territorio, la città, gli edifici, i servizi, le infrastrutture, ecc, a sopportare gli effetti dell'intensità di un dato evento; il valore esposto o esposizione indica l'elemento che deve sopportare l'evento e può essere espresso dal numero di presenze umane o dal valore delle risorse naturali ed economiche presenti, esposte ad un determinato pericolo.
Il rischio esprime quindi il numero atteso in termini di perdite di vite umane, di feriti, di danni a proprietà, di distruzione di attività economiche o di risorse naturali, dovuti ad un particolare evento dannoso (http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/descrizione_idrogeologico.wp).
Su questa definizione si sono scritti e si potrebbero scrivere interi trattati. Tuttavia vorrei invitare il lettore a rileggere cos'è la vulnerabilità e chiedersi: in un territorio geomorfologicamente complesso come quello ligure (versante tirrenico in particolare), interessato da pesantissime antropizzazioni recenti ed anche passate (i terrazzamenti ad esempio), dove la manutenzione del territorio stesso è spesso sacrificata per privilegiare opere "più visibili", possiamo ancora parlare di catastrofi naturali? Possiamo dire che quanto è accaduto nel recente e nel passato possa essere ancora definito imprevedibile? Personalmente non credo. La Natura non è maligna, è l'Uomo che con arroganza pensa di poterne trascurare leggi e forza.

Gerardo Brancucci
Dipartimento di Scienze per l'Architettura
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