Elezioni europee 2014: uno “scossone” salutare?
Elezioni europee 2014: uno “scossone” salutare?
Il primo luglio avrà luogo la sessione di apertura del nuovo Parlamento Europeo (PE). Il risultato è stato variamente commentato, soprattutto a fini di politica interna (in Italia, il mantra renziano del 40,8%). Anche presso le talora opache istituzioni comunitarie lo “scossone” è stato avvertito. E non solo per i risultati (vedi tabella). In fondo la “balance of power” nel PE non è molto cambiata: i tre principali gruppi mantengono quasi i 2/3 dei seggi. Potrebbe formarsi una “grande coalizione”, essendo necessari 376 voti per la scelta del Presidente della Commissione. Ma è indubbio che è cambiata la geografia parlamentare per il nuovo peso delle formazioni “anti”, e che è cresciuta la polarizzazione degli schieramenti nel sistema partitico. Ciò potrebbe indebolire il peso politico del PE proprio nella fase di parlamentarizzazione della UE. La sinistra costituisce una forza significativa, sommando i Verdi (52 seggi) e la GUE (42 seggi). Soprattutto è stato innegabile il successo dei cosi-detti “euroscettici”: famiglia numerosa, ma anche eterogenea e frammentata al suo interno. I partiti euroscettici e nazionalisti hanno conquistato parecchio terreno nello spazio politico europeo, arrivando a coprirne circa il 25%, in nome di slogan anti-establishment, anti-élites, anti-rigoristi. Ancora 54 MEP’s devono decidere a quale gruppo aderire, e di questi già 43 sono tra i NI, cioè non collegati ad alcun gruppo. Soprattutto andrà valutata in concreto l’alleanza tra UKIP di Farage e M5S di Grillo (che riuscirà a formare un gruppo raccogliendo adesioni da MEP’s provenienti da 7 paesi).
Tuttavia alcuni segnali di senso diverso vanno richiamati. In primo luogo, l’affluenza elettorale è leggermente aumentata (43,1%): pur rimanendo bassa, rappresenta una inversione di tendenza, poiché dal 1979 in poi è la prima volta che torna a salire. Ma gli elettori avvertono che con il loro voto (peraltro in presenza di 28 diversi sistemi elettorali) non scelgono ancora direttamente l’Esecutivo e non influenzano l’agenda politica. In secondo luogo, i partiti hanno potuto indicare il loro candidato alla Presidenza della Commissione: un’efficace risposta alla necessità di rendere le istituzioni più “responsabili” verso il, e più “rispondenti” al, demos europeo.
Il dibattito sul futuro dell’Unione è alla ricerca di una ridefinizione delle condizioni della democrazia a livello sovranazionale. La novità forse più clamorosa della campagna elettorale è stata la politicizzazione dell’euroscetticismo, che da confuso sentimento antieuropeo sta assumendo in molti i Paesi i contorni di una vera e propria proposta politica. Comune a tutti è l’idea che alla crisi si debba rispondere con la ri-nazionalizzazione delle politiche economiche. Da questo punto di vista, l’Ue e l’euro diventano i bersagli prediletti della rabbia sociale. Il risultato elettorale segnala la richiesta di un’altra Europa in grado di sconfiggere rabbia e infelicità dei cittadini (vedi vignetta di Chappatte). Chiede alle istituzioni di spostare il fuoco dalle politiche economiche e finanziarie verso un’Europa più tesa a politiche di crescita. Segnalano la necessità di affrontare non solo la crisi finanziaria, ma anche la crisi politica dell’Unione stessa.
Andrea Mignone
Dipartimento di Scienze Politiche (DISPO)
TABELLA - Elezioni europee 2014. Affluenza 43.09%
Ciascun gruppo politico deve essere composto da 25 eurodeputati provenienti da almeno 7 Stati membri