Simulare per credere
Simulare per credere
Simulazione del Parlamento europeo
Una folla di giovani tra i 16 e i 24 anni incomincia a riempire l’Aula Mazzini del Dipartimento di Scienze Politiche. C’è chi ritira il badge da europarlamentare, chi si fa fare il nodo alla cravatta dall’amico più esperto, chi ripassa emozionato la presentazione della risoluzione. Si sta per comporre un giovanissimo Parlamento i cui confini, grazie alla multiculturalità delle nostre scuole e delle nostre università, vanno ben oltre quelli dell’Unione europea.
Noi tutor del progetto HOPEurope conosciamo bene questi volti, sono i nostri compagni di corso: i triennalisti di Storia contemporanea, quelli magistrali di Storia contemporanea dell’UE e gli studenti delle scuole superiori che abbiamo conosciuto in giro per la Liguria nei mesi precedenti. Sono gli attenti e silenziosi ragazzi dei licei, ma anche quelli degli istituti tecnici e professionali che hanno rappresentato per noi la vera sfida: guadagnarsi la loro attenzione e fiducia e convincerli che a loro non è riservato un ruolo subalterno nella società, ma che il cambiamento passa attraverso ognuno di noi. Il destino dell’Europa riguarda tutti, indistintamente.
A questi ragazzi abbiamo lanciato una sfida, quella di diventare europarlamentari per un giorno e i risultati sono stati al di sopra delle nostre aspettative. I partecipanti, divisi per partito politico europeo e coordinati dai tutor, hanno incominciato a riunirsi nelle aule studio e nel cortile dell’Università durante le pause dai corsi e nell’ora di pranzo, raggiunti, dopo il suono della campanella, dagli affamati ma volenterosi ragazzi delle scuole. Ovunque era un vociare di risoluzioni, chi si occupava di cercare le fonti normative e chi dibatteva animatamente con alcuni “europarlamentari” degli schieramenti avversari. Abbiamo messo in moto quello che deve essere il primo obiettivo dell’Università: fabbricare idee.
E una volta che le nostre idee avevano preso la forma dell’inchiostro eravamo pronti ad affrontare la giornata della simulazione del Parlamento europeo. Abbiamo discusso, emendato, litigato, dibattuto e votato. I ragazzi hanno partecipato con raro entusiasmo, non simulavano, ci credevano davvero! Nessuno cercava di sfuggire all’aria gonfia di odori e passione politica di un’aula stracolma e concitata. Per me tutto ciò ha significato riscoprire il piacere di infondere passione politica, di stimolare alla produzione di soluzioni, o meglio, di fare politica nella sua accezione più autentica: praticare quell’arte di governo che si occupa della polis, dei molti, della comunità. Stimolare il senso di comunità e di vicinanza alle istituzioni europee, colmando il grande vuoto di comunicazione dell’UE, deve essere uno degli obiettivi principali dell’Europa e noi abbiamo provato a dare il nostro piccolo contributo. Per il momento ci piace pensare che Giuseppe Mazzini, il genovese che ha dato il nome all’aula che ha ospitato il nostro Europarlamento per un giorno, sarebbe soddisfatto della nostra “Giovine Europa”.