Un percorso nel tempo. Genova, la via “Romana di Levante”
Di Anna Maria Parodi (Genova, Genova University Press, 2017)
Certo le pubblicazioni che trattano della città di Genova non mancano: la sua storia, le emergenze archìtettoniche, l’urbanistica, persino i “capolavori nascosti” a vario titolo definiti sono stati trattati nel tempo a vari livelli. Tuttavia il volume di Anna Maria Parodi rappresenta un particolare approccio, perché mette a sistema molti degli aspetti citati e ne aggiunge altri.
Un percorso nel tempo. Genova, la via “Romana di Levante” vuole, infatti, coniugare la divulgazione dei risultati di una ricerca pluriennale, scientificamente approfondita con ciò che attualmente si sta trattando in ambito universitario, ovvero la cosiddetta “terza missione”, la trasmissione di saperi aperta il più possibile a tutti. Ciò non significa approccio superficiale, bensì approccio suggestivo, intrigante, sovente laterale rispetto a quanto finora fatto.
Nel volume trovano posto la metodologia del rilievo integrato con altre discipline, ma anche il connubio della parola con l’immagine, il testo tecnico-scientifico con lo scritto scorrevole, l’iconografia storica accanto alle riprese fotografiche contemporanee: in breve, il lettore risulta soddisfatto nelle sue aspettative sia che si tratti di un “addetto ai lavori”, sia che si tratti di un appassionato di argomenti legati alla vita delle città o di un (potenziale) turista in cerca di informazioni approfondite, complete e al tempo stesso di nicchia.
E il focus è proprio questo: puntare l’accento sulla presenza -a partire dal centro città- di un tratto ancora riconoscibile e percorribile della via Romana e la possibilità di leggere, attraverso la rappresentazione e la percezione visiva, quanto ancora oggi ne rimane e, soprattutto, quanto possiamo ricomporne dall’analisi dei documenti e delle immagini storiche. Patrimonio culturale - inteso nel senso più ampio del termine quale prodotto di una società, continuamente trasformato a seguito delle trasformazioni della società stessa - che neppure i cittadini genovesi spesso conoscono e che, certo, non compare di norma nelle informazioni su Genova.
Il libro, in definitiva, rappresenta una possibile occasione di approccio a un tema architettonico-urbano che metta in primo piano l'immagine - a qualsiasi genere appartenga e a qualsiasi livello di dettaglio si spinga - sub specie comunicazione visiva: "vedere" è infatti senza dubbio la traduzione potenzialmente universale di "scrivere", come efficacemente dimostra l'accostamento dei testi narrativi collocati in apertura di pagine nel capitolo Terzo e i disegni che le chiudono.
Lo scopo, perfettamente sintetizzato nella dedica che l’Autrice fa ai nipoti e indirettamente a tutti i lettori: perché imparino a conoscere e amare la loro città. Qualunque essa sia e ovunque si trovi, vicina o lontana nel tempo e nello spazio, nativa o di elezione, purché conosciuta e riconoscibile come “casa” accogliente.