Prove di futuro per l’Europa. La crisi pandemica come opportunità di crescita

Nuovi fenomeni, antiche questioni 

Ad Atene, nel 1955, nel corso di un incontro organizzato dall’Union Culturelle Greco-Française, dal titolo “Il futuro della civiltà europea” un gruppo di intellettuali greci chiese ad Albert Camus quali fossero, a suo dire, gli elementi che in quel momento storico minacciavano il futuro dell’Unione Europea. 

Lo scrittore francese, spirito profondamente europeo, rispose che ciò che minacciava l’Unione erano le crisi che pure la stessa Europa contribuiva a creare. Crisi dovute al fatto che questa si presentava come un’asfittica confederazione tra Stati, priva di vera coesione e di un indirizzo politico unitario. 

Ebbene, a distanza di 70 anni dall’incontro menzionato, le questioni – in verità mai sopite - attorno al futuro dell’Europa e alla solidarietà europea sono tornate prepotentemente al centro del dibattito pubblico. Esacerbate dall’imperversare violento e per certi versi inaspettato della pandemia. 

Per approndire il tema:  A. Camus, Il futuro della civiltà europea, Castelvecchi Editore, 2012

Mani con bandiere UE
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Investire nella solidarietà per fronteggiare l’emergenza 

Benché sia innegabile che le istituzioni aventi sede a Francoforte e Bruxelles abbiano sin da subito provveduto ad adottare tutti gli strumenti utili per creare uno scudo protettivo in grado di sostenere le economie degli Stati membri e il sottostante tessuto sociale, è parimenti lampante come, nemmeno davanti ad un dramma umano ed economico pressoché simmetrico per tutti gli Stati dell’Unione, le polemiche e le tensioni presenti in Europa si siano placate.
Anzi, per certi versi, queste tensioni si sono ripresentate con più vigore. Al riguardo basti pensare, tra le altre cose, alla netta contrapposizione tra i “frugali” del Nord e i “dissoluti” Paesi del Sud; contrapposizione di cui si è avuto traccia a partire dal luglio 2020, quando si sono aperti i negoziati per decidere i volumi e i dettagli del fondo per la ripresa. 

E invero, alla luce degli evidenti conflitti interni, che per ragioni diverse esistono e convivono in Europa, l’attuale crisi, definita dell’OCSE come la più severa depressione economica del XXI secolo, deve essere occasione per avviare una riflessione più profonda sullo stato di malessere che attraversa l’Unione.
Principiare, in un momento come quello attuale, da un’analisi incentrata sulla condizione d’(in)efficacia delle pratiche solidaristiche entro la cornice unionale può, infatti, in ottica prospettica, permettere di risolvere i nodi irrisolti che hanno nel tempo rallentato il processo di integrazione europea e, al contempo, hanno favorito il consolidamento della narrativa antieuropeista. 

Al riguardo, gli interventi finora messi in campo dalle istituzioni europee, poiché meramente contingenti ed estemporanei, possono non essere sufficienti per rendere immune l’Unione da futuri shock economici. Tantomeno per appianare gli squilibri sociali esistenti tra il centro dell’Europa, ricco e prospero, e le periferie impoverite. 

In questo senso, lo sconvolgimento dovuto al coronavirus, deve essere pretesto per tracciare un percorso comune; occasione per incanalare le priorità degli Stati, fino ad ora di natura domestica, in un unico binario al fine di avviare una serie di riforme utili a rinsaldare i rapporti tra attori europei, da troppo tempo in competizione tra di loro. 

Si pensi, ad esempio, all’ipotesi di coordinare a livello unionale le politiche di tassazione, al fine di eliminare la concorrenza fiscale e limitare il dumping sociale che ha contribuito significativamente a mettere gli Stati europei gli uni contro gli altri, danneggiando il benessere collettivo. 
 

Manifestanti con bandiere UE
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Il potenziale creativo della crisi 

Il Covid-19, in altre parole, può essere il pretesto per spingere l’Europa a discutere di quelle politiche che possono favorire una crescita progettuale e duratura, tesa a ridurre le già marcate divergenze sociali. 

L’attuale pandemia, dunque, come un pharmakon è veleno e allo stesso tempo antidoto. Da un lato è minaccia. Crisi che miete drammaticamente vittime e colpisce severamente le economie dei Paesi membri. Dall’altro, antidoto. Cura. Trampolino che crea l’opportunità di rinsaldare i rapporti tra Stati membri e promuovere un’Europa unita e solidale che sappia affrontare le sfide interne e globali che l’attendono. 

Il presente contributo rielabora l’articolo di N. Dimitri e A. Lo Giudice, dal titolo "La pandemia come pharmakon. Il destino della solidarietà europea nello scenario globale" pubblicato nel volume “Le parole della crisi, le politiche dopo la pandemia” (ed. Editoriale Scientifica, 2020). 
Il volume, realizzato per iniziativa del C.E.S.T. (Centro per l’Eccellenza e gli Studi Transdisciplinari), intende offrire una lettura delle numerose questioni che sono sorte a causa della pandemia in chiave interdisciplinare.
In questo senso, dalla filosofia del diritto, alla politica monetaria, fino al management sanitario e agli aspetti epidemiologici, il volume raccoglie 48 contributi frutto del lavoro di 91 autori, tra docenti e studiosi, provenienti da oltre 35 università ed enti di ricerca. 

Foto di copertina di Daniel Nahom PxHere

di Nicola Dimitri