Intervista a Francesco Cozzi, Garante di Ateneo

Il Magistrato Francesco Cozzi ha accettato di ricoprire la carica di Garante di Ateneo dell'Università di Genova per il quadriennio accademico 2021/2025, a decorrere dall’1.11.2021 fino al 31.10.2025.

Nato nel luglio 1951, il dott. Cozzi si è laureato nel 1975 all'Università di Genova con una tesi sulla tutela penale della sicurezza del lavoro con il prof. Carlo Francesco Grosso. Entrato in magistratura nel 1978, è stato prima giudice a Voghera e poi, dal 1981 al 1996, ha lavorato presso la Procura di Genova. Dopo due anni a Roma nell’ufficio di gabinetto con l’allora Ministro della Giustizia Gianmaria Flick, dal 1998 al 2004 Cozzi è stato presso la Procura Generale di Genova per poi passare in Procura, sempre di Genova, come Procuratore Aggiunto. Dal 2010 al 2013 è stato Procuratore Capo a Chiavari e poi Aggiunto nel capoluogo ligure fino a quando, nel 2015, è stato nominato Procuratore Capo della Repubblica presso il tribunale di Genova subentrando al dott. Michele Di Lecce.

Dopo 43 anni di carriera in Magistratura, il dott. Cozzi mette la propria professionalità e il proprio tempo al servizio della sua Alma mater.

Dottor Cozzi, come mai ha accettato di diventare Garante dell'Università di Genova dopo la sua lunga e brillante carriera in Magistratura?

Mi è parso giusto rendere un servizio pubblico con competenze giuridiche nell’ambito di una istituzione che si occupa di formazione e ricerca e a cui sono molto legato per la mia stessa formazione professionale.

Che ricordi ha dei suoi studi universitari svolti proprio a Genova?

Ricordi molto intensi soprattutto perché collegati al rapporto con un corpo docente della Facoltà di Giurisprudenza, frequentata dal 1970 al 1975, di grandissima qualità scientifica e morale con cui ho avuto fortuna di apprendere e studiare – solo per citarne alcuni e senza voler pretermettere altri Acquarone, Alpa, Bessone, Castello, Comanducci, De Marini, F. Grosso, Guastini, Mandrioli, Piergiovanni, Pisa, Rodotà, Roppo, Savelli, Sorrentino, Tarello – e anche per il legame con carissimi compagni di studio che hanno poi reso grandi servigi al pubblico onorando le loro rispettive professioni quali Ermete Bogetti, Maria Teresa Bonavia, Luigi Castello, Valeria Fazio, Alberto Haupt, Stefano Savi, Claudio Viazzi.
Periodo anche molto travagliato perché caratterizzato in positivo da impegno e partecipazione molto vivaci culturalmente e socialmente ma anche da tensioni politiche e scontri a volte assai aspri in ambito universitario purtroppo degenerati a margine di esso in violenze molto gravi che nulla avevano a che fare con il confronto democratico.

L'Università di Genova è cambiata molto da allora. Come è stato il primo impatto con questa realtà per lei nuova e cosa si aspetta da questa esperienza?

Ammetto di non conoscere bene questa realtà composita e complessa se non per avere insegnato Diritto penale 2 nel primo decennio duemila nella Scuola di specializzazione delle Professioni legali.
Farò come sempre: studiando il nuovo, ascoltando e informandomi. Sarò curioso, come sempre, di conoscere questo mondo e orgoglioso di far parte di un organismo istituzionale che è il motore del sapere, portando, se possibile in punta di piedi, un contributo di esperienza professionale di rispetto della legalità.

Francesco Cozzi

Lei succede al ruolo di Garante al dott. Di Lecce. Sembra un segno del destino dato che anche come Procuratore lei aveva preso il suo testimone. Vi siete confrontati? Le ha dato qualche consiglio?

Il dott. Di Lecce, con cui ho avuto fortuna di collaborare per alcuni anni in Magistratura a Genova sin dall'accorpamento della Procura di Chiavari a quella di Genova nel 2013 e del quale venni nominato successore a fine 2015 quale Procuratore, mi ha suggerito di accettare l'incarico. Lui non sapeva mi fosse stato proposto e io non avevo mai parlato con lui della sua esperienza universitaria o di cosa questa comportasse. 
Mi sono rivolto a lui in occasione del conferimento dell’incarico da parte del Senato Accademico dopo il mio pensionamento. La proposta mi onora e di essa ringrazio il Magnifico Rettore prof. Federico Delfino e il Senato Accademico per la fiducia espressa.
Il dott. Di Lecce è stato come sempre propositivo ed esaustivo. Spero anche in questo ruolo di meritare la sua stima.

La sua inchiesta più importante, fra quelle recenti, è stata sicuramente quella sul Ponte Morandi. Cosa ha pensato quando ha ricevuto la notizia del crollo immaginando poi che sarebbe toccato a lei un ruolo importante nella vicenda giudiziaria?

Inizialmente una tempesta di emozioni, il dolore, la pietà per le vittime essendo intervenuto mentre erano ancora in atto i soccorsi, le preoccupazioni per i danni alla popolazione e alla città, il timore di non essere all'altezza del compito che incombeva e spettava al mio ufficio insieme a tutte le istituzioni coinvolte.
Ma sin da subito ha prevalso il senso di responsabilità e la tensione è divenuta un fattore positivo e non un freno all'azione. La lunga esperienza professionale di tanti decenni si è tradotta in interventi urgenti immediati e nel coordinamento delle attività sia con i colleghi cui ho assegnato il procedimento sia con la polizia giudiziaria; questi hanno svolto un lavoro difficile ed enorme in piena armonia, con determinazione, rispetto delle regole e garanzie delle parti coinvolte. Esemplare è stata la sinergia con le pubbliche amministrazioni interessate alla demolizione, rimozione e ricostruzione dell'infrastruttura senza condizionamenti e nel rispetto delle specifiche attribuzioni, in primis con la struttura commissariale del Sindaco Marco Bucci.

Nel corso della sua carriera, lei si è occupato anche di stalking. Come pensa che si possano combattere questi comportamenti, spesso reiterati e quindi noti alle forze dell'ordine? Quali sono, se ci sono, gli strumenti giuridici per la prevenzione?

È un tema complesso perché riguarda il più delle volte relazioni affettive fraintese o degenerate. Penso che la difficoltà maggiore sia quella di accertare la fondatezza della denuncia e individuare tempestivamente e attuare le misure adeguate alla pericolosità della situazione. Se lo sono per difetto sono inefficaci a evitare la ingravescenza delle condotte persecutorie. Se per eccesso rischiano di scatenare reazioni vendicative a breve o medio periodo.
Occorre specializzazione da parte di forze dell'ordine, dei magistrati ma anche degli operatori sanitari e assistenziali per fare una prognosi il più possibile esatta della effettiva pericolosità di un soggetto e della recidiva ma anche rinforzare misure di protezione in ambito sociale, dai centri antiviolenza a quelli di trattamento e recupero degli stalker e dei cd maltrattanti. Le misure coercitive non sono utili se non accompagnate da rieducazione, trattamenti di consapevolezza ed esame critico della negatività di comportamenti di molestie, minacce e violenze fisiche o morali. È un problema non solo giudiziario ma culturale e sociale, per cui è fondamentale la sinergia delle forze della rete che se ne deve occupare.

Assai utili possono essere le misure di prevenzione che dal 2019 possono essere proposte e attuate anche per gli indiziati di atti persecutori; queste permettono sia dopo l'esecuzione di un'eventuale condanna sia in caso di evidenze di attuale e persistente pericolosità anche in assenza di un procedimento penale di assicurare maggiore protezione alla vittima facendo osservare prescrizioni comportamentali alla persona per la quale viene proposta, o dal Questore o dalla Procura, la misura di prevenzione.

di Eliana Ruffoni