Legge elettorale: costituzionalisti, reintrodurre voto di preferenza ed eliminare le candidature multiple

Reintrodurre il voto di preferenza e, allo stesso tempo, eliminare la possibilità
di candidature multiple

È questo lo scopo di un’iniziativa per la riforma della legge elettorale promossa da dodici costituzionalisti, tra i quali Lara Trucco, Docente ordinaria di diritto costituzionale e Prorettrice agli affari generali e legali dell'Università di Genova , che è stato presentato oggi presso la Sala stampa della Camera dei deputati e trasmesso in diretta sulla web TV della Camera. Gli studiosi auspicano che la proposta venga formalmente presentata e tempestivamente approvata dalle Camere.

Gli obiettivi

L’obiettivo è quello d’introdurre alcuni correttivi nella vigente disciplina che regola le elezioni della Camera e del Senato. L’idea di fondo è quella di mantenere intatto l’attuale assetto della legge elettorale, senza intaccarne la formula e senza intervenire sul concorso, così come attualmente previsto, delle quote di seggi da assegnare con criterio maggioritario in collegi uninominali e delle quote di seggi da assegnare con criterio proporzionale in collegi plurinominali. Su questo impianto, con puntuali modifiche di singole disposizioni di legge, si vuole conseguire lo scopo d’innestare nel sistema elettorale vigente la possibilità per l’elettore di esprimere, nei collegi plurinominali, il voto di preferenza per un solo candidato e di concorrere a determinare l’ordine di elezione dei candidati compresi nella lista votata, nonché il divieto di candidature plurime.

La proposta

La revisione apportata agli artt. 56, 57 e 59 della Costituzione dalla legge costituzionale n. 1 del 2020, nonostante il suo carattere puntuale e circoscritto, provocherà, già al momento della sua prima applicazione (che avrà luogo con le prossime elezioni politiche), importanti effetti sistemici riguardanti l’intero ordinamento costituzionale. 

Sul versante della rappresentatività delle Camere, la riduzione da 630 a 400 deputati e da 315 a 200 senatori elettivi, innalzerà la soglia implicita del consenso necessario per essere eletti e comporterà un affievolimento della capacità dei singoli elettori di influire sull’esito dell’elezione stessa. Risulterà più difficoltoso l’ingresso in Parlamento non solo delle formazioni politiche minori, ma anche delle minoranze territoriali (intere zone geografiche non esprimeranno più alcun eletto) e di talune categorie (si pensi al delicato tema della “rappresentanza di genere”). 

La perpetuazione delle liste bloccate nella parte proporzionale costituisce una delle maggiori criticità dell’attuale sistema di elezione di Camera e Senato. Sembra, infatti, ormai sufficientemente comprovato che la presenza di meccanismi in cui spetta esclusivamente ai leader dei partiti politici di fissare l’ordine di elezione dei candidati, specie in assenza di precise regole di reclutamento (mancano infatti le leggi sui partiti politici e, eventualmente, quella sulle elezioni primarie), favorisca la negoziazione di candidature inadeguate, data la facilità di garantire l’elezione soltanto a coloro che si intendono agevolare collocandoli nelle parti alte delle liste bloccate. Con l’attuale sistema i segretari di partito sono titolari di un potere enorme: quello di determinare, grazie alle liste bloccate, l’elezione di un candidato piuttosto che di un altro, indipendentemente dalla volontà degli elettori e, quindi, coartando il fondamentale principio della sovranità popolare sancito dall’art. 1 della nostra Costituzione. Ciò comporta, tra le altre cose, che le candidature siano proposte su base elitaria sulla base di criteri che possono variare da logiche di potere o meramente economiche. In questo modo si dimentica che tutti i cittadini maggiorenni godono dell’elettorato passivo e che le candidature non dipendono dallo status sociale dei candidati, ma dalla bontà della loro formazione, personale, professionale, politica, dal loro attaccamento alle Istituzioni repubblicane e dalla loro volontà, costituzionalmente prevista, di operare per il bene della nazione tutta. 

L’eliminazione delle liste bloccate, pertanto, favorisce un sistema nel quale le scelte dei candidati siano effettuate garantendo pari, libere e consistenti capacità d’incidenza del voto individuale sugli esiti finali e facilita un “reclutamento” dei parlamentari autenticamente rappresentativo.

Le puntuali modifiche legislative che si propongono con il presente testo non intendono incidere sulla formula elettorale ma soltanto eliminare due meccanismi – le “liste bloccate” e la possibilità delle “candidature multiple” – che limitano sensibilmente il potere di scelta dei rappresentanti politici nazionali da parte degli elettori, incidendo negativamente sull’effettiva rappresentatività degli organi designati. Spetta al Parlamento definire un sistema elettorale che sappia coniugare le esigenze della stabilità con quelle della rappresentatività, nel mutato contesto determinato dalla nuova composizione delle Camere, secondo un disegno che richiede decisioni caratterizzate da una notevole connotazione politica.

Ci si limita a segnalare, peraltro, che la riduzione del numero dei parlamentari impone di riflettere sulla necessità di adottare correttivi anche riguardo alle modalità di designazione di altri organi costituzionali e a rilevanza costituzionale (primi fra tutti, il Presidente della Repubblica, la Corte costituzionale e il Consiglio superiore della magistratura), affinché questi ultimi possano continuare a rispondere alle esigenze ordinamentali per il soddisfacimento delle quali i Costituenti intesero prevederne la presenza. Si tratta, tuttavia, di interventi che richiedono modifiche (anche del testo costituzionale) ovviamente ben più complesse di quelle che ora si propongono.

In prospettiva comparata, la blindatura del voto di lista (nelle elezioni politiche nazionali) risulta ormai l’eccezione rispetto alla regola dell’espressione della preferenza di voto. Anche senza voler considerare le esperienze dell’area latino-americana, in cui le liste bloccate sono talora addirittura reputate incompatibili con la concezione ivi diffusa del voto come esercizio di un quarto, autonomo potere (quello elettorale), è comunque riscontrabile un’ampia diffusione del “voto alla persona”, (senza dunque alcuna lista bloccata) variamente declinato come “voto esclusivo” (Regno Unito, Stati Uniti, Francia), voto “singolo” e “plurimo” preferenziale categorico, a seconda dei casi, puro (Norvegia e Finlandia), misto (Germania e, variamente, Belgio, Svezia, Slovacchia), aperto (Lussemburgo, Svizzera), “plurimo preferenziale graduabile trasferibile” (Irlanda, Australia).

Oltre alle più dirette implicazioni sui sistemi di elezione in senso stretto, una siffatta considerazione pare tanto più rilevante in contesti, come quello italiano, nei quali non è dato contare, al momento, su organi terzi e imparziali che garantiscano che l’applicazione dei meccanismi elettorali avvenga sulla base e nel rispetto di regole eque, con la conseguenza di un’ulteriore “blindatura” – scalfita solo in parte dalla Corte costituzionale (sentenza n. 48 del 2021) –, consistente nell’affidare agli stessi soggetti “controllati” il ruolo di “controllori” di sé stessi. 

La Consulta, pur assecondando, nel tempo, la scelta di affidare alle stesse formazioni politiche il delicato compito di indicare l’ordine di presentazione delle candidature (nella valorizzazione dell’art. 49 della Costituzione), ha posto comunque la condizione che l’elettore debba essere «pur sempre libero e garantito nella sua manifestazione di volontà, sia nella scelta del raggruppamento che concorre alle elezioni, sia nel votare questo o quel candidato incluso nella lista prescelta, attraverso il voto di preferenza» (sentenza n. 203 del 1975). Il Giudice delle leggi è giunto, per questa via, a ritenere, in tempi più recenti, gravemente lesiva della «logica della rappresentanza consegnata nella Costituzione» la mancanza del «sostegno della indicazione personale dei cittadini» con riguardo alla totalità dei parlamentari eletti, «senza alcuna eccezione» (sentenza n. 1 del 2014). 

Nella sua ormai pluriennale giurisprudenza in materia, la Corte ha mostrato attenzione per le ricadute della disciplina legislativa anche «rispetto alla libera e genuina espressione del voto popolare», garantita, quale «principio primario e inviolabile dagli artt. 1, 2 e 51 della Costituzione» (sentenze n. 344 del 1993, n. 84 del 1994 e n. 141 del 1996); e ha sottolineato, ancora di recente, l’importanza del voto «per la costituzione degli “organi supremi”, essenziali per il funzionamento del sistema democratico-rappresentativo» (sentenze n. 1 del 2014 e n. 35 del 2017).

Il testo che si propone punta, dunque, a porre il sistema di voto al passo coi tempi, garantendo la conformità di un suffragio riconosciuto ormai, a tutti gli effetti, come un diritto «inviolabile» (sentenza n. 1 del 2014) e «fondamentale» (sentenza n. 35 del 2017). 

Alle criticità di cui si è ragionato va aggiunta quella, almeno altrettanto problematica, costituita dalla “multicandidabilità”, la cui portata risulta amplificata dalla riduzione del numero dei parlamentari, essendo rimasta invariata la previsione del “tetto massimo” pari a cinque contestuali candidature. Scelta tanto più singolare se solo si pensa a come la stessa analisi comparata getti luce sulla tendenza della maggior pare degli ordinamenti liberaldemocratici a vietare un simile istituto, al punto che il legislatore britannico ha stabilito che «Candidate not to stand in more than one constituency” (art. 22 dell’Electoral Administration Act, per l’elezione della House of Commons, entrato in vigore il 1° gennaio 2007). È significativo che nella stessa patria di origine dell’istituto delle candidature multiple, se ne sia rilevata la pericolosità per le sue possibili applicazioni plebiscitarie, tanto da disporsene la soppressione. 

Un tale meccanismo presenta una spiccata attitudine ad alterare il principio one man, one vote e tende ad allentare, sino al punto di spezzarlo, il legame di responsabilità politica tra rappresentato e rappresentante. 

Va evidenziata, in tal senso, l’idoneità delle proposte in oggetto a rinsaldare il rapporto tra elettori ed eletti, contribuendo con ciò, peraltro, a fronteggiare adeguatamente la patologia del transfughismo, ossia della trasmigrazione parlamentare.

Le revisioni legislative che si avanzano mirano a intervenire proficuamente in un contesto segnato dall’affievolimento della rappresentatività del Parlamento, dalla perdurante difficoltà per gli elettori di farsi un’idea del “destino” del proprio voto, dalle diverse e ingiustificate chances dei candidati di godere dei meccanismi di blindatura e, soprattutto, dall’impossibilità per il corpo elettorale di poter non rieleggere chi non si è rivelato all’altezza del ruolo affidatogli. Fattori che alimentano, oltretutto, la diffusa tendenza a investire in forme personalistico-carismatiche di esercizio del potere, incompatibili con l’ispirazione democratica dell’ordinamento costituzionale vigente.

La proposta di legge che qui si porta alla vostra attenzione intende modificare in melius il sistema di designazione dei parlamentari, in modo autonomo da (comunque auspicabili) interventi organici sullo stesso sistema elettorale ampiamente inteso. Essa, infatti, scardina due “blindature” che del sistema vigente ostacolano una resa democraticamente adeguata, col risultato di potenziare la capacità di incidenza del voto individuale sull’esito dell’elezione, a beneficio dei principi di sovranità popolare e di rappresentanza parlamentare consacrati dalla Costituzione.

Lara Trucco, docente ordinaria di Diritto costituzionale - UniGe
Lara Trucco, Docente ordinaria di diritto costituzionale e Prorettrice agli affari generali e legali dell'Università di Genova

Tutte le modifiche proposte punto per punto

Si è intervenuti sulle leggi elettorali vigenti in modo chirurgico, con riguardo alle sole disposizioni concernenti il sistema di votazione inteso in senso ampio e la previsione della facoltà dei candidati di presentarsi in più collegi elettorali (sino a cinque nella parte plurinominale del sistema).

In particolare sono proposte le seguenti modifiche del D.P.R. 30 marzo 1957, n. 361 che disciplina l’elezione della Camera dei Deputati:

  • con l’aggiunta di un terzo comma nell’art. 4 e di un nuovo articolo immediatamente successivo, il 4-bis, è introdotta e disciplinata la possibilità per l’elettore di esprimere un solo voto di preferenza nei collegi plurinominali;
  • con la modifica dei commi 2 e 4 dell’art. 19 e del comma 1 n. 6 dell’art. 22 sono vietate e sanzionate con la nullità le candidature multiple;
  • l’art. 31 comma 5 è riscritto per adeguarne le previsioni concernenti la formazione della scheda elettorale all’introduzione del voto di preferenza;
  • le modifiche del secondo comma dell’art. 58 hanno lo scopo di regolare le modalità di espressione del voto di preferenza; con esse si esclude che la preferenza possa essere meccanicamente attribuita al capolista della lista votata quando l’elettore non abbia espresso il suo voto di preferenza per uno dei candidati della lista votata; il modo in cui va espresso il voto di preferenza è poi stabilito al primo comma del nuovo art. 59-ter;
  • con la modifica dell’art. 59-bis e dell’art. 70 comma 1, e con l’introduzione dei commi da 2 a 4 del nuovo art. 59-ter, è stabilita la nullità delle schede recanti segni di riconoscimento, di quelle in cui il voto è stato espresso per candidati non compresi nella lista votata e di quelle in cui il voto per il collegio uninominale e quello per il collegio plurinominale sono stati resi in favore di liste non collegate; è, inoltre, stabilita la nullità del solo voto di preferenza quando l’elettore esprime più di una preferenza;
  • infine, le modifiche degli articoli 68, 71 comma 1 n. 2), 76 comma 1 n. 1), 77 comma 1, 84 comma 1, 85 e 86 comma 1, 119 e l’introduzione dell’art. 82-bis adeguano le vigenti regole dello scrutinio e dell’assegnazione dei seggi all’introduzione del voto di preferenza: il meccanismo attuale resta intatto, si aggiunge solo la regola secondo la quale nei collegi plurinominali, nel limite dei seggi spettanti a ciascuna lista sulla base di quanto già stabilito dalla legge vigente, risultano eletti i candidati che hanno conseguito il maggior numero di preferenze.

Il D.Lgs. 20 dicembre 1993 n. 533, che disciplina l’elezione del Senato, è così modificato:

  • i numeri 1 e 2 del primo comma dell’art. 14, che disciplinano le modalità di voto, sono riscritti prevedendo la possibilità per l’elettore di esprimere il voto di preferenza;
  • il terzo comma dell’art. 14 è modificato nella parte in cui rinvia a specifiche disposizioni del D.P.R. n. 361/1957, per rendere coerenti quei rinvii alle modifiche del medesimo D.P.R. 361 che si sono proposte;
  • è riscritto il primo comma dell’art. 17-bis in modo da prevedere che nelle liste dei collegi plurinominali, nei limiti dei seggi a queste attribuite sulla base delle regole vigenti, sono eletti i candidati che hanno conseguito il maggior numero di preferenze;
  • -    viene abrogato il terzo comma dell’art. 17-bis per adeguare la disciplina al divieto di candidature multiple.

I promotori

Gli studiosi che hanno promosso l’iniziativa sono: Fiammetta Salmoni, Lara Trucco, Alessandro Morelli, Marco Ruotolo, Bruno De Maria, Giovanni Moschella, Adriana Apostoli, Claudio De Fiores, Gaetano Azzariti, Michele Della Morte, Giovanni Tarli Barbieri, Valeria Marcenò.

di Claudia Ferretti