Macchine? Stupide ma veloci, gli umani invece, intelligenti, ma lenti: intervista a Luca Oneto

Velocità e intelligenza

"In generale le macchine sono molto stupide ma veloci, mentre gli esseri umani sono molto intelligenti ma anche molto lenti. Quello che stiamo cercando di fare è mettere un po’ di intelligenza nelle macchine, mentre queste cercano di dare agli uomini una maggiore velocità nel realizzare prodotti e oggetti."

A dirlo è Luca Oneto, professore associato in Sistemi di elaborazione delle informazioni all’Università di Genova e miglior giovane ricercatore italiano in intelligenza artificiale nel 2019.

"L’intelligenza artificiale non corre da sola. Anzi, di pari passo con lo sviluppo tecnologico ci vuole anche un approccio disciplinare al tema per affrontare, e chiarire, quegli aspetti etici, sociali, legislativi e finanziari che devono stare alla base dell’utilizzo della IA.

GDPR, problema di responsabilità e diritto alla comprensione (ciò che si definisce con il termine: spiegabilità) vanno regolamentati attraverso precise indicazioni politiche. Pensiamo, per esempio, all’errore che anche una macchina può commettere: a quel punto sarà responsabile il produttore o chi ha inserito in modo errato i dati? A oggi, non si sa ancora se ad un determinato input corrisponde un determinato output. I range di tolleranza esistono, ma avanzare sul fronte tecnologico comporta rischi che devono essere bilanciati" prosegue il ricercatore.

Di fronte agli sbagli della macchina, le imprese sottoscrivono assicurazioni mirate per poter assorbire i danni di eventuali errori. Rischi sui quali devono porre particolare attenzione anche gli imprenditori.

"Gli imprenditori devono avere consapevolezza, acquisire competenze tecniche specifiche, capire i limiti e gli svantaggi di queste nuove tecnologie. A volte si usa la IA solo perché smart, ma non si tengono in debita considerazione i danni che può causare: per esempio il rilascio di informazioni che non si possono rilasciare (data breach) o la creazione di falle attaccabili nei sistemi".

La formazione è un punto fondamentale, perché l'impresa segnala carenze di molte figure specifiche: un software non è semplicemente, e solo, un software. Lo sottolinea Luca Oneto: "Per mettere in funzione la IA servono basi teoriche specifiche e solide e skill particolari, anche di visione. In caso contrario, così come accaduto in passato, si rischia un “nuovo inverno” della IA: queste tecnologie non possono risolvere problemi complessi, ma aiutare l’uomo ad affrontarli in modo diverso".

Disoccupazione tecnologica?

Sullo spettro di una probabile disoccupazione tecnologica, il professore è chiaro: "Le nuove tecnologie hanno l’obiettivo di diminuire il carico di lavoro/uomo, e questo potrà portare ad una diminuzione delle ore lavorate per giornata. L’accento, però, va anche posto sulle ultime ricerche in ambito IA, per ottenere tecnologie che non discriminino le persone, che non siano facilmente inducibili all’errore e che non diminuiscano la privacy delle persone".

Detto questo, la IA mette tutti d’accordo quando si parla di competitività d’impresa perché oggi non si può pensare ad un prodotto che non sia in grado di offrire “servizi intelligenti”, quindi customizzati, ad un cliente. Inoltre, queste nuove tecnologie devono anche essere utilizzate per potenziare capacità e strumenti che le imprese hanno già al loro interno".

Come è il caso di Chat GPT che, al pari di Google Translate e Google Search, velocizza, semplifica e rende più efficiente ed efficace il lavoro dell’impresa per migliorare i suoi prodotti: "Chat GPT è un “language model” che utilizza una grande mole di dati presenti in rete per dare risposte sensate alle nostre domande – conclude Luca Oneto. Non è perfetta, ma ci toglie dall’impiccio di dover partire da zero per la scrittura di un codice o di un testo. Come altre macchine, permette di pre-processare alcune informazioni per renderle intellegibili all’uomo e per migliorare i suoi processi cognitivi".

di Claudia Ferretti