Sostenibilità sociale, genere e inclusione
Sostenibilità sociale, bilancio e parità di genere, inclusione: sono temi di grande rilevanza per l’Università di Genova. Ne parliamo con Angela Celeste Taramasso, delegata del rettore UniGe per la pari opportunità e l’inclusione, componente del CPO – Comitato Pari Opportunità, rappresentante per l’Università di Genova nel gruppo di lavoro sulla parità di genere della CRUI, coordinatrice dell’osservatorio per il monitoraggio del GEP – Gender Equality Plan e del BdG – Bilancio di Genere.
Professoressa Taramasso, in base a questi ruoli, quali sono i suoi compiti?
Chiaramente mi occupo di problematiche legate alla parità dii genere (SDGs 5 dell’Agenda 2030 “Achieve gender equality and empower all women and girls”); in particolare, collaboro con la governance di Ateneo per promuovere azioni che producono effettive misure di miglioramento. Per far questo, occorre utilizzare i rapporti che hanno fotografato il nostro Ateneo, ovvero GEP – Gender Equality Plan e del BdG – Bilancio di Genere (NdR: già pubblicati e disponibili in rete).
La sostenibilità, in tutte le sue declinazioni, è di primaria importanza per l’Università di Genova che si è dotata di una commissione per la sostenibilità ambientale di Ateneo, un gruppo di lavoro UniGe Sostenibile, un gruppo di lavoro per il risparmio energetico, una mobility manager (incarico ricoperto attualmente da Ilaria Delponte, docente UniGe di Tecnica e pianificazione urbanistica) e una energy manager (posizione attualmente affidata a Giada Agnese, area tecnica dell'Università di Genova).
Che significato e quali implicazioni hanno oggi le parole “parità di genere” e “inclusione”?
La parità di genere, in qualsiasi ambito lavorativo e di studio, è un aspetto fondamentale e di cui è necessario tener conto anche per potere partecipare a progetti europei e nazionali e, di conseguenza, per ottenere fondi per implementare politiche di sviluppo delle proprie strutture.
Riguardo all’inclusione, in UniGe lavoriamo su varie tematiche sia per la nostra componente studentesca sia per il personale tutto dell’Ateneo: non si analizzano solo le problematiche correlate alla disabilità motoria, ma anche le altre forme di disabilità permanenti o temporanee che possono coinvolgere chiunque tra noi, ora e in futuro.
Non dimentichiamo l’inclusione culturale correlata alla presenza di diverse etnie nella nostra componente studentesca, e, ovviamente, l’inclusione sociale che è sempre presente nelle politiche dell’Ateneo.
Una società maggiormente inclusiva è anche una società che produce maggiore benessere per tutti e tutti.
Cos’è il GEP e a cosa serve?
Il GEP – Gender Equality Plan è uno strumento strategico inteso a favorire un cambiamento strutturale negli enti pubblici; nel panorama europeo, l’Italia è in posizione privilegiata su questo punto grazie alla presenza consolidata dei CUG – Comitato Unico di Garanzia e dei relativi PAP – Piano di Azioni Positive.
Il GEP, o piano per la parità di genere, dell’Università di Genova delinea azioni per ridurre le asimmetrie di genere e valorizzare le diversità. Tramite il GEP, e in continuità con iniziative già definite da alcuni anni, UniGe riconosce la parità di genere e il contrasto a ogni forma di discriminazione che intersechi il genere quali valori fondamentali e condivisi. Mi fa piacere ricordare che quella di Genova è stata una delle prime università italiane a introdurre il doppio libretto per la componente studentesca, primo passo per la carriera alias.
Le azioni delineate nel GEP, unite alla valorizzazione delle reti di collaborazione sui temi della parità, della diversità e dell’inclusione, contribuiranno a rendere l’Università di Genova più inclusiva e i suoi percorsi di insegnamento e ricerca più innovativi. La realizzazione del GEP quadriennale in UniGe è accompagnata da un processo di riflessione che propone azioni a breve, medio e lungo termine, per costruire un ambiente educativo e scientifico sensibile alla dimensione di genere e all’inclusione. In questo modo, UniGe ha attuato l’invito di Horizon Europe a porre attenzione alla equa rappresentazione delle diversità che riguardano tutte le sfumature sociodemografiche, quali genere, età, disabilità, etnia, religione, convinzioni personali, orientamento e identità sessuale.
Certificazione di Genere. Cos’è e a cosa serve?
La legge n. 162/2021 prevede, a partire dal 1° gennaio 2022, la certificazione della parità di genere sul posto di lavoro come primo passo per eliminare il divario di retribuzione tra uomini e donne. Tale certificazione, realizzata in UniGe con il GEP, non solo è necessaria per poter presentare progetti di ricerca e ottenere finanziamenti presso l’Unione Europea, ma è anche richiesta per poter accedere ai fondi del PNRR (Recovery Found). Anche se si tratta di fondi nazionali, il PNRR prevede tra le sue azioni l’implementazione di politiche volte ad arrivare ad una maggiore parità di genere in ambito lavorativo (missione 5, “Inclusione e coesione”).
Ogni azienda, appartenente a qualsiasi settore, deve predisporre una sua analisi producendo il proprio bilancio di genere e da questo arrivare a predisporre una richiesta di certificazione contenente anche proposte di azioni volte a mitigare gli aspetti maggiormente negativi. A questo punto emerge la forte necessità di adottare un linguaggio inclusivo e non discriminatorio in qualsiasi contesto di lavoro e di vita.
Infine, vorrei evidenziare che il gender gap, nel nostro territorio, è influenzato dalla carenza di servizi di supporto alla famiglia; questo porta le donne che scelgono il part-time a essere svantaggiate nei processi di collocazione in azienda, specie per le posizioni apicali. Si arriva spesso all’abbandono del lavoro per necessità di attività di cura verso la famiglia, che siano bambini e bambine, persone anziane o persone con disabilità.
Un’ultima domanda: cosa sogna e cosa si augura per il prossimo futuro?
Sogno che si possa evidenziare in ogni contesto politico, e non, che incrementare i servizi di supporto alle famiglie porta a un ovvio aumento del prodotto interno lordo, a una maggiore presenza di posti di lavoro regolari, a un maggiore benessere della popolazione lavoratrice e non solo. La scelta oggi di lavorare part-time porterà ad avere una popolazione femminile nel futuro, anche a breve, con pensioni ridotte e quindi ancora dipendenti dal resto della famiglia, solitamente di genere maschile. Altro desiderio è che nella medicina ci sia una maggiore attenzione al genere nella diagnostica delle malattie e nella cura.
Ringraziamo Angela Celeste Taramassoo per questa intervista e, con lei, il CPO, il CUG, la prorettrice vicaria, la consulente di fiducia e tutte le persone che in UniGe si impegnano, ogni giorno, per tutelare l’eguaglianza, la non discriminazione, le pari opportunità e l’inclusione.