Usa 2024: perchè ha vinto Trump?
Le elezioni americane 2024 sono terminate e in molti si sono chiesti i motivi della vittoria di Donald Trump. Abbiamo provato a far rispondere Fabrizio Coticchia, docente di Scienza politica e relazioni internazionali dell'Università di Genova.
Perchè ha vinto Trump: i dati
I dati che emergono da queste elezioni sono di dimensione storica: Harris ha perso circa 12 milioni di voti rispetto a Biden nel 2020, Trump ne ha persi almeno 3.
Può essere che non sia Trump ad aver convinto ma i democratici che non hanno convinto abbastanza?
Fabrizio Coticchia: «Occorrono due premesse prima di esaminare l’esito delle elezioni americane: la prima attiene ai dati, ancora parziali, a nostra disposizione. Pertanto, le analisi che possiamo fare saranno inevitabilmente preliminari. Ma la scienza politica ci viene in aiuto perché da alcuni anni, da prospettive diverse, cerca di comprendere le ragioni del consenso di Trump, e di politici a lui simili, almeno in alcune caratteristiche. La seconda premessa riguarda invece la peculiarità delle elezioni del 5 novembre 2024 per la storia americana. Non solo perché abbiamo un ex presidente che viene rieletto per la prima volta dai tempi di Grover Cleveland (1893) ma anche e soprattutto per la traiettoria politica di Trump, il quale non aveva riconosciuto i risultati delle elezioni del 2020 e anzi aveva sostenuto, incoraggiato e poi giustificato, azioni di violenta insurrezione e sedizione. Un’aperta ostilità, rivendicata anche retoricamente, ai processi vitali che regolano una democrazia liberale. Anche per questo, al di là della condanna sopraggiunta, il recente trionfo di un politico come Trump nel cuore della “democrazia occidentale” merita davvero una spiegazione approfondita, che va oltre una singola variabile esplicativa.
In tal senso la domanda coglie un aspetto che appare centrale: la grave sconfitta dei Democratici e la loro incapacità di mobilitare l’elettorato tradizionale. Sebbene negli stati chiave Harris abbia perso di pochi punti percentuali, in un contesto segnato da una fortissima polarizzazione*, la mobilitazione della propria “parte”, fondamentale per poter vincere, non è avvenuta. Infatti, Harris ha perso in termini assoluti molti voti rispetto a Biden.
D’altronde proprio Biden rappresenta uno dei fattori cruciali per comprendere quello che è successo: se il presidente in carica non è popolare (come nel suo caso) e l’opinione pubblica ritiene negativa la propria condizione economica (e questo è ciò che rivelano da tempo i sondaggi, in particolare in rapporto agli effetti dell’inflazione), il candidato del partito al governo generalmente perde le elezioni. Harris non è riuscita a invertire questa sorta di regola».
Se la "regola" avrebbe penalizzato qualunque candidato, quanto è dipeso invece proprio dalla candidatura di Kamala Harris, candidatura tardiva e forse non così voluta?
F. C.: «Il modo con il quale Biden è stato sostituito, dopo quel disastroso confronto televisivo con Trump, nonché il modo con il quale si esprimeva e appariva in pubblico da mesi, hanno condizionato gli elettori, in primis democratici, ai quali la vicepresidente è stata presentata come scelta calata dall’altro, per quanto approvata dalla convention, ma senza reali alternative. Forse la vittoria nelle elezioni di medio termine del 2022 deve aver convito il presidente Biden a riproporre la propria candidatura nonostante dubbi e incertezze all’interno del partito e nel pubblico americano. Ma, come detto, bisogna aspettare i dati e le prime analisi empiriche degli esperti di comportamento elettorale per capire quali fattori abbiano pesato più di altri.
Inoltre, osservando la campagna di Kamala Harris non si capiva se venisse promessa una continuità con l’amministrazione uscente, o meno. Harris non è riuscita in ogni caso a mobilitare il proprio elettorato come sperava, a partire da quello femminile. Proprio il genere, assieme al livello di educazione e al divario città/aree rurali, si confermano le linee di frattura centrali nella competizione elettorale americana. Harris pare poi aver perso un terreno tra l’elettorato maschile latino, cittadini americani di origine latino-americana che si sono spostati verso i repubblicani. Più che l’identità in sé, sensibile o meno al razzismo di Trump, la posizione sugli argomenti chiave, le questioni economiche e l’immigrazione irregolare, i valori conservatori sui temi culturali, sembrano aver svolto un ruolo centrale. Il Grand Old Party (GOP - partito Repubblicano), dai tempi di Bush Junior e Karl Rove, insegue questa fetta di elettorato, determinante alla luce della futura demografia statunitense».
L'America religiosa
Sembra che, oltre al consueto voto rurale bianco, intere comunità musulmane abbiano scelto Trump proprio per evitare aperture sui diritti civili.
Quanto hanno influito gli integralismi religiosi su questo risultato?
F. C.: «Come sappiamo, la religione svolge un ruolo molto importante nella società americana, e, quindi, anche nella competizione elettorale. Si pensi, per esempio, al ruolo dei Cristiani Evangelici per la destra americana. Al di là di un assai probabile conservatorismo della comunità musulmana su temi etici e culturali, credo sarà interessante capire che peso abbia realmente avuto la disaffezione di tale segmento di elettorato verso il partito democratico, specie in stati chiave come il Michigan. Il forte sostegno militare e politico di Harris e Biden alla campagna militare israeliana e alle atrocità di massa che essa ha comportato e sta comportando ancora oggi a Gaza, in reazione al drammatico attacco terroristico del 7 ottobre 2023, ha implicato un prezzo, elettoralmente parlando».
Manca una visione alternativa di economia e società: è possibile che sia collegata alla crisi dei partiti progressisti in Europa?
F. C.: «È sempre difficile trarre lezioni dalla contesa elettorale americana per il contesto europeo, data la profonda diversità che sussiste tra gli Stati Uniti e l'Europa. I tentativi di leggere i risultati elettorali sulla base di esigenze politiche di casa nostra sono poi comprensibili ma non molto affidabili. Mi pare, però, che almeno due aspetti emergano chiaramente. La reazione agli effetti, economici e culturali, della globalizzazione promossa dal sistema liberale internazionale, è ancora cruciale, dalla crisi del 2008 ad oggi, per comprendere una voglia di protezione, di riprendere il controllo, che la destra, anche se guidata da miliardari, riesce a comunicare in modo ben più efficace, anche a cittadini di reddito medio basso. I partiti della sinistra progressista si trovano invece da anni in grande difficoltà a proporre una convincente ricetta alternativa: la "terza via"** degli anni novanta del '900, più che un ricordo sbiadito sembra in tal senso una sorta di incubo del passato che ancora mostra i suoi effetti. Il secondo elemento attiene proprio alla rilevanza della polarizzazione*, in uno scenario politico che vede il centro svuotato elettoralmente. E mentre gli attori della destra radicale sono capaci di mobilitare la propria constituency (certo non con ricette moderate), e vedono al contempo le proprie idee condivise e rilanciate sempre di più (si pensi al tema della gestione del fenomeno migratorio nell’Unione Europea), molti partiti di sinistra sembrano rincorrere, in modo inefficace, un fantomatico elettore mediano che pare non esserci più (se non negli editoriali di alcuni giornali)».
Iniziative per approfondire all'Università di Genova
Serviranno molti studi per capire le ragioni della vittoria di Trump del 2024 e l’impatto che potrà avere sul piano internazionale, a tal proposito, l’Università di Genova è pronta: a fine 2024 uscirà il bando per una posizione di dottorato in un progetto Horizon Marie Curie PhD Network per studiare l’impatto dei politici populisti in politica estera con Fabrizio Coticchia al Dipartimento di scienze politiche e internazionali dell'Università di Genova e la collaborazione di molte altre università europee.
Segnaliamo anche due iniziative:
- Le elezioni USA del 2024, conferenza con Mario Del Pero di Sciences Po - lunedì 11 novembre 2024 - dalle ore 17:00 alle 19:00 - Aula Magna Albergo dei Poveri, Genova;
- I risultati delle elezioni presidenziali USA, conferenza con Stefano Luconi dell'Università di Padova - martedì 12 novembre 2024 - dalle ore 12:00 alle 14:00 - Aula 2 Albergo dei Poveri, Genova.
* La letteratura parla di polarizzazione affettiva, che, banalizzando, rende simile il confronto politico a quello del tifo, segnato dall’antagonismo contro un avversario che diventa un nemico da sconfiggere a ogni costo.
** La terza via è stato il modo con cui diversi pensatori e uomini politici hanno provato a indicare un cammino altro rispetto alla tradizionale antitesi liberalismo/socialismo e, per lo più, ha identificato posizioni riformiste e gradualiste di radice socialista ma anche posizioni riformiste di matrice liberale.