Dal mare alla stampa 3D guidata dall’intelligenza artificiale
Come superare i limiti dei materiali strutturali convenzionali ispirandosi alle alghe
Il laboratorio Multiscale mechanics of multifunctional materials (M3M Lab), diretto da Flavia Libonati, docente UniGe di Progettazione meccanica e costruzione di macchine presso il Dipartimento di ingegneria meccanica, energetica, gestionale e dei trasporti - DIME, ha dimostrato come la natura, ancora una volta, possa rivoluzionare la tecnologia.
Attraverso la stampa 3D, le simulazioni numeriche e l’intelligenza artificiale, il gruppo di lavoro di M3M Lab ha identificato la relazione presente tra la forma e le proprietà meccaniche di alcune specie di alghe marine microscopiche e ha progettato nuovi materiali bioispirati con prestazioni che superano del 250% quelle dei materiali convenzionali. Inoltre, a differenza della maggior parte degli approcci basati sui dati, che in genere richiedono una potenza di calcolo significativa, l’approccio di progettazione proposto necessita soltanto di un computer e un risolutore numerico implicito standard (ndr: metodo utilizzato per risolvere equazioni differenziali in modo numerico, che tiene conto della dipendenza tra variabili presenti e future nell'iterazione del processo di risoluzione), e rappresenta pertanto uno strumento efficiente e sostenibile per una progettazione e prototipazione rapida.
Lo studio, che vede come co-autori anche due dottorandi del Dipartimento di ingegneria meccanica, energetica, gestionale e dei trasporti - DIME, Ludovico Musenich e Alessandro Stagni, e uno studente del Dipartimento di fisica - DIFI, Lucio Derin (ndr: finalista FameLab 2022), è stato pubblicato su ACS Materials Letters, una delle riviste internazionali più prestigiose nel campo dei materiali, e in evidenza sulla copertina della rivista stessa.
L'articolo completo, in inglese, è online sul sito ACS Publications.
Materiali architettati
Nel panorama industriale moderno, lo sviluppo di materiali ad alte prestazioni è fondamentale per il progresso tecnologico. Settori come quello sportivo, aerospaziale, robotico o medico richiedono costantemente nuovi materiali che siano al contempo leggeri, resistenti, multifunzionali e sostenibili.
Grazie alla stampa 3D, i materiali architettati emergono come candidati ideali per rispondere a queste esigenze; la loro forza risiede nella loro natura gerarchica, che permette di regolarne le prestazioni sulla macroscala, giocando con le caratteristiche chimico-fisiche alla microscala. In altre parole, progettare i materiali architettati è come giocare con i Lego: combinando mattoncini di diverse forme e colori (le caratteristiche chimico-fisiche), si possono creare un’infinità di oggetti con strutture e funzioni differenti.
La libertà di progetto offerta dai materiali architettati costituisce un enorme potenziale per l’innovazione. Tuttavia, occorre assemblare i “mattoncini fondamentali” in modo ottimale per superare le limitazioni intrinseche ai materiali ingegneristici tradizionali. La sfida attuale consiste nel comprendere come districarsi in questo spazio di possibilità e derivare nuove soluzioni ad alto impatto.
Le diatomee come modello
Le diatomee, alghe unicellulari presenti sia in acque dolci che salate, rappresentano la componente principale del fitoplancton, responsabile della produzione del 50% dell’ossigeno terrestre e della riduzione della concentrazione dei gas serra.
La loro importanza ecologica è paragonabile a quella delle foreste tropicali. Per questo motivo, negli ultimi due secoli, sono state ampiamente studiate e impiegate come indicatori ambientali per il monitoraggio sia della salute degli ambienti acquatici sia dell’evoluzione della biodiversità.
Recentemente, attraverso le tecniche di acquisizione di immagini più evolute, è stata rivelata l’architettura multiscala che caratterizza i loro gusci ed è stato scoperto come la diversità di specie presenti in natura, e le molteplici funzioni che sono in grado di assolvere, dipendano dal modo in cui questi organismi plasmano i “mattoncini” biologici che costituiscono le loro pareti cellulari. Le diatomee rappresentano quindi un modello straordinario per la progettazione di materiali architettati innovativi. Ma come possiamo trasferire i principi di progettazione della natura all’ingegneria?
Un approccio alla progettazione “data-driven”
Il team di ricerca ha adottato un approccio che combina la stampa 3D con l'integrazione di simulazioni numeriche e algoritmi di intelligenza artificiale basati sull'apprendimento automatico. L’imitazione delle caratteristiche dei materiali naturali porta con sé numerose problematiche; le principali consistono
- nel disporre di una tecnologia produttiva in grado di replicare accuratamente i dettagli geometrici d’interesse;
- nel valutare un numero sufficientemente grande di combinazioni “di mattoncini” in tempi limitati, per capire quella che, in termini assoluti, assicura i risultati migliori per una data applicazione.
Per far fronte alla prima criticità, il gruppo di ricerca ha creato un modello di materiale architettato ispirato alle diatomee su una scala dimensionale adatta alla stampa 3D. Per gestire la seconda problematica, il team ha costruito diverse configurazioni digitali del modello originale e ne ha simulato numericamente il comportamento meccanico. Ha quindi sfruttato i risultati delle simulazioni per addestrare degli algoritmi di intelligenza artificiale in grado di superare le simulazioni stesse e valutare più di 80000 casistiche differenti.
I risultati, ottenuti in tempi molto più brevi di una progettazione classica basata su modelli numerici e test sperimentali, offrono la possibilità di progettare materiali bio-ispirati ad hoc, adattando le proprietà in base alle prestazioni richieste per una data applicazione e aprendo la strada a numerose applicazioni che spaziano dalle strutture ultraleggere per lo spazio ai dispositivi di protezione individuale.
Lo studio rientra nell’ambito del progetto BEST (Machine-learning driven design of BiomimEtic Self-sensing maTerials), del bando di Ateneo Curiosity driven 2020 finanziato dall'Unione Europea - NextGEneration EU, che supporta progetti di ricerca di base motivati dalla curiosità (cd. “curiosity driven”) presentati da giovani ricercatrici e ricercatori.