Una cena solidale

Una cena solidale


I tavoli allestiti nel cortile di via Balbi«Non è solo quello che mangiamo, ma la gentilezza di questi ragazzi, il fatto che mi trattano da signora: oggi è il primo giorno in quest’anno che non mi sento un’animale, ma un essere umano». Elena è una donna russa che abita da sola in una tenda piantata all’interno di un boschetto ai limiti della città: i volontari della Comunità di Sant’Egidio l’hanno incontrata alcuni mesi fa e hanno vinto la diffidenza con il calore di un’amicizia cresciuta tra un panino e una coperta regalati. Mercoledì erano seduti a un tavolo perfettamente apparecchiato: Elena, i suoi amici di Sant’Egidio e tanti senza dimora italiani e immigrati.

L’occasione è stata la cena organizzata da Università Solidale, il movimento degli studenti universitari della Comunità di Sant’Egidio, alla fine dell’anno accademico: nell’atrio monumentale del Rettorato, in via Balbi, centocinquanta ospiti e cento tra cuochi e camerieri. Seduti a tavola gli uomini e le donne senza dimora che abitano sotto i ponti e negli angoli della città. Accanto a loro, dietro i fornelli, a servire le pietanze, decine e decine di studenti di tutte le facoltà. Il padrone di casa, il rettore Giacomo Deferrari, è contento dell’iniziativa, si presenta, stringe le mani, ascolta i racconti delle storie di chi vive per strada. Ma soprattutto osserva i “suoi” studenti in questa veste un po’ inusuale e ascolta le loro parole sulla necessità di aprire l’Università alla cultura della solidarietà: «è proprio vero – sorride con convinzione il Rettore – ci sarebbe bisogno di moltiplicare queste iniziative, perché sono qualcosa di fondamentale per la formazione umana dei nostri giovani: io vorrei che si potessero ripetere manifestazioni come questa anche due volte all’anno».

Un'ospite con una studentessaUniversità Solidale è un movimento nato attorno a Sant’Egidio più di un anno fa: raccoglie centocinquanta giovani impegnati nell’amicizia con i poveri, nella preghiera, nella promozione di una cultura dell’incontro con tutti. L’anno scorso, per la prima volta l’università ha aperto le porte della sua sede più prestigiosa a rom e senza dimora. Quest’anno dopo dodici mesi di iniziative il bis: mesi di lavoro, raccolte alimentari, il coinvolgimento di decine di coetanei per una festa bella, curatissima, animata da un’allegrissima band di rom romeni. Un incontro che, come affermano gli studenti «mette insieme due parti della città che si sfiorano senza incontrarsi mai veramente e mostra una cultura vera, umana, della vita e dell'incontro che vince paura e diffidenza. In questi tempi difficili vogliamo affermare che l’unica risposta concreta e realistica alla crisi è la solidarietà». Il menù è quello delle occasioni speciali: antipasti misti, cannelloni, arrosto e crocchette di pesce, macedonia con gelato. Gli ospiti apprezzano, ridono e ballano sul ritmo di violino e contrabbasso: «oggi è una serata speciale – sorride Ivo – è come in famiglia». Poi si fa più serio e si corregge: «anzi, è meglio che nella mia famiglia».

Roberta Chiossone
Studentessa Scuola di Scienze sociali
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