La diversità come Modus Vivendi: dalla “Merenda al buio” alla “Caccia di barriere architettoniche”
La diversità come Modus Vivendi: dalla “Merenda al buio” alla “Caccia di barriere architettoniche”
“Le rappresentazioni sociali della disabilità: esperienze con e sul territorio per educare alla diversità”. Questo è il titolo della mia tesi in Scienze della Formazione Primaria discussa all’Università di Genova. Questo lavoro è stato realizzato grazie alla cortese collaborazione e professionalità della mia relatrice, Luisa Stagi, docente di Sociologia generale, e delle mie correlatrici, Mirella Zanobini, docente di Psicologia delle disabilità, e Gisella Merenda, Supervisore di tirocinio ordinario, le quali mi hanno accompagnata e supportata in questo mio percorso.
La motivazione che mi ha spinta ad indagare le rappresentazioni sociali nasce dalla convinzione che la disabilità è una delle tante condizioni umane esistenti e possibili, e di conseguenza dalla mia volontà come futura insegnante di trasmettere questa consapevolezza ai bambini, anche attraverso percorsi che educhino a vedere la diversità come una risorsa e non come un limite.
In base agli studi effettuati ho potuto capire l’importanza che hanno le rappresentazioni sociali all’interno della cultura e della società, che spesso costruiscono le concrete relazioni sociali con alcune categorie di soggetti. Mi sono quindi chiesta se fosse possibile rilevare rappresentazioni sociali non stereotipate della disabilità e ho cercato di dare una risposta a tale domanda attraverso la parte prettamente empirica del mio lavoro, costituita, da un lato, dalle interviste agli attori coinvolti nella mostra itinerario “Dialogo nel Buio” di Genova, e dall’altro, dal progetto “Tutti uguali o tutti diversi?”, da me ideato e realizzato nella classe 3°B della Scuola Primaria imperiese di Largo Ghiglia. In tale percorso ho innanzitutto esplorato le rappresentazioni sociali (in questo caso stereotipi veri e propri) dei bambini nei confronti della diversità, per poi strutturare diverse attività, come per esempio la “Merenda al Buio” o la “caccia alle barriere architettoniche”, nelle quali i bambini hanno imparato, in un clima ludico ed emotivamente coinvolgente, a mettersi in gioco e nei panni altrui, sperimentando situazioni che li hanno “obbligati” naturalmente ad uscire da schemi “preconfezionati”.
In particolare, nell’attività della “Merenda al Buio”, la routine della merenda si è svolta in un’aula completamente oscurata per l’occasione, e i bambini sono stati serviti da camerieri non vedenti, accompagnati dal suono del violino del Professor Franco Invidia, in un’atmosfera davvero unica e piena di emozioni.
Il mio obiettivo è stato quello di mettere i bambini nella condizione di sperimentare la diversità come un modus vivendi, dando loro la possibilità di fare attività normali, nonostante in quel momento fossero privati di qualche senso.
Un punto di forza di tale attività penso sia stata la mobilitazione delle varie agenzie del territorio imperiese con cui ho collaborato, ovvero l’Unione Italiana Ciechi, il Club Alpino Italiano e l’Orchestra Sinfonica di Sanremo.
Nel mio piccolo, ho quindi deciso di iniziare questo percorso di cambiamento, partendo dai bambini, che ritengo essere l’unica chiave possibile per abbattere determinati retaggi culturali.