Seminario sulla radicalizzazione: la prevenzione a fianco della repressione del terrorismo

Il 22 marzo 2017, nell’ambito del corso di Sociologia del Diritto e delle Professioni legali tenuto dal preside della Scuola di Scienze sociali Realino Marra, si è tenuto il seminario dal titolo “Radicalizzazione giovanile e azioni terroristiche. Le strategie italiane”.

I relatori del seminario

Al seminario, sono intervenuto in qualità di rappresentante speciale della presidenza dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) su politiche giovanili e sicurezza e ho ripercorso l’impegno dell’organizzazione nell’antiterrorismo. In particolare ho esposto le iniziative dell’OSCE sul tema della prevenzione e del contrasto all’estremismo violento, tra cui gli workshop regionali volti a coinvolgere giovani volontari di Ong, ricercatori ed esperti per mettere a frutto le best practices in questo settore e condividerle. Due workshop si sono già tenuti, per l’Europa occidentale e la regione del Mar Nero, mentre altri due si terranno in primavera per i Balcani Occidentali e l’Asia Centrale.

La parola è passata poi al professor Lorenzo Vidino, direttore del programma sull’Estremismo alla George Washington University, incaricato ad ottobre 2016 di coordinare la commissione di studio sul fenomeno jihadista istituita da Palazzo Chigi. Vidino ha esposto la situazione della minaccia in Italia, in una prospettiva comparata con gli altri paesi europei. È emersa la valutazione di un fattore di rischio inferiore rispetto agli altri paesi per via di numerosi fattori, tra cui il basso numero di immigrati di seconda o terza generazione in età adolescenziale e adulta, l’esperienza delle forze dell’ordine derivante dalla stagione del terrorismo interno, lo strumento delle espulsioni. Vidino ha poi esposto i lavori della commissione governativa, che si è concentrata su alcuni filoni di analisi. In primo luogo il fenomeno dei foreign fighters e il rischio del cosiddetto blowback, cioè l’uso delle nozioni militari acquisite in Medio Oriente per compiere attentati su suolo europeo, poi la crescita della scena jihadista autoctona, che si sviluppa prevalentemente sul web e nelle carceri. Le moschee e i centri islamici rivestono infatti un ruolo marginale. Vidino ha poi descritto le raccomandazioni formulate al governo e al parlamento, che dovrebbero essere integrate con emendamenti alla proposta di legge a firma Dambruoso-Manciulli, sulla prevenzione del terrorismo con misure sociali. Secondo la commissione, queste misure dovrebbero comprendere un centro nazionale di coordinamento e dei centri regionali, gestiti da esperti con la collaborazione di assistenti sociali, psicologi, imam, direttori scolastici e altre figure in grado di avvertire i segnali di radicalizzazione.

Infine, ha preso la parola come discussant il professor Pejman Abdolmohammadi, che ha commentato positivamente gli sforzi dell’OSCE e dell’Italia nella prevenzione del terrorismo. Ha tuttavia sottolineato che una contro-narrativa credibile del modello occidentale deve passare per un’autocritica del passato coloniale e dell’interventismo odierno, mentre sul fronte interno ha sottolineato che grande importanza avrà la qualità del personale dedicato alla prevenzione: è stato portato ad esempio il caso delle cooperative incaricate della gestione dei migranti, talvolta giudicate inadeguate e di bassa qualità. Occorre perciò selezionare il personale in base ad esperienza pregressa ma soprattutto alla capacità di incidere sui giovani radicalizzati.

 

Matteo Pugliese
Rappresentante speciale della presidenza OSCE su politiche giovanili e sicurezza

Tags