UniGe ed ExxonMobil insieme per la cattura della CO2

Gli affreschi dell’Aula Magna di via Balbi si affacciavano venerdì 18 ottobre su una sala piena di docenti, rappresentanti dell’industria e studenti presenti per ascoltare il seminario del dott. Tim Barckholtz.
Il relatore riferiva sulla cattura della anidride carbonica per l'abbattimento dei gas ad effetto serra usando celle a carbonati (“CO2 capture using carbonate fuel cells”).
L’intervento è stato proposto in seno al ciclo dei “Seminari Tiscornia” organizzati dal Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica e Ambientale (DICCA) e dedicati alla memoria dei coniugi Carlo Emanuele e Maria Rosa Tiscornia, benefattori dell'Ateneo.  

UniGe ed ExxonMobil

L’argomento è apparso subito di grande attualità dato l’odierno scenario mondiale, dove l'urgenza ambientale è nota, ma la domanda di energia è sempre crescente, e con questa la CO2 emessa in atmosfera. L’attenzione quindi era concentrata su una duplice sfida: ridurre le emissioni di CO2, ma produrre sempre più energia.
Il dott. Barckholtz ha dedicato la propria attività scientifica a questo tema dal 2011, dopo un dottorato di ricerca in chimica all’Università dell’Ohio e circa 20 anni di esperienza in ruoli diversi presso ExxonMobil.
Oggi Barckholtz è il responsabile della sezione sulla cattura della CO2 presso la sede ExxonMobil del New Jersey, quartier generale mondiale per le attività di ricerca della società.

Nel seminario ha proposto una soluzione innovativa per la duplice sfida individuata: le celle a combustibile a carbonati fusi.
Queste celle sono generatori di energia elettrica simili alle tradizionali batterie, costituite da un anodo e un catodo, ma alimentate a gas. All’anodo si alimenta idrogeno (o metano poi convertito in idrogeno dentro la cella). Al catodo si alimenta aria “sporca di CO2”, per esempio l’esausto di un impianto tradizionale per la produzione di energia. Il risultato? Aria pulita ed energia.
L’idrogeno infatti è ossidato a formare vapore acqueo e la CO2 è trasferita dall’aria sporca al vapore, dal quale si può facilmente separare condensando il vapore stesso. L’impianto tradizionale continua così a produrre, ma la CO2 emessa viene catturata grazie alle celle senza consumare energia, come avviene usando altri sistemi, ma anzi producendone altra.
Il dott. Barckholtz ha descritto questa interessante soluzione in termini applicativi generali, ma accennando anche a dettagli tecnici più specifici, quali l’indagine condotta in collaborazione con l’Università di Genova per l’identificazione di alcuni fenomeni reattivi secondari mai osservati prima e di fondamentale importanza per una corretta ottimizzazione delle condizioni operative.
La collaborazione in essere dal 2017 coinvolge e appassiona il gruppo di ricerca del DICCA costituito dalla prof.ssa Barbara Bosio e i collaboratori dott. Emilio Audasso e ing. Dario Bove.
Un duplice impegno quindi, accademico e industriale, per vincere una duplice sfida a favore di un futuro sostenibile.

di Barbara Bosio, Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica e Ambientale